IL PROCESSO Nessun accanimento sulla via della verità
sabato 4 novembre 1995 La Stampa 0 commenti
DUNQUE, sarà l'Italia che processerà Erich Priebke, il realizzatore
dell'eccidio delle Fosse Ardeatine; l'ufficiale che, per ordine di
Herbert Kappler, scelse personalmente i nomi dei 335 italiani che
vennero fucilati dopo l'attentato di via Rasella. Erano prigionieri,
civili, ebrei, ragazzini fra i 14 e i 17 anni. L'ultima parola sulle
colpe di un uomo che ha ormai più di 80 anni e che pensava di finire
i suoi giorni a Bariloche in Argentina spetterà ai giudici italiani,
a cui Priebke aveva dedicato, ricusandoli, parole di scherno e di
razzismo anti-italiano. La decisione di estradare Priebke non deve
destare nessun senso di rivincita, nessun accanimento può essere
nell'interrogare un uomo così anziano, nel vederlo soffrire. Questo
processo doveva tuttavia essere celebrato nel nostro Paese ed è un
bene che questo possa avvenire. Esso è l'unico erede degli innocenti
che furono trascinati alle Fosse Ardeatine, così come Israele era
l'unico erede delle vittime di Adolf Eichmann. Chi se non l'Italia
deve cercare per questi italiani giustizia, deve conservare la loro
memoria? L'elaborazione del grande trauma delle Ardeatine deve
finalmente compiersi nell'aula di un tribunale; l'Italia ha sempre
avuto infatti una certa difficoltà ad accettare che sul suo suolo
nazionale siano state compiute atrocità sotto l'egida nazifascista,
a razionalizzare questo fatto, se non attribuendone tutte le
responsabilità alla . Una Norimberga italiana non
c'è mai stata: la riabilitazione nazionale e anche la
riconciliazione sono state piuttosto perseguite utilizzando la
patente che Yalta ci ha donato collocandoci dalla parte buona,
occidentale e democratica del mondo. Usandola, abbiamo cavalcato una
speciale volontà , tutta italiana, di dimenticare, di sentirci tutti
quanti innocenti e antifascisti. Gianfranco Fini, il capo di Alleanza
nazionale, come gesto di rottura rispetto al passato, di esplicita
rinuncia alla matrice fascista del suo partito, andò in
pellegrinaggio alle Fosse Ardeatine. Ripercorrerne la storia sotto la
lente d'ingrandimento delle carte processuali di Priebke è ora una
straordinaria occasione perché la riconciliazione nazionale non sia
un fatto nominale, né strumentale e politico, ma perché passi al
vaglio della verità storica e della giustizia formale. Infine, c'è
qualcosa nel fatto che Priebke venga processato in Italia che
travalica la nostra vicenda nazionale: i criminali nazisti hanno in
parte partecipato dell'immenso rovello che ha accompagnato
l'elaborazione dell'Olocausto in questi 50 anni. L'abbiamo imparato
con pena, discernendo, storicizzando, piegandoci ad ascoltare anche
il loro inascoltabile tormento. Alcuni sono stati capaci di
attraversare, dopo aver causato l'altrui inferno, anche un loro
personale percorso di pentimento. Non tutti si sono tenuti serrati
alla banalità del male così come la sciorinò al mondo Adolf
Eichmann con la frase:
dell'inconsapevolezza, forse, o forse soltanto della sua pura
testarda autoesaltazione. La sua vita è già per la massima parte
trascorsa in questo oblio; una gran punizione, l'ha già comunque
scampata. E tuttavia il consesso umano si è ricordato che è suo
dovere contrapporsi al silenzio della coscienza: e questa è una
buona, seria lezione per tutti. Fiamma Nirenstein
