IL PRIMO MINISTRO DEVE ADESSO DECIDERE COME APRIRSI UNA NUOVA STRADA Arik, la tentazione del centro
lunedì 21 novembre 2005 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
CI siamo, sta per cambiare tutto. Tutti quelli che sono a poppa correranno
a prua, e tutti quelli che sono a prua correranno a poppa, rispecchiando di
fatto una realtà precostituitasi dallo sgombero di Gaza in avanti.
Sono le ultime ore in cui tutta la politica israeliana guarda nella palla di
vetro prima che Sharon sveli il mistero: sta per formare un nuovo partito di
centro abbandonando l'ingrato Likud così da perseguire la linea della
trattativa con i palestinesi? Intende affrontare, libero dal cipiglio di
Netanyahu e di Uzi Landau, le elezioni che si prospettano inesorabilmente
dopo che il partito laburista ieri ha votato l'uscita dal governo, e dopo
che l'alleato di governo ha abbandonato Shimon Peres scegliendo Amir Peretz,
ex segretario del sindacato (Histadrut) come nuovo leader? Sembra di sì .
Sharon non ha detto niente a nessuno fino a poche ore fa, ma alcune mosse
compiute ieri rivelano che vuole fronteggiare l'elettorato con la sua linea
di « penose concessioni» territoriali, ma anche di dura difesa di Israele dal
terrorismo senza la zavorra di un partito che per una buona parte, dopo il
disimpegno, lo considera un traditore e un dittatore.
Due sono le mosse rivelatrici: durante l'ultima riunione di gabinetto (è
questione di ore il momento in cui il governo verrà sfiduciato) ha fatto una
dichiarazione di amicizia a Peres che somiglia a un'offerta di lavoro, in un
unico partito: « Shimon - gli ha detto - questo (l'ultima seduta del
gabinetto ndr) è l'inizio di un nostro nuovo lavoro in comune» . Anche un
altro ministro laburista, Haim Ramon, un cinquantenne molto quotato, sembra
essere disposto a entrare nella eventuale nuova formazione di Sharon. Né
Peres né Ramon hanno messo il naso al Comitato Centrale a Tel Aviv, di fatto
una grande manifestazione di insediamento di Peretz.
Il secondo segnale che Sharon è sulla porta di uscita sembra essere
rappresentato dalla riunione di leader del Likud che ha indetto ieri il
ministro della Giustizia, Tzipi Livni, una bionda raffinata intellettuale
che è sempre stata la più articolata spalla di « Arik» . Lei e altri
personaggi, come Ehud Olmert e Avi Dichter, l'ex capo dello Shin Bet, i
servizi segreti dell'Interno, sono pronti al passaggio. Perché , ha spiegato
Livni, anche se Arik vincesse le primarie contro Netanyahu, persino dopo
aver vinto le elezioni non potrà comunque realizzare la sua politica perché
la metà del partito glielo impedirà con le unghie e con i denti.
Ma è molto difficile per il partito che alle elezioni del 2003 aveva
finalmente vinto a grande maggioranza dopo anni di faticosi giochi alla pari
con i laburisti, vedere che la sua migliore carta sta per volare via, con
una fetta del partito. Molti cercano di convincere Sharon che adesso nel
Likud tutto sarà tranquillo, e l'esile possibilità che Arik resti, è legata
alla loro capacità di convincerlo. Sharon, se sceglierà di andarsene (la
radio militare ha dato la decisione per presa), ha tutto l'interesse che le
elezioni si svolgano il prima possibile. In ogni giorno di attesa divamperà
una campagna di autentico odio, in cui i suoi ex, probabilmente uniti in una
coalizione di destra che andrà dal Likud ai partitini religiosi e
nazionalisti, lo indicheranno ancora, un'ennesima volta, come un traditore e
un prepotente.
Questo potrebbe favorire uno spostamento degli ammiratori del primo ministro
verso il vecchio Likud guidato da Bibi Netanyahu o da un altro dei
pretendenti che si affollano verso le primarie. Una dispersione di voti fra
Sharon e Netanyahu (o chi per esso) potrebbe inoltre portare a una vittoria
di Amir Peretz, che ieri è stato accolto dal suo partito al grido di
« rivoluzione, rivoluzione» , e che ha votato compatto per uscire dal governo.
Anche Peretz ha interesse a correre verso le elezioni per sfruttare la non
robustissima novità della sua vittoria. Sharon sa tutto, guarda, e prepara
la sorpresa.