IL PROFESSOR BERNARD LEWIS ALL’ UNIVERSITA’ DI PRINCETON, IL MAGGIOR MEDIORIENTALISTA « L’ ISLAM cerca la grande rivincita»
lunedì 26 novembre 2001 La Stampa 0 commenti
inviata a PRINCETON
INCONTRARE il professor Bernard Lewis nella sua casa di Princeton,
una
cittadina accademica e britannica come lui, il maggior
mediorentalista del
mondo, a metà strada fra Washington e New York, è come affondare in
una
dimensione sapienziale e remota della guerra al terrorismo. Uscire
dalla
rumorosa attualità per addentrasi insieme all'Emeritus Professor che
quasi
ogni giorno viene consultato dalla Casa Bianca e dai ministeri degli
Esteri
e della Difesa americani, per guardare al conflitto col binocolo dei
millenni. E troviamo un sorprendente Lewis, che guarda con con
spietata
sincerità . Nella sua casa fra gli aceri arrossati la sua immensa
biblioteca
di legno chiaro parla per la sua bocca; le pareti di testi sul Medio
Oriente
scritti da lui stesso si sono appena arricchite di un piccolo volume
nuovo,
« Musica di un tamburo lontano» , 129 poesie classiche arabe, persiane
e
turche, che ha personalmente tradotto. Un segno d'amore verso una
cultura
cui ha donato una vita di pensiero.
Professor Lewis, come sta andando la guerra? Gli Stati Uniti hanno
fatto la
scelta giusta per evitare una guerra di religione quando hanno creato
una
coalizione che comprende svariati Stati islamici?
« Non credo che la coalizione sia una buona idea: innanzitutto devo
ancora
capire che contributo può dare a una guerra contro il terrore uno
Stato come
l'Iran, che lo finanzia dalla rivoluzione islamica, o la Siria, che
ospita e
protegge molti gruppi terroristi» .
Sembra che l'intenzione sia quella di incrementare l'amicizia con un
Islam
vasto riducendo il mondo degli estremisti.
« Valori storici fondamentali del mondo mussulmano sono: fermezza,
forza,
coraggio. I valori della tolleranza e della magnanimità sono molto
ammirati
nell'Islam, ma una posizione di forza è condizione ineliminabile per
farne
uso. Atrimenti il messaggio è chiaro: ti chiedo aiuto e mi avvicino
cortesemente a te perché sono debole, in stato di bisogno. Cerco
rifugio.
Così viene letta oggi la coalizione: un gesto di debolezza, una
testimonianza di paura dopo l'attacco di Bin Laden» .
Davvero il mondo musulmano può pensare che il potente Occidente abbia
paura?
« Ce ne sono abbondanti prove. Fra queste, nel maggio 98 Bin Laden
diceva a
un giornalista dell'Abc: "Abbiamo visto negli ultimi anni il declino
del
governo americano e la debolezza dei soldati americani che sanno fare
solo
guerre fredde, e non hanno capacità di ingaggiare lunghi conflitti.
Lo si è
visto a Beirut dove i marines sono fuggiti dopo due esplosioni. Lo
stesso
fecero in Somalia. La nostra gioventù era sorpresa della debolezza
degli
americani. Dopo pochi colpi, fuggono sempre via sconfitti” . L'invito
a far
parte della coalizione a certi Stati è visto come l'ammissione,
proprio
durante la guerra al terrorismo, che c'è tolleranza verso il terrore,
appunto a causa della paura. E' un messaggio molto pericoloso» .
Insomma, lei è contro la coalizione.
« Loro percepiscono che, invece di fare una guerra al terrorismo,
mettiamo in
piedi una coalizione che implicitamente lo ammette. E' pericoloso
suggerire
che pur di non apparire in guerra contro l'Islam, accettiamo di non
apparire
del tutto in guerra contro il terrorismo. E' un segnale di paura» .
Lei presuppone un vasto consenso a Bin Laden.
« La maggioranza musulmana non è certo d'accordo con Bin Laden ma
purtroppo è
oggi una minoranza che guida i processi politici. E certamente l'odio
verso
l'Occidente ha radici molto profonde e antiche» .
In che cosa consiste?
« Noi Occidentali abbiamo una concezione della storia meno viva del
mondo
musulmano. Quando Bin Laden accenna a fatti storici significativi, la
sua
"audience" è ben consapevole di ciò di cui lui sta parlando. Il
Salahadin è
là con loro. Le vittorie e le sconfitte, i riferimenti coranici sono
parte
della memoria collettiva più comune. E ricordi che i mussulmani si
vedono
non come una nazione divisa in gruppi religiosi, ma una religione
divisa in
nazioni. Hanno invaso tre volte l'Europa: i Mori in Spagna, i Tartari
fino
in Russia, i Turchi fino a Vienna. Tre volte sono stati fermati e
respinti,
sono tornati, sono stati ricacciati, si sono misurati con Bisanzio,
con il
Sacro Romano Impero e infine oggi con l'Occidente e gli Usa» .
Prima lo scontro fra civiltà era una regola: ma oggi non sentiamo più
forte
il bisogno di convivenza e tolleranza?
« Gli ebrei, i buddhisti, gli hindu hanno nei secoli dovuto o voluto
accettare la convivenza. La Cristianità e l'Islam nascono ambedue
esclusivisti, per loro ogni altra religione è incompleta o falsa. Il
conflitto globale fra queste due religioni ha determinato la storia
finchè
le cose sono cambiate per la Cristianità , che nel frattempo ha
battuto
l'altra religione totalitaria. Il cristianesimo si è modificato,
l'Islam
invece non l'ha potuto o voluto fare. Se si guardano le scritte nella
Moschea della Roccia a Gerusalemme, sorta sulle vestigia sia del
Tempio di
Erode sia di una grande Chiesa, sono piene di espressioni tese a
esaltare la
superiorità dell'Islam e a negare la Trinità . L'Islam non ha mai
smesso di
sognare una grande rivincita sul mondo corrotto e perverso che l'ha
soggiogato» .
E perché proprio adesso la guerra?
« Sono circa 300 anni che l'Occidente domina il mondo: la civiltà
islamica
che prima era assi più ricca, più forte, più creativa durante il suo
collasso ha però assistito a una quantità di conflitti interni
all'Occidente
stesso. I nazisti, i sovietici, la Guerra Fredda hanno dato all'Islam
l'idea
che l'Occidente potesse autodistruggersi. Non solo: gli hanno fornito
la
possibilità di incunearsi nel conflitto, di parteggiare guadagnando
in armi,
speranze, rapporti internazionali. Poi, la fine della Guerra Fredda.
L'America diviene l'unica superpotenza, contro la quale non vi sono
alleati.
E qui è successa, agli occhi di Bin Laden, una cosa terribile:
l'Arabia
Saudita la invita addirittura sul suo territorio nazionale, il cuore
dell'Islam, le consente di violarlo come i crociati. Neppure l'Impero
britannico ha mai osato spedire truppe in Arabia. Solo quando Renaul
de
Chatillon razzia lo Hejaz, quella è la vera minaccia per l'Islam. Non
Gerusalemme, di cui non gliene è importato quasi niente fino a tempi
recenti. La guerra oggi ha un nemico evidente, un invasore, un solo
rappresentante della Cristianità , detto non a caso "Satana", perché
Satana
porta subdole tentazioni» .
E l'Europa?
« No, l'Europa non è agli occhi dei musulmani capace di essere
l'interlocutore-nemico. Non ce la fa neppure sul suo territorio, nel
Kosovo.
Nella storia, è stata salvata dagli americani. No, l'Europa semmai
è ...»
Un amico?
« No, ma è un mondo di cui si può supporre che, come si dice in arabo,
provi
"shamatah", la segreta soddisfazione di vedere colpito qualcuno che
non ami.
Un mondo che sogna di fare da contrappeso agli Usa con il mondo
islamico.
Illusione ferale: l'Europa deve solo capire, dopo gli ultimi
terribili
eventi, che non c'è futuro per lei se gli Usa perdono. Che sarà
facilmente
invasa, soggiogata. Se l'Europa vuole che gli Usa, che l'hanno già
salvata,
la salvino di nuovo, stavolta deve metterci del suo. Non c'è spazio
per
manovre bizantine» .
Perché è così preoccupato? L'America è forte.
« Perché in realtà la vera forza con cui si può vincere una guerra è
quella
per cui si sente appieno la propria forza, in modo che i nemici se ne
accorgano senza remissione. L'America può perdere se viene percepita
come
spaventata. Attenzione: in Afghanistan alcuni anni fa la vittoria dei
mujaheddin sui russi, allora l'altro grande impero, ha dato agli
islamisti
un enorme incoraggiamento. Eppure l'Urss era dura, e l'America è
morbida,
non vuole rischiare vite, cosa di cui invece ai russi importava poco.
L'Islam si sente rafforzato dalle circostanze storiche, mentre noi,
che ce
l'abbiamo messa tutta per affermare i nostri valori di convivenza e
tolleranza, francamente siamo scorati, impauriti. E così loro ci
percepiscono» .
Però ormai perdono da secoli.
« D'accordo, ma adesso sono favoriti da una quantità di fenomeni: per
esempio
la demografia, l'immigrazione a tappeto, il contatto ravvicinato con
una
civiltà che se prima faceva loro più rispetto adesso invece
disprezzano.
Disprezzo: questa è un'altra parola chiave. L'odio non mitigato da
rispetto
o paura. L'odio che non teme, ma spera» .
Quanto è diffuso quest'odio fra le popolazioni musulmane?
« Nei Paesi autoritari non ci sono indagini d’ opinione. Ma è
interessante
notare che tutti gli hijackers provenivano da Paesi i cui governi
sono
amichevoli con gli Usa, come l'Egitto, che riceve 2 miliardi e mezzo
di
dollari l'anno dall'America e la cui stampa è violentemente
antiamericana,
unica libertà concessa col permesso di Mubarak. Invece, in Iran, dove
il
governo salvo che con gli ultimi chiari di luna è stato violentemente
antiamericano, la folla ha appena dimostrato in piazza la sua
simpatia per
gli Usa colpiti. In odio ai loro governi corrotti e autoritari, la
gente
sceglie la strada opposta. L'odio che si esprime è un odio permesso,
come
quello, molto richiesto, verso Israele» .
E allora che cosa sappiamo dell'opinione pubblica islamica?
« Sappiamo che l'estremismo è aizzato e fuorviato da dittatori
interessati:
questo indica secondo me l'unica strada d’ uscita da questa situazione
e
l'unica strategia possibile. Molto potrebbe cambiare se svariati
degli
attuali governi autoritari e corrotti fossero spazzati via dalla loro
gente,
se si aiutassero le rivoluzioni possibili, in Iraq, dove spero che
presto
Saddam Hussein sparirà di scena, o in Iran, dove la gente sembra
veramente
satura di integralismo, o in Sudan, o in Yemen» .
Che cosa pensa delle analisi secondo le quali se gli Usa non avessero
sostenuto Israele, il disastro non sarebbe successo?
« E’ una stupidaggine che copre una forma consueta di antisemitismo:
dar la
colpa agli ebrei di tutto è una posizione molto classica. Il
conflitto
israelo-palestinese è stato citato solo ultimamente da Bin Laden per
motivi
strumentali, una vana tromba di guerra. Ma è per il mondo musulmano
come lo
scontro in Bosnia, o a Mindanao. E' l'ultimo fra i motivi di questo
scontro
globale» .
Che finirà quando?
« Voglio essere positivo: io spero molto nell'incoraggiamento che gli
Usa
possono dare alla nascita e al consolidamento di regimi democratici.
L'Occidente ha tradito l'opposizione irachena, ha tradito anche
quella
iraniana, ha abbandonato i dissenzienti nei Paesi Arabi. E che dire
dell'Arabia Saudita, il migliore amico degli Usa, i cui legami col
terrorismo sono purtroppo assai estesi? E' tempo di guardare in
faccia
questi regimi e il pericolo che comportano. Guai se non saremo forti» .
Bernard Lewis (nella foto) è uno dei più noti specialisti mondiali di
studi
sull’ Islam. Nato a Londra nel 1916, è professore emerito di storia
mediorientale presso l’ università di Princeton. Fra i suoi libri,
« The Arabs
in History» (1950), « The Assassins» (1967), « The Muslim Discovery of
Europe»
(1982), « Semites and Anti-Semites» (1986), « The Political Language of
Islam»
(1988), « Race and Slavery in the Middle East» (1990), « The Middle
East: 2000
Years of History from the Rise of Christianity to the Present Day»
(1995) e
« Cultures in Conflict: Christians, Muslims and Jews in the Age of
Discovery»
(1995).