Imprenditore palestinese alla conferenza di pace. Torna e l'Anp lo arresta
lunedì 1 luglio 2019 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 01 luglio 2019
Che cosa è più significativo nel comportamento palestinese rispetto alla loro idea di una pace possibile? Il fatto che mentre Israele espandeva la zona di pesca di Gaza e riapriva le forniture di benzina planassero sul sud di Israele non meno di una ventina di oggetti incendiari lanciati coi palloni e appiccassero fuoco a campi coltivati e strutture civili, oppure che l'Autorità Palestinese nell'West Bank arrestasse al suo ritorno un uomo d'affari palestinese che aveva partecipato alla Conferenza Economica del Bahrain e avesse fatto irruzione nelle case di altri tre loro businessman per la stessa ragione? La Conferenza è stato il primo passo della ciclopica impresa che l'America si propone per portare Israele e i palestinesi a un tavolo di pace: l'ipotesi di Trump e del suo consigliere e genero Jared Kushner contenute in 28 pagine di programma senza ipotesi territoriali di sorta, lasciati alle parti in causa, è cambiare il paradigma stesso del processo: i palestinesi hanno rifiutato ogni soluzione territoriale anche larghissime, come quella di Ehud Barak a Camp David o quella di Olmert nel 2008 che prevedeva la rinuncia alla Città Vecchia di Gerusalemme. L'idea è stata quella di costruire innanzitutto una struttura autonoma palestinese con caratteristiche di stabilità e di speranza: la gente dovrebbe finalmente stare meglio, l'aiuto e il controllo dovrebbe essere garantito da tutto il mondo arabo sunnita, e a questa ipotesi sarebbe destinata la bellezza di 50 miliardi di dollari di cui beneficerebbero anche gli interlocutori medio orientali del processo.
L'Arabia saudita ha visto nell'iniziativa la possibilità di rafforzare i suoi legami internazionali contro la politica espansionista dell'Iran in Medio Oriente: così il Bahrain ha aperto le porte, e i rappresentanti di tutti i paesi sunniti della zona hanno partecipato. Israele non era presente con una delegazione ufficiale ma c'erano suoi uomini d'affari e giornalisti; i palestinesi hanno rifiutato con urla e strepiti di presenziare.
Un'esplosione antiamericanismo-anti Trump ha condotto Abu Mazen a non considerare neppure la possibilità di partecipare senza impegnarsi, o accettando solo determinati tipi di aiuti, o respingendo ogni proposta territoriale (che per altro non c'è stata) e così dimostrando di avere a cuore il progresso del suo popolo: una grande strada di congiunzione con Gaza, un'università fra le prime del mondo, progresso tecnologico inusitato, ospedali, scuole, progresso della condizione femminile... Tutto questo è stato tacciato dai palestinesi di essere un complotto per comprare la loro anima e respinto senza discussione. Senza intendere ascoltare, trattare, diventare un interlocutore per il mondo, invece che un lanciatore di aquiloni impregnati di fuoco e di esplosivi avrebbe dimostrato maturità e senso politico. Invece ecco che appena tornato il signor Saleh Abu Mayaleh è stato sbattuto in galera, gli altri che erano con lui, una quindicina di coraggiosi, sono tutti in fuga, perseguitati, spaventati. "Chiunque segua un percorso di pace" ha detto Ashraf Jabari, un uomo di affari di Hebron anche lui dopo il viaggio in Bahrain, nel mirino da tempo perchè parla con gli israeliani che vivono nella zona e con la loro Camera di Commercio"sarà sottoposto a violenza". Per fortuna probabilmente a causa di pressioni americane e in genere dello scandalo internazionale, Mayaleh che per altro è malato, è stato rilasciato ieri. Ma tutto lascia pensare che non avrà pace, né lui ne gli altri che vorrebbero finalmente vedere i palestinesi star meglio e fare le loro battaglie con la testa invece che con il terrorismo.