INCONTRO CON BERNARD LEWIS, IL GRANDE STORICO DEL MEDIO ORIENTE CHE NEL NUOVO SAGGIO ANALIZZA CAUSE DELLA CRISI E SCENARI DEL FUTURO Contro i dittatori GUERRA OBBLIGATA
lunedì 21 ottobre 2002 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
NEW YORK
IL professor Bernard Lewis, di cui è appena uscito per la Mondadori
Il
suicidio dell'Islam (in America un best seller di grande risonanza
con il
titolo di What Went Wrong), è riconosciuto come il maggiore storico
del
Medio Oriente, del mondo arabo, dell'Islam. In questi giorni è
enormemente
occupato: il suo expertise è richiesto ai livelli più alti della
politica,
le televisioni se lo strappano, macchine nere e elicotteri lo
attendono per
portarlo ad appuntamenti cruciali. Lo incontriamo nella tenuta di
Lansdowne
dove il Washington Institute for Near East Policy tiene tre giorni di
dibattito al massimo livello sulla politica americana e la politica
mediorentale. La guerra, la democrazia nel mondo arabo, Saddam
Hussein,
Israele, l'Europa: lo sguardo di Lewis si era già da anni spinto
profeticamente, con lucidità coraggiosa e spesso sgradita, nel dramma
dello
scontro prossimo venturo e nell'analisi del rapporto fra democrazia e
Islam,
e adesso, seduto su un divano vicino alla cronista, guarda ancora più
lontano. Dopo Saddam.
Professore, lei si è occupato in decine di libri del rapporto fra
democrazia e Islam: adesso, questo tema è una chiave della
risoluzione del
conflitto. Per semplificare, Bush pensa che una volta indotta la
democrazia
in Iraq e in genere in Medio Oriente, il terrorismo non sarà più
sponsorizzato dagli Stati-canaglia e quindi avrà un notevole arresto.
Ma non
è una svolta impossibile quella del mondo arabo verso la democrazia?
La
guerra per stabilirla non è un'illusione che può portare solo
ulteriore
confusione e odio?
« Intanto cerchiamo di capire che significa democrazia: bisogna essere
cauti
nell'uso di questa parola. Abbiamo conosciuto molte democrazie
autodenominatesi tali, "democrazie popolari", "democrazie organiche",
"democrazie progressive"... Noi abbiamo in mente, intanto, il sistema
che
nasce dal voto segreto e dal conteggio pubblico: bene, nel mondo
arabo è
sempre stato vero il contrario. Né le elezioni in sé sono una
garanzia:
talvolta, come nel caso dell'ascesa di Hitler, esse la uccidono.
Inoltre,
noi abbiamo in mente il sistema anglo americano, peraltro
estremamente
delimitato anche in Europa, dove le democrazie con caratteristiche di
stabilità e lunga durata sono una minoranza. E tuttavia possiamo
notare che
tutti e tre i Paesi dell'Asse, Italia, Giappone e Germania, prima
dittature,
sono stati costretti dalla sconfitta a sviluppare regimi che oggi
sono
democrazie intense e resistenti. La guerra e la successiva coercitiva
azione
degli alleati ha portato loro la libertà »
Ma la Germania e l'Italia sono paesi cristiani, occidentali.
« Giusto: i paesi islamici hanno ciascuno la propria antica
tradizione.
Ciascuno, è più o meno propenso alla democratizzazione: l'elemento
comune è
l'autocrazia: ma l'autocrate non è nella storia solo un crudele
despota,
poiché agisce sotto l'egida della santa legge; manca nel suo sistema
l'idea
di "persona" legale, concetto che non riguarda solo gli esseri umani,
ma di
qualsiasi identità che si configuri come tale di fronte allo Stato,
la
società civile, in una parola. Inoltre nell'Islam non c'è ciò che noi
chiameremmo Chiesa: nell'Islam la Chiesa non esiste, il comando
divino è
totale e pervasivo... anzi la Chiesa Islamica gerarchica, con una
specie di
Papa in testa, è un'invenzione di Khomeini, in Iran. Egli
istituzionalizza
l'identità fra potere civile e potere religioso e lo rende ferrea
dittatura.
Un modello che ha avuto molta influenza» .
E allora?
« E allora abbiamo davanti agli occhi l'esempio della Turchia: essa ci
dimostra due cose. Che sviluppare la democrazia in un Paese Islamico
è molto
difficile. Ma non è impossibile. Si può . E che con una leadership
disponibile e capace, il mondo musulmano è pronto a cercare la
democrazia» .
Bush insiste nel dire che non vuole creare una situazione di
occupazione in
Iraq, ma che gli americani intendono liberare il popolo iracheno. Le
sembra
realistico? Non è invece più credibile che gli americani saranno
accolti
come invasori e che, anche se Saddam sarà spodestato, la zona resterà
un
campo di battaglia ancora più infiammabile e caotico?
« Sono cautamente ottimista: dobbiamo essere cauti. Non si può creare
la
democrazia nel giro di poche ore, si può tuttavia incoraggiare le
forze
democratiche che pure con un così brutale e feroce regime, esistono.
La
Germania di Hitler non passò direttamente alla democrazia dalla
liberazione» .
Ci fu un'occupazione, proprio quello che Bush dice di non volere.
« Ricordiamoci che quello era il tempo della guerra fredda, che c'era
l'Unione Sovietica alle porte: qui c'è una guerra contro il
terrorismo, è
molto diverso; né è necessario un piano Marshall, poiché l'Iraq è un
paese
molto ricco, un produttore di petrolio di prima forza. Qualsiasi
nuovo
governo potrà procedere a un risanamento dell'economia che
distribuisca la
ricchezza» .
Professore, lei parla già del lento stabilirsi di una democrazia,
della
distribuzione di ricchezze... Ma la guerra dunque è proprio
necessaria? Non
riempirà il Medio Oriente di nuovo odio, non sarà un fiammifero su un
pagliaio?
« Vorrei che si potesse evitare la guerra, ma non ne vedo molte
possibilità :
Saddam è un dittatore feroce e molto determinato, i suoi piani sono
orribilmente pericolosi, ed è anche rapido ed efficiente. Meglio
agire
presto e bene» .
E se la guerra dovesse essere lunga e sanguinosa?
« Credo personalmente che sarà molto rapida: già nel '91 sarebbero
bastate
poche ore di più per destituire Saddam. Inoltre, gli iracheni sono
stati
vessati dal loro feroce dittatore oltre misura, e dovrebbe essere
molto
chiaro (Bush dovrebbe spiegarlo con forza) che ogni defezione sarà
apprezzata, che ci saranno amnistie per chi abbandona quel sentiero,
mentre
per i crimini di guerra non ci sarà pietà . E’ probabile che gli
iracheni
accolgano gli americani e i loro alleati come liberatori» .
E il Medio Oriente intero? Molti temono un'esplosione.
« Al contrario: così come si dice che le democrazie non iniziano le
guerre,
deve essere altrettanto chiaro che i dittatori mediorentali non fanno
la
pace: non possono farla, e comunque non completa, perché la loro
opinione
pubblica è tenuta insieme dall'idea di un nemico esterno, dall'odio
anti
occidentale e antisraeliano» .
Secondo lei, Arafat non può fare la pace?
« In nessun modo: finché Arafat è il leader dei palestinesi, purtroppo
è loro
sbarrata ogni strada verso la pace. Il loro leader è corrotto, è un
terrorista che crede nella bontà dell'arma del terrore, i palestinesi
hanno
il diritto a cercare la loro via verso la pace con una nuova classe
dirigente» .
È realistico che Israele venga attaccato da Saddam?
« È alquanto probabile, e ne sono preoccupato: oggi è difficile
prevedere
quali armi di distruzione di massa il dittatore iracheno potrebbe
usare
contro Israele, ma certo sarebbe stato più facile fermarlo nel ‘ 91, o
nel
‘ 96. Più il tempo passa, più le sue armi sono pericolose, le sue
intenzioni
estreme. Penso tuttavia che se Israele verrà attaccato senza gravi
conseguenze, sarebbe saggio se si trattenesse dal rispondere, perché
questo
certo complicherebbe le cose. Una volta qualcuno mi disse che Saddam
aveva
fatto un solo errore al tempo della guerra del ‘ 91: attaccare prima
il
Kuwait che non Israele. Ma non mi pare probabile che voglia tentare
di
sfruttare ora la carta di un attacco preventivo. In ogni caso, gli
arabi non
si uniranno a lui» .
Lei ha fiducia nell'opposizione irachena, intendo quella all'estero,
rappresentata soprattutto da Ahmad Chalabi?
« Ne ho fiducia, la brutale repressione del loro governo ha creato una
cortina di silenzio per tanto tempo, ma i loro argomenti, le loro
aspirazioni sono certo condivisi da un gran numero di iracheni: penso
che
abbiano sostegno all'estero e in patria»
Quali sono le prove che Saddam sia responsabile di attentati
terroristici?
« Ce ne sono molte e consistenti, coinvolgenti gruppi laici e
religiosi. E
questo uno dei fenomeni di oggi: i gruppi dell'estremismo islamico
lavorano
con quelli secolari; Hamas e l'OLP sono mescolati; gli estremisti
islamici,
cui l'incredibile ascesa del wahabismo, la parte più distruttiva e
intollerante di una religione variegata, che fra l'altro proibisce
assolutamente il suicidio, godono della protezione di leader
teoricamente
loro nemici; Saddam vecchio leader laico parla in nome di Allah, cita
il
Corano e la storia sacra. Così fa Bashar Assad di Siria. Il
terrorismo è
finanziato dall'una e dall'altra parte. L'Iran resta comunque in
testa nel
finanziare il terrore»
Dunque il terrorismo non finirà anche se Saddam viene sconfitto e
l'Iraq
sarà una democrazia.
« Anche l'Iran è destinato a cambiare. La popolazione desidera
disperatamente
liberarsi dal suo regime: la rivoluzione dell'area sarà di grande
aiuto. In
generale, i musulmani si trovano oggi davanti a una grande scelta:
entrare
nella modernità o vivere nel passato. Siamo a un punto di svolta,
occorre
senso di responsabilità e coraggio» .
E perchè l'Europa è riottosa? Non vede, non teme il terrore?
« Gli Europei hanno, come dice la Bibbia, "occhi che non vedono,
orecchie che
non sentono", nega l'evidenza della pericolosità estrema di Saddam.
Eppure,
siamo di fronte a una guerra che potrebbe persino venire perduta:
l'Islam ci
vede come degenerati, codardi, corrotti che hanno finito il loro
corso. E
l'Europa, ha una simpatia naturale per l' antiamericanismo: un tempo
era la
prima, la più letterata, la più affluente, la più potente, oggi si
vede
superata, rimpiazzata, schiacciata. Ma ora siamo a un punto di
svolta. In
Iran gira una macabra barzelletta in cui esprimendo il suo maggior
desiderio
un tipo dice all'altro: "Desidero tanto che avremo anche noi un Bin
Laden"
"Perchè ?" "Così , qualcuno verrà a liberarci"» .