IL PROGETTO DI BUONTEMPO LA CITTÀ IDEALE DELLA DESTRA
martedì 8 luglio 1997 La Stampa 0 commenti
LA Città Ideale ce l'ha disegnata ieri , al secolo
Teodoro Buontempo, uomo-vetrina della destra tanto che ne è il
candidato di An a vicesindaco di Roma, nell'intervista rivelatrice
concessa a Maria Teresa Meli. Dunque, ecco la sua visione della
grande Capitale: si vedono da lontano i lavoratori che lavorano,
vivono, pagano le tasse. Ma s'intravede anche una graziosa cittadina
(dove? A Trastevere? Alla Magliana?) creata appositamente per sanare
il problema degli zingari. Forse è circondata da mura, forse no, ma
risuona di operose grida. Risuona anche di canti perché , invece di
restare tristemente nei campi-sosta, qui, felici, in una città dei
Rom, gli zingari potrebbero, secondo il pensiero di ,
. Un'idea magica.
Il turista, dice sempre Buontempo, mentre già ode i tamburelli e i
sonori colpi del martello sul rame dei calderai, potrebbe divertirsi
molto, anzi, potrebbe .
Tutto ciò è fattibile, spiega realistico Buontempo, perché
Comunità ebraica può esistere a Roma, allora possono esistere anche
gli zingari. Ora, bisognerebbe che Buontempo, nella sua qualità di
possibile vicesindaco, prendesse consapevolezza di due o tre falle
storico-filosofiche nel suo ragionamento, e anche di un problema di
fondo. Falla numero uno: gli zingari non sono stanziali. Non vogliono
essere per sempre in nessun parco etnologico-turistico. I
loro tamburelli, amano suonarli per sé : semmai gli piace mandare i
bambini a scuola, o gli anziani all'ospedale se ce n'è bisogno,
oppure amano andare a lavorare in una situazione non umiliante. Non
lo dico per santificarli. Anzi. La seconda falla, infatti, consiste
nel fatto che gli zingari non sono per niente maneggevoli, e che è
del tutto inutile fare di un problema una elegia, ovvero dire delle
sciocchezze. Terza falla: è buffo che Buontempo pensi che a Roma se
ci stanno gli ebrei ci possono stare anche gli zingari. Non c'entra
nulla: semplicemente perché gli ebrei, invece, sono stanziali e non
nomadi. Non solo: a Roma hanno radici così profonde che ,
forse, nemmeno se le sogna. Infatti si dice che siano gli unici veri
romani sopravvissuti a tante ondate di immigrazione-emigrazione, dato
che furono portati qui da Tito nel 70 dopo Cristo. Infatti non mi
risulta di averli mai visti suonare tamburelli nel ghetto o esibirsi
per il piacere dei turisti. Ne conosco, invece, svariati che vivono
al Tiburtino Terzo, oppure ai Parioli, che fanno l'avvocato o il
commerciante o più o meno tutti gli altri mestieri che fanno i
romani. Insomma, semmai è Buontempo che dovrebbe chiedere loro
ospitalità in qualche riserva etnica, e non viceversa. E ora il
problema di fondo: è mai possibile che la destra, ormai così
importante in Italia, così ricca, così espressiva, non riesca a
darsi una presentabilità , un modo di parlare, di ragionare, che sia
consono alla categoria della rispettabilità intellettuale? Possibile
che solo Fini e pochi altri siano ancora oggi, in quel mondo,
riusciti ad apparire culturalmente decenti? Fiamma Nirenstein