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IL TRENTA PER CENTO DI TUTTI GLI ATTACCHI SONO AVVENUTI NELLA CAPITAL E Gerusalemme, la morte sul sedile accanto Abitudini, tic e ossessioni di una città bersagliata dal terrore suicida

venerdì 13 giugno 2003 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME E’ diventata un inferno Gerusalemme. Forse Dio si è stufato di tutta questa rappresentazione di santità in fondo assai mal recitata nel corso dei millenni: la Città Santa, culla delle tre religioni monoteiste, e ancora di più , ironia degli stereotipi, la città della pace, è per i suoi cittadini un incubo. Solo il coraggio della gente non l’ ha ancora resa una landa disabitata. Qui è avvenuto il 30 per cento di tutti gli attentati dell’ Intifada, il cimitero di pietra grigia di Givat Shaul che conduce alla città dall’ autostrada e quello del monte degli Ulivi dove riposano in strati i contemporanei di Re David, di Cristo, di Salah ad Din, hanno accolto più di trecento corpi di cittadini di tutte le età . Non c’ e’ nella capitale d’ Israele qualcuno che non abbia conosciuto direttamente il terrore. La geografia della città è un fitto intrico di indirizzi di esplosioni. Dal Café Moment alla pizzeria Sbarro, al mercato centrale di Mahanei Yehuda, a tutti gli angoli di via King George, Jaffo, a Kikar Sion come a Gilò , a dozzine di fermate degli autobus, di supermarket e di caffé , in una città piccola come questa non c’ è angolo che non sia saltato per aria anche due, tre volte. Non c’ è cittadino o ospite della città che non ci sia andato vicino. Ma la gente, potenza delle società aperte, non rinuncia a vivere per questo: i ragazzi e le ragazze frequentano i pub, i ristoranti: le madri e i padri i supermercati e gli uffici postali, e anche i centri di acquisti, i mall. Ma esiste una legge non scritta, la legge dell’ inferno del terorismo, che ognuno porta dentro di sé ogni minuto, e osserva con rigore, nella sua silenziosa paura, salvo che nei momenti di estrema stanchezza o rabbia, quando dici per rabbia: « e io mi siedo proprio qui fuori del caffé , vediamo cosa succede» . Gerusalemme, la città celeste, al mattino, dopo l’ attentato che ha fatto sedici vittime si libera dalla nebbia, prova a svegliarsi normalmente nell’ aria fresca dei suoi quasi mille metri. Ma non riesce a uscire dall’ incubo, nonostante il mare le respiri addosso, attraverso i pini, da lontano, e il deserto la inondi dall’ altra parte di luce rosa. La nuova Legge del Terrore muove le persone: alle fermate degli autobus studenti e vecchi vanno a far la spesa, impiegati e operai vanno al lavoro, ma aspettano silenziosi, impauriti, talvolta terrorizzati, e scrutano ogni persona che si avvicina. I bus arrivano e accostano molto veloci, quando arrivano non c’ è niente da fare, devi salire: lo sguardo è il tuo solo mezzo di difesa. Non solo le borse sono sospette, ma anche gli abbigliamenti voluminosi: ogni donna gravida, ogni signore in carne lo è ; e così ogni giacca larga, ogni gonna lunga. Guardi interrogativamente quelli che salgono, e lo stesso seguiterai a fare tutta la giornata dovunque ti trovi, ufficio, mutua, supermarket. Guardi, talvolta in faccia direttamente, sperando che il suo sguardo ti rassicuri. I più sospetti, nella città che ne conta di più , sono ormai i haredim, i religiosi vestiti di nero.Con lo scialle di preghiera e l’ ampia giacca nera si può celare la cintura esplosiva, e Hamas ha usato la insospettabilità dei religiosi già tre volte negli ultimi giorni. Gli autobus sono la fortezza del male, la bocca dell’ inferno, « quando mi sono avvicinata - ha detto una signora che sedeva dal parrucchiere là accanto e ha cercato di aiutare i feriti entrando dallo squarcio del numero 14 - ho visto decine di passeggeri tutti con le facce nere, carbonizzate, come avessero tutti una maschera di carnevale, ardevano come torce: ho usato l’ estintore su una ragazza e quando è finita la schiuma, ho visto che era già morta» . Il guidatore arabo del bus appena esploso dall’ ospedale ha detto lapidariamente: le esplosioni non distinguono fra ebrei e palestinesi. La legge del terrore dice: state lontani dagli autobus, anche quando sei su una vettura privata. Vilmente infatti si cerca di lasciare che l’ auto che è dietro passi davanti per restare lontano dai grossi automezzi. Polizia e sindaco e lavoratori sociali sono esausti e quietamente depressi: Uri Lupoliansky, eletto da poche settimane, che non ha fatto che correre di funerale in funerale, di ospedale in ospedale, ripete la poesia: « E’ duro, triste, terribile, ma i gerosolimitani sono forti, non lasceremo il terrorismo distruggere le nostre vite» ; Miki Levy, il capo della polizia, elenca lentamente tutti e undici gli attentati di Hamas che ha evitato nei giorni scorsi. Arriva a questo ultimo: « Con mio dispiacere - dice piano di fronte alla fila di sedici corpi, che ieri sono divenuti diciassette - l’ ultimo terrorista suicida è riuscito ad entrare» . A entrare da dove? Da ogni luogo, da quella spugna ostile che è il terreno circostante, a partire da Gerusalemme est e il suo retroterra di Ramallah; o a sud, di Betlemme e Hebron. C’ è gente, a Gerusalemme, che ha attraversato due, tre attentati, quattro attentati: Shai Cohen , 20 anni, ci è passato quattro volte. La prima due anni fa quando lasciò il Russian Compound, in centro: stava con amici appoggiato a una macchina. Era notte. Chiacchieravano: lui e i suoi compagni si sono spostati dall’ auto, ed essa è saltata per aria un secondo dopo; poco più giù nella zona pedonale nel dicembre del 2001 si trovò preso nella terribile doppia esplosione che lasciò decine di ragazzi morti in terra; la terza volta nel quartiere della Collina Francese, quando prese l’ autobus numero 20 nel tentativo di afferrare al volo il numero 6, che aveva perduto. Lo raggiunse, e un secondo prima che salisse, il 6 saltò per aria. Ebbe una costola spezzata e tanti chiodi infissi nel corpo. Adesso ha scampato a morte ancora una volta, sull’ autobus numero 14. Una strana vicenda? A Gerusalemme è comune: una famiglia ha avuto la madre uccisa in un attentato e il padre sulla sedia a rotelle a causa di un altro. Adesso, innovazione di arredo urbano davvero singolare, si stanno piazzando agli angoli delle strade dei kit per rianimare i feriti con un numero segreto di apertura. Lo avranno solo i paramedici specializzati, ovvero un numero enorme di cittadini: i corsi a Gerusalemme sono disperatamente frequentati.

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