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IL VOTO HA RIVOLUZIONATO LE ALLEANZE POLITICHE Sancito il divorzio tr a Ariel e i settler Si apre ora un ventaglio di scenari possibili tra cui il pi ù caldeggiato è il referendum

mercoledì 27 ottobre 2004 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein GERUSALEMME Da oggi, dopo il voto risicato che Sharon ha ottenuto per il suo piano, tutto è possibile. Perchè Sharon, l’ uomo che ha portato il Likud da 19 a 40 seggi, l’ uomo che ha rivoluzionato la spettro politico già una volta, adesso, con la sua scelta storica, gli ha fatto compiere una seconda grande svolta. Tutti gli schieramenti sono scombinati, e quindi anche il futuro è diventato imprevedibile. I coloni non vedono certamente più Ariel Sharon come punto di riferimento; il suo partito, il Likud, è spaccato in due, e una parte medita un’ autentica secessione, in cui si dichiari non che si fonda un nuovo partito, ma che l’ antico capo non è più un uomo che appartiene al partito; gli haredi - i religiosi vestiti di nero, sia quelli ashkenaziti che quelli sefarditi facenti capo allo Shas, il principale partito ultraortodosso - considerano le sue scelte contrarie alla Bibbia (i religiosi nazionalisti) o a una posizione politica ragionevole. Invece i laburisti, il partito Shinui (cambiamento), il Meretz (radicali) e « Pace Adesso» - cioé tutto lo spettro della sinistra - tiene per il piano di Sharon. E Shimon Peres, il capo dell’ opposizione, ieri ha idealmente abbracciato il suo nemico chiamandolo « un uomo che ha saputo guardare in faccia la realtà » . Dunque, tutto è cambiato ed è logico domandarsi, dopo il terremoto, che cosa può succedere dopo un voto che riflette lo scombino di questa rivoluzione, dando una maggioranza tanto limitata a una proposta così rivoluzionaria. Ci sono alcuni possibili scenari. Prima ipotesi: Zvulun Orlev, il capo di quella parte del partito religioso nazionalista (il Mafdal) che non è già fuori della coalizione (una parte, capitanata dal ministro Effi Eitan, è già uscita), dopo il voto minaccia di andarsene, se Sharon non indice subito un referendum. La destra spera in un largo consenso grazie all’ appoggio dei rabbini. Sharon accetta, sapendo che ha un forte sostegno fra la popolazione. Seconda ipotesi: Sharon non accetta, il Mafdal si dimette, cade il governo, il Primo Ministro si rivolge al Partito laburista e forma una coalizione di unità nazionale senza i partiti religiosi. In linea teorica, con il Likud tutto dentro sarebbe una coalizione di 77 voti (su 120), ma il Likud è spaccato e una parte si rifiuterebbe di votare un governo nato apposta per operare lo sgombero. Terza ipotesi: Sharon cerca di formare una coalizione con il Likud e lo Shas, il partito religioso sefardita; ma è difficile che lo Shas ci stia, dopo che il suo rabbino Ovadia Yossef si è dichiarato contrario allo sgombero, ritenendolo pericoloso per la vita dei cittadini israeliani, dal momento che lo si compie senza un accordo politico di garanzia che fermi il terrorismo. Probabilmente il referendum che gli consente di tenersi il Mafdal e quindi il governo è una soluzione che Sharon prende in seria considerazione, anche perchè tre dei suoi più importanti ministri, Netanyahu (ministro del Tesoro e Finanze), Silvan Shalom (ministro degli Esteri) e Limor Livnat (ministro dell’ Educazione), lo caldeggiano per coprirsi le spalle di fronte alla destra del loro partito, evitando però di attaccare direttamente il loro capo. Infatti ieri sera hanno votato a favore, ma hanno minacciato le dimissioni dal partito se il referendum non si farà . Netanyahu lo fa anche per restare il candidato alternativo a Sharon alle prossime elezioni. Se non c’ è maggioranza alla Knesset per un referendum, Sharon può comunque sempre dire di averlo caldeggiato e quindi di essere pulito di fronte alle richieste della destra, andando di fatto con la sinistra. D’ altra parte, il partito laburista, pur disposto a fornire in ogni caso una rete di sicurezza per lo sgombero, si dichiara del tutto contrario all’ ipotesi referendum, perchè pensa che oggi il campo della pace cominci di nuovo a rafforzarsi. E, nel caso non si riesca a formare una coalizione con il Likud (non tutto intero, come abbiamo detto) e lo Shas, preferisce le elezioni anticipate, contando sul supporto del Paese per l’ abbandono di Gaza, oggi pari al 65 per cento.

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