Fiamma Nirenstein Blog

In viaggio con Fiamma nella città di tutti

lunedì 12 marzo 2012 Generico 0 commenti
Pagine Ebraiche, marzo 2012 di Giuseppe Caldarola

“Gerusalemme –scrive Fiamma Nirenstein nel suo recente libro dedicato alla capitale d’Israele- fa girare la testa a chiunque”. Fece girare anche la mia la prima volta, nel 2001, quando ci andai. Per Fiamma in alcuni luoghi è simile alla Toscana. A melo sguardo sulle prime case e sulle colline che s’incontrano arrivando da Tel Aviv mi fecero venire in mente alcuni paesaggi pugliesi. C’è una Gerusalemme per ciascuno di noi, familiare come i nostri luoghi più cari. “Chi non sapeva, chi non sa –scrive Fiamma- quasi come fosse cosa sua, dov’è Gerusalemme? Chi non s’llumina di un sorriso consapevole nel sentirla nominare anche dal più remoto angolo della Terra?”. Ma l’idea universale di Gerusalemme, “cioè la speranza che appartenga a tutti”, spinge Fiamma Nirenstein a combattere fin nelle prime pagine l’insidia maggiore che grava sulla città nel tentativo di separarla dalla storia degli ebrei. Ricorda Fiamma quando “nel luglio del 2000, il nono giorno del summit di Camp David tra Bill Clinton, Arafat ed Ehud Barak, Arafat se ne uscì con una novità assoluta: a Gerusalemme non c’è traccia del Tempio degli ebrei, esso è un mito, non è mai esistito”.

Ovviamente Arafat mentiva perché sapeva bene “che non esiste una tradizione coranica su Gerusalemme” ma aveva capito che “senza Gerusalemme il popolo ebraico non esiste”. Una parte importante di questo viaggio di Nirenstein è nella ricostruzione di questa connessione sentimentale fra la città e il suo popolo. Un viaggio nella storia e nei tormenti della contemporaneità. In questo viaggio con Fiamma Nirenstein ci sono due suoi compagni di viaggio eccezionali, il piccolo Benny, ormai uomo, il cui ritorno a caa nei giorni terribili dell’intifada angoscia la madre in attesa e Ofer, il marito, un ebreo di famiglia laica molto determinato, che appare più volte nella narrazione di Fiamma anche in quel gustoso episodio in cui redarguisce, “Israele è uno Stato laico”, ungiovane teppista che in branco aveva riempito di secchiate di fango, vicino al villaggio collettivo di Ora, mentre “era in movimento di Shabbat” la macchina della giornalista. Il libro è fatto così, pieno d’impressioni, di storie, di cultura, di passioni, soprattutto. È anche un libro di scoperte.

La scoperta, ad esempio, dei tanti amici palestinesi con cui il dialogo non si interrompe mai, la curiosissima contrapposizione fra due modi d’esser dei palestinesi la cui elite Fiamma divide in due gruppi nettamente diversi: i Nashashibi aperti al dialogo e gli Husseini chiusi e diffidenti. La galleria degli amici palestinesi è forse la più sorprendente del libro a chiarire come la visione di Fiamma sia contemporaneamente così impregnata nella volontà di difesa dell’ebraicità della città così come del suo carattere inclusivo. Questo viaggio non poteva non incontrare questi testimoni particolari che sono i giornalisti specializzati, spesso raccolti nelle lunghe serate all’American Colony, fra cui ci sono tanti che diffondono stereotipi attorno allo Stato ebraico. Fiamma parla di loro con amicizia anche quando è sconcertata dai loro racconti. Fa bene all’anima di questo libro, soprattutto al lettore italiano che sembra avvinto nella propaganda ostile allo Stato ebraico che ignora persino i tormenti delle più belle teste palestinesi. In questo libro Fiamma parla di sé , dei suoi sentimenti, della sua storia, dei suoi primi viaggi gerolosimitani come femminista e di sinistra e dell’attuale paura che gli italiani non capiscano per che cosa si combatte e si vive laggiù. È un diario colto e appassionato, il diario di una cittadina del mondo che lotta per il suo popolo ma anche contro le culture della violenza. Che miseria l’aver ridotto questa intellettuale generosa nelle sembianze mostrificanti di una vignetta che perpetua antichi pregiudizi e l’intollerabile accostamento della Stella di David al fascio littorio.

L’obiettivo del libro del libro è spingere i suoi lettori a proteggere Gerusalemme, la sua straordinarietà, la sua ricchissima storia, le sue radici lontanissime perché “proteggere Israele significa tenerla aperta per la fede ebraica, cristiana, musulmana… e lo Stato di Israele ha il compito storico di mantenere la Città santa alle tre religioni monoteiste, aperta a tutte le fedi e a ogni libertà civile: e nessun altro lo può fare”. 

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