INTERVISTA I GUERRIERI DI ALLAH "La verità è scritta nel Corano, una guerra caccerà gli ebrei" "Arafat, la tua pace morirà " Parla un irriducibile sceicco di Hamas
sabato 31 ottobre 1998 La Stampa 0 commenti
DEHEYSHE
MENTRE Arafat arresta 400 uomini di Hamas sospettati di terrorismo e
seguita a piantonare lo sceicco Yassin nella sua casa di Gaza, lo
sceicco Abdel Majid, Imam della moschea più importante del campo
profughi di Deheyshe, universalmente conosciuto come il capo
spirituale di Hamas nella zona, fa servire un the profumato dalle
sue due figlie gemelle, Selsebil e Sondos. Sorridono con grande
calore alla giornalista in blue-jeans. Le loro facce bianche e
rosse sono imprigionate nel grande fazzoletto bianco rituale, i
vestiti neri coprono già tutte intere le membra bambine. Selsebil
è un ruscello del paradiso descritto dal Corano, Sondos è l'abito
verde di bella stoffa leggera promessa ai fedeli in paradiso. La
casa dello sceicco è nel villaggio, per arrivarci si attraversano
vicoli così fitti di bambini, di barbieri, di misere friggitorie
che il pensiero corre inevitabilmente alla Napoli degli Anni
Cinquanta. Ma questa è una Napoli ancora più tragica, dove Hamas
diventa ogni giorno più grande e più agguerrito, dove "una volta
- come spiega radioso Abdel - c'era una sola moschea e ora ce ne
sono tre, e l'ultima la stiamo allargando perché non c'entriamo
più ".
Questo è un pezzo di mondo in cui la gran parte dei maschi della
zona ha sperimentato, due, tre, quattro volte la prigione
israeliana; dove, come lo sceicco, a 41 anni si hanno sette figli
tutti da nutrire e da indottrinare. E dove soprattutto, dopo aver
incontrato un personaggio come Majid, viene da domandarsi cosa può
fare Arafat per sradicare un estremismo che ha basi ideologiche e
politiche nella storia stessa delle odierne generazioni dai
sessant'anni in giù , dove un ragazzo viene nutrito sin da piccolo
dell'idea che la volontà di Dio sia diametralmente opposta a
quella di Arafat, il quale ha osato fare la pace prima con Rabin e
poi con Netanyahu. In più , Arafat non piace alla gente perché le
sue celle, come mi dicono in queste strade "sono mille volte peggio
di quelle israeliane", i suoi servizi segreti "mille volte più
prepotenti di quelli israeliani" e perché "il suo regime è
corrotto".
Abdel Majid ha una bella barba nera, è vestito con la galabja
bianca, ha gli occhi gialli e marroni, ha una vecchia libreria di
ferro piena di testi sacri: "Gli israeliani me la sequestrarono
durante l'occupazione per vedere se fra i miei testi ci fossero
documenti che li potesse mettere sulla pista di qualche terrorista.
Me li restituirono senza aver trovato nulla. Mi hanno messo dentro
e fuori, fuori e dentro, con botte, macchine della verità ,
multe... Mi hanno tenuto senza dormire, con le braccia legate
dietro la schiena, mi hanno fatto patire il freddo e la fame. Mi
chiedevano se ero membro di un'organizzazione islamica segreta, e
chi erano i miei compagni. Certo, le bombe scoppiavano. Certo,
l'ultimo grande leader di Hamas saltato per aria Muhi a Din Sharif
era mio cugino. Un ragazzo buono, pacifico... Ha fatto quel che ha
fatto portato all'esasperazione dagli israeliani. E poi, comunque,
che vuol dire, non hanno mai trovato nulla di definito contro di
me. E anche adesso, che le stesse domande che mi facevano i Servizi
segreti me le fanno i Servizi dell'Autonomia palestinese non
trovano nulla: e io ho la consolazione di vedere di là dal muro
che separa tutta questa gente dalla verità . Io so che cosa
succederà nel futuro. Perché tutto è scritto, e con grande
chiarezza nel Corano".
Prima di spiegare la sua verità , lo sceicco ricorda quando nel
76, all'università giordana di Amman, dov'era andato a studiare
materie scientifiche perché tale gli sembrava la sua vocazione,
Majid sentì una chiamata inequivoca che gli spiegava che molto
più dei numeri la verità era nei testi: "Maometto ce l'aveva
tramandata così chiara, ed era il tipo di verità di cui noi
palestinesi avevamo in particolare bisogno".
La casa di Majid è tappezzata di questa verità : c'è il ritratto
del suo cugino terrorista, detto "l'ingegnere numero 2" che pende
in un angolo. Poi, istoriati in un bel pannello ci sono i 99 nomi
di Dio. E infine, oltre a vari versetti del Corano ricamati e
incorniciati, ovunque Gerusalemme e la mosche di Al Aqsa
fotografata, dipinta, persino riprodotta in un modellino simile a
una grande torta rotonda. "La verità come è descritta nel Corano
a chiare lettere è che gli ebrei sono destinati a perdere, niente
da fare, se ne devono andare da questa terra occupata. È scritto!
E se ne andranno sul filo della spada, dopo un'azione bellica che,
come è sempre detto chiaramente, si svolgerà tutta ad Est e non
ad Ovest, ovvero non nel West Bank, ma presso di loro. Sarà
un'azione terribile, che distruggerà le loro armate, il loro
popolo, e persino i loro più alti edifici". Un momento, ma allora
Arafat sbaglia tutto con il suo tentativo di ottenere la terra
pezzo a pezzo e di fondare così lo Stato palestinese? Non solo, ma
sbagliano tutto anche i suoi amici suicidi-terroristi, dal momento
che comunque il destino, un destino glorioso è già tutto scritto!
"Che Arafat oggi non sia nel cuore del popolo, anche se per paura
sentite dire il contrario, mi sembra un dato di fatto. Persino i
suoi ufficiali quando parlano degli accordi ridacchiano, fanno gli
spiritosi, non lo difendono... Anzi. L'autonomia è come una
pentola a pressione sotto la quale è acceso il fuoco americano,
quello israeliano e anche quello palestinese. Potrebbe esplodere da
un momento all'altro".
E i suicidi? Pensi se l'autobus pieno di bambini di Gush Katif
fosse saltato per aria... Lei oggi non sarebbe dispiaciuto, o
almeno, non disapproverebbe politicamente? Abdel Majid ci risponde
mentre cammina verso la sua moschea al tramonto. Infatti il muezzin
già chiama a gran voce per la preghiera: "In una situazione di
normalità , è vero, è proibito uccidere civili, donne, bambini.
Ma qui siamo in presenza di gente che si suicida poiché ha già un
laccio di disperazione totale intorno al collo. Gente che non può
più sopportare di vivere in un regime di occupazione... Una
persona in questo stato di dolore non può essere condannata".
Fiamma Nirenstein