Il raid alla fine del vertice arabo Dai leader riuniti ad Amman p arole dure contro Israele
giovedì 29 marzo 2001 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
GERUSALEMME
Sharon ha aspettato che i leader arabi se ne andassero da Amman, dopo
un
summit fatto di scontri, parole grosse e poca sostanza, per lanciare
la
rappresaglia mirata a Forza 17, la guardia del corpo di Yasser Arafat
che in
questi giorni ha fatto la sua parte negli attacchi terroristici
concentrici
portati ad Israele. Fonti dell’ intelligence sostengono che il
kamikaze che
si è fatto esplodere martedì a Gerusalemme ad una fermata
dell’ autobus -
attentato motivato dal video diffuso da Hamas ieri in cui il giovane
terrorista dichiarava la sua intenzione - proveniva da Ramallah. Il
palestinese ucciso a Ramallah durante la rappresaglia israeliana,
secondo
fonti di Gerusalemme, sarebbe un ufficiale di Forza 17 responsabile
di sei
attentati.
Arafat ha tentato fino all’ ultimo di creare una situazione per cui il
summit
se ne uscisse con una risoluzione più militante e bellicosa di quello
che è
avvenuto. Sharon, nonostante le pressioni di questi giorni, ha
aspettato a
rispondere proprio per evitare che questo accadesse, ed è probabile
che il
« giorno della terra» organizzato dagli arabi israeliani per domani lo
abbia
spinto a scegliere obiettivi molto circostanziati. Comunque, ha
attaccato
una volta che tutti avevano fatto le valige, dopo una conclusione
scontata e
rituale.
Il summit ha offerto una sola sorpresa: il leader libico Gheddafi ha
dichiarato nel suo discorso che per lui la Moschea di Al Aqsa vale
come
altri luoghi in cui si può pregare, e che sarebbe meglio se i suoi
fratelli
musulmani volgessero lo sguardo al grande nuovo mondo che si offre
alla loro
conquista, l’ Africa. Unitevi a me in Africa, ha detto.
Di fatto, invece, l’ attenzione era tutta puntata sui palestinesi e su
Saddam: Arafat ha ottenuto una risoluzione dal linguaggio molto aspro
e
minaccioso, una requisitoria contro Israele inteso come unico
responsabile
degli scontri, una messa in guardia dal suo (secondo il documento)
« ritiro
dai principi fondamentali del processo di pace e di Madrid» .Il
vertice ha
anche insistito sull’ urgenza di mandare una forza di pace delle
Nazioni
Unite a protezione della popolazione palestinese. La risoluzione ha
chiesto
di « processare i criminali di guerra israeliani» , e Damasco ha
ricevuto
l’ incarico di essere il custode del boicottaggio di Israele,
verificando che
non vi siano nuove iniziative diplomatiche o commerciali con lo Stato
ebraico.
Arafat aveva molto insistito per un finanziamento d’ emergenza, che
gli è
stato concesso nella misura di 524 miliardi di lire nei prossimi sei
mesi.
Si vedrà se i paesi arabi li consegneranno veramente, o se
tentenneranno,
come hanno fatto per il miliardo di dollari promesso al vertice
scorso di
cui solo 40 milioni sono stati versati nelle casse palestinesi. Più
certo è
il prossimo conferimento da parte di Saddam Hussein di un miliardo di
euro:
Saddam, che a sua volta preferisce consegnare il denaro senza
pericolose
mediazioni, finora ha fatto donazioni dirette alle famiglie delle
vittime
dell’ Intifada. Arafat soprattutto porta a casa il suo nuovo accordo
con
Assad di Siria, con cui in una lunga riunione (la prima fra
palestinesi e
siriani da otto anni) ha stabilito un patto reciproco: niente accordi
con
Israele senza il benestare della Siria. E la Siria non aprirà
trattative
senza che Arafat concordi.
Saddam ha cercato molto, con la mediazione di re Abdallah di
Giordania e la
protezione siriana che tende a stabilire un fronte dei duri contro
l’ egemonia egiziana, un appoggio pieno perché l’ Onu ponga fine alle
sanzioni. Ma il sostegno è stato limitato: il Kuwait si oppone,
ancora
preoccupato da potere essere invaso da un Saddam in rapido riarmo, e
l’ Arabia Saudita lo appoggia. Così , la risoluzione è favorevole, ma
blanda.
« La delegazione del Kuwait ha fatto fallire il vertice» , ha detto
Mohammed
Said al Sahaf, ministro degli Esteri iracheno. La verità è che il
Kuwait
chiedeva all’ Iraq, in cambio del sostegno collettivo, la rinuncia a
pretese
territoriali. Persino Gheddafi si è stupito che Saddam non abbia
accettato.