IL PROFESSOR ALI QLEIBO INTELLETTUALE LAICO PALESTINESE « Al Aqsa, un simbolo nazionale» La moschea che ha acceso la nuova guerra
domenica 1 ottobre 2000 La Stampa 0 commenti
ALI Qleibo è uno dei più noti intellettuali palestinesi di
Gerusalemme.
Elegante, quarantenne, sposato e padre di una bambina, è un laico,
patriota
ma amante dello scambio culturale anche con gli israeliani.
Professore di
antropologia all'Università di Al Quds, la sua famiglia ha radici qui
dal
VII secolo. Nei prossimi giorni vede la luce il suo ultimo libro,
« Gerusalemme nel cuore» .
La sua sincerità è aperta e rinfrescante, nel giudicare un conflitto
su cui
i leader invece recitano spesso slogan politici. Pensa per esempio al
danno
concreto che questa nuova « Intifada delle Moschee» porta ai suoi
studenti:
« Già da due giorni non si studia, il lavoro con i ragazzi è fermo» ,
mormora
depresso. Venerdì era sulla Spianata delle Moschee durante gli
scontri che
sono costati sette morti « perché volevo capire» .
E che cosa l'ha colpita di più , professore?
« Naturalmente il sangue, la paura, la confusione. Ho visto salire sul
tetto
che sovrasta il Muro del Pianto un uomo con una pietra. L'ha tirata
di sotto
sulla folla. Gli hanno sparato, ed è caduto morto sotto i miei
occhi...»
Com’ è accaduto che la folla si sia eccitata tanto?
« L'area è chiusa, e così è nata una situazione di panico, la gente
non aveva
dove rifugiarsi, era impazzita. Io ho trovato riparo in un ufficio
sul
perimetro della Moschea, con me sedevano due persone, un ragazzo e un
adulto. Mi ha impressionato molto la differenza fra i due: il grande
era
politicizzato: "Vedi cosa succede? Dobbiamo difendere le Moschee. Gli
ebrei
vogliono farne un santuario della loro religione".
« Il ragazzo era invece uno dei tanti giovani che incontro sempre
all'università : stanco di non avere un futuro personale cui pensare,
per
niente desideroso di versare il suo sangue, deluso e indifferente.
"Senti"
gli ha detto "le Moschee hanno le loro guardie, no? Io non voglio
essere
coinvolto". Siamo rimasti chiusi dentro a lungo, nessuno poteva
andarsene,
l'adulto non aveva argomenti buoni per il ragazzo, che appariva
sempre più
depresso. Il sangue ha un cattivo odore, ancora peggiore di quello
del gas
lacrimogeno, che ha il pregio di disperdersi veloce» .
Lei parla di indifferenza. Ma in queste ore si assiste a
un'esplosione di
violenza su tutti i fronti, specialmente a Gerusalemme..
« E' logico che sia così . La questione di Gerusalemme è irrisolta, non
ha
senso per noi che siamo qui da troppo tempo spartirla con
chicchessia,
trovarsi di fronte muraglie o controlli internazionali. Deve capire
che
siamo stanchi di avere sempre qualcuno sopra la testa» .
Ma non è un peccato mortale che le ragionevoli soluzioni offerte da
Barak
debbano naufragare sullo scoglio della passione religiosa? Non è
certo
questa la molla del movimento nazionale palestinese. Le pare il caso
di dar
via uno Stato e buona parte di Gerusalemme per la sovranità totale su
un
santuario che sarà comunque sotto il vostro dominio?
« Non si tratta solo di un santuario. Al Aqsa è un simbolo nazionale
dal
tempo di Aj Hamin Husseini, il fondatore del moderno nazionalismo
palestinese. Quando ci fu il terremoto e la Moschea venne distrutta e
Mussolini regalò le colonne di marmo italiano per ricostruirla,
l'impresa di
rimetterla in piedi fu frutto dell'idea nazionalista. Lo si fece in
modo
straordinario, veloce, imprenditivo: era un segnale contro il
sionismo.
Adesso c'è una sensibilità particolare sulle Moschee, perché da tre
mesi le
autorità israeliane non lasciano entrare i materiali per accomodare
il
pavimento. Tutto è per aria. E poi, la provocazione della visita di
Sharon...»
E la predica del Muftì , che ha invitato ad attaccare gli israeliani
ventilando la distruzione della Moschea...
« Mi hanno detto che era un discorso sopra le righe. Ma la verità
degli
scontri attuali è quella di una folla disperata, delusa anche dalla
corruzione dell'Autonomia Palestinese, irata con Israele che seguita
a
sequestrare terre e a non rimuovere i coloni. Il processo di pace non
ha
nessuna caratteristica buona agli occhi della gente: è il propellente
del
potere di Arafat e lo scudo delle prepotenze israeliane. In più ,
nelle
ultime settimane Arafat era molto debole, specie dopo che la salita
di
Sharon alle Moschee non aveva suscitato, nonostante l'invito dei
Muftì , una
reazione forte. Adesso, dopo gli scontri, tutto è di nuovo sul
tappeto: la
sovranità su Gerusalemme, la rabbia palestinese, l'urgenza di uno
Stato...
La piazza ha restituito a Arafat tutte le carte, e anche il sostegno
internazionale. Adesso vedrete che il processo di pace riprende» .