In galera quel cartoon L'Egitto proibisce il Mosè di Spielberg e solo oggi la Turchia esalta "Yol" di Guney
mercoledì 21 aprile 1999 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
TEL AVIV
ANCHE un film può perdere i diritti civili o finire in prigione,
come in queste due storie di ordinaria censura, una delle quali
ancora non ha esito, e l'altra è a lieto fine.
La prima mette sotto processo Mosè e il popolo ebraico di 4 mila
anni fa. Infatti il disegno animato di Steven Spielberg Il principe
d'E gitto forse non sarà mai ammesso nei cinema del Cairo. Lo si
sospetta di essere il prodotto di una Hollywood la cui
giudaizzazione rappresenterebbe gli arabi e i musulmani
maliziosamente, secondo una specie di revisionismo ebraico. Poco
importa che gli egizi non fossero né arabi né musulmani. Il
regista Hosni Lashin vede il film come "un'intenzionale distorsione
degli eventi a favore degli ebrei". Sul quotidiano Al Ahram un
egiziano residente a Vienna ha scritto che "il film distorce i
fatti in maniera volgare" e un commentatore dello stesso giornale,
Adel Hammouda, ha chiamato il film "un esempio di miseria
israeliana", sostenendo che Mosè vi è rappresentato come
"l'architetto della grandezza egizia". Un'osservazione dettata da
suscettibilità maturate altrove, dato che il film ripercorre
fedelmente il racconto biblico, con l'unica licenza poetica della
rappresentazione giocosa della grande amicizia fra Mosè e il suo
fratello adottivo, il futuro faraone Ramses. Tutto il resto, è
Bibbia. Ora che il film attende il verdetto della commissione
censura, c'è da sperare che non sia messo al bando come
Schindler's List nel 1994, cassato "non per motivi politici",
dissero i censori, ma per le scene di nudo, violenza, tortura...
A proposito di questi tre sostantivi, ecco la storia del secondo
film: Yol di Ylmaz Guney, un curdo che scrisse il film in una
prigione turca, e vinse la Palma d'oro a Cannes nel 1982
dividendola a metà con Missing di Costa Gavras. Salutò dal
palcoscenico col pugno chiuso. Purtroppo morì due anni dopo. Il
film è rimasto al bando in Turchia, ma finalmente i turchi lo
potranno vedere al Festival del Cinema di Istanbul questo mese
insieme ad altri tre dello stesso autore. S'è parlato molto di
questo ritorno e Halit Refing, un noto regista turco opposto alla
causa curda "perché credo nello Stato unitario", ha tenuto in
pubblico il mea culpa di un intero Paese: "Abbiamo perso troppo
tempo prima che Guney fosse offerto all'ammirazione di tutti. È
uno dei migliori registi che questo Paese abbia mai prodotto. È
magnifico che sia tornato sui nostri schermi".