INSODDISFAZIONI, DESIDERI E ACCUSE Le parole che non ha sentito Da Israele e Palestina sussurri al Pontefice
domenica 26 marzo 2000 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
L’ ULTIMO giorno del Papa in Israele non poteva che essere quello di
Gerusalemme, la somma di tutti i guai del Medio Oriente e anche
quella, si
sa, di tutte le santità e le bellezze. E mentre il Papa sta per andar
via,
da dentro il vulcano di Israele e della Palestina si sente un
mormorì o di
ammirazione e di disappunto, di sorpresa e di paura, di amore e di
odio. Le
nuvole nel cielo si trasformano in altrettanti fumetti e chissà se il
Papa,
alzando lo sguardo, le legge. Noi ci proviamo così .
Un israeliano medio: « Papa, passo da uno all’ altro dei due canali
della
televisione israeliana e trovo solo Messe. Non sapevo neppure che
cosa fosse
una Messa. Ora so perfino cos’ è l’ eucarestia. Ti devo confessare che
mi hai
preso di sorpresa. Non ti avevo mai considerato un interlocutore del
mio
tormento e del mio orgoglio di israeliano, non avrei mai pensato che
mi
saresti piaciuto: infatti sei il capo di una religione che mi ha
perseguitato e disprezzato. Con quei vestiti, quelle croci d’ oro, mi
apparivi il residuo di un tempo idolatra. Invece sei saggio,
affettuoso, hai
saputo capire lo strazio dell’ Olocausto, sei anche un polacco
roccioso come
mio padre, e come Ben Gurion. Noi qui di bei volti di vecchio simili
al tuo
ne incontriamo parecchi. Sarebbe bene che a scuola mio figlio
imparasse chi
era Gesù . E’ l’ ebreo più famoso della storia, e io non ne so nulla» .
Un palestinese cristiano: « Santo Padre, grazie di avere auspicato
come un
dato di fatto la nascita dello Stato palestinese. Servirà a tutti
noi.
Speriamo che ci aiuti anche come cristiani. Non so quanto ti abbiano
comunicato la nostra debolezza, la nostra continua espulsione dai
luoghi
dove siamo nati. A Betlemme siamo rimasti in pochi, a Nazareth i
musulmani
ci attaccano e gli ebrei non si danno troppa cura di difenderci
perché non
vogliono litigare con l’ Islam. Siamo deboli, pensaci tu» .
Un sacerdote del Patriarcato latino: « Santo Padre, io sono sicuro che
ci hai
pensato bene prima di tutto questo avvicinamento con gli ebrei: noi
qui, da
anni, siamo i più patrioti fra i patrioti palestinesi. Ci era parsa
una
buona idea politica che la Chiesa fosse anti-israeliana. Ma tu, sei
sempre
d’ accordo?» .
Un ebreo ultraortodosso: « Personalmente non mi sei antipatico, perché
sei un
uomo di vera fede come me. Ma non credere di parlare con i veri
rappresentanti della mia religione quando parli con Rav Meir Lau. Lui
è un
rabbino modernista, moderato. Per capirmi dovevi incontare Rav Ovadia
Yossef, il grande rabbino capo che è il padrone del partito Shas, uno
che è
pronto a rinunciare alla democrazia in nome della Bibbia. Ma non
credo che
ti avrebbe ricevuto» .
Un uomo di Hamas: « Personalmente non ho nulla contro di te: sei un
vero
credente, e per noi i cristiani sono dei fratelli finché non
pretendono di
stare alla pari con l’ Islam o addirittura di sovrastarlo. Ma i
cristiani
ostentano una spocchia, e anche una ricchezza insopportabili. I loro
costumi
sono troppo occidentali, le loro donne troppo emancipate. Hanno la
spocchia
dell’ imperialismo europeo, anche se la religione predicherebbe
l’ umiltà .
Anche tu mostri un certo orgoglio nella pretesa di portare la pace.
Non
saranno i cristiani a decidere se ci sarà la pace in Medioriente. Del
resto,
tu hai conosciuto personalmente il potere di un attentato
terrorista» .
Un colono: « Papa, piano piano col processo di pace, ci stanno facendo
fuori.
Non solo, ci dipingono come mostri. Eppure proprio tu dovresti capire
l’ attaccamento passionale per la terra dove hanno camminato Abramo,
Isacco e
Giacobbe. Invece capisci di più le ragioni della politica, le ragioni
della
pace. E sì che io ho piantato viti, ulivi, ho reso verdi le dune di
sabbia,
ho fatto germogliare il deserto. Torneranno gialle quando mi avrete
cacciato
via; ma tu per me non farai nulla» .
Un profugo palestinese: « Non basta la promessa di una casa dentro lo
Stato
palestinese a tenermi buono. Non hai capito che di Arafat mi importa
poco?
Sogno i miei ulivi, la casa di mia madre che fui costretto a lasciare
nel
1948. Non andare via contento: non ci sarà pace finché non ci
tornerò » .
Un intellettuale laico di Gerusalemme: « Non continuare, ti prego, a
proclamare la santità di Gerusalemme. Non ci fa bene. Proteggi gli
interessi
della tua Chiesa, che sono grandi, dentro la cosiddetta Città Santa.
E’ un
tuo diritto. Per farlo, promuovi pure la gestione interreligiosa
della Città
Vecchia, non c’ è niente di male: questo non cambierà il fatto che qui
ognuno
può praticare la sua fede senza impicci. E sarebbe gentile da parte
tua
riconoscerlo. Non eccitare l’ idolatria delle pietre. Lo sai che c’ è
una
laicissima trattativa in corso fra le parti. E’ quella che porterà un
po’ di
pace, forse» .
Una tribù beduina: « Papa, avremmo gradito una tua visita, ci hai
proprio
dimenticato: ti avremmo fatto assaggiare la nostra “ pita” e il sapore
della
libertà » .
Un ultima nuvola, un’ ultima voce collettiva nel cielo di Israele: « Ma
come,
Papa, te ne vai, e ci lasci in questa grande confusione...» .