IL PREZZO DELLA STABILITA’
lunedì 20 giugno 2005 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
QUANDO sabato scorso Mahmoud Zahar, leader di Hamas, ha rivelato di avere
appena incontrato « un importantissimo consigliere del governo tedesco» , non
c'è stata sorpresa. Mushir al Masri, il portavoce, ora specifica: « Circa
ogni dieci giorni riceviamo inviati europei di ogni Paese» cui viene
spiegato che « la resistenza è legittima e non deve essere vista come
terrorismo» e che « Hamas non ha intenzione di cambiare la sua linea» ,
ovvero, distruzione di Israele, terrorismo, bombardamenti dentro e fuori la
Linea Verde, volontà di rimpiazzare Abu Mazen con una leadership
integralista islamica. Intanto, l'Unione Europea, il 15 giugno, ha
annunciato che si tengono regolari contatti « di basso livello» con Hamas.
L'amministrazione americana e quella israeliana hanno protestato: « L'Europa
dovrebbe rafforzare i palestinesi moderati piuttosto che compiacere
("appease", il solito terribile verbo di Monaco, ndr) gli estremisti» .
Ma l'Europa si trova nell'angolo più stretto e oscuro del suo tentativo di
gestire, nel Medio Oriente, una linea egemonica contrapposta a quella Usa.
Certo, non può dire no alla grande novità americana, la democratizzazione.
Per esserci, tuttavia, ribadisce la sua solita scelta: abbracciare i
perturbatori in nome della stabilità . Ma quella stabilità non c'è più , e gli
Usa sono il magnete della rivoluzione: Sharon e Abu Mazen vanno a Washington
in sequenza, l'Egitto cambia le leggi, Gheddafi lascia il nucleare, i Paesi
del Golfo porgono novità femministe, persino l'Iran manda segnali, si muove
tutta la questione libanese-siriano-iraniana, ammorbata dagli hezbollah... E
tutto, in primis il grande nodo iracheno, gira intorno alla politica
americana in cui la fine del terrorismo è un comma della democratizzazione.
Ma per l'Europa « terrorismo» è parola assai meno importante di « stabilità » .
E ci riprova: ripete, abbracciando le organizzazioni eversive, il
gradualismo, l'idea che il terrore sia in fondo causato da noi stessi, la
sostanziale sfiducia nel potenziale democratico degli arabi, la mancanza di
interesse verso i diritti umani.. Ma per stare nella grande rivoluzione
mediorientale, è dannoso legittimare forze totalitarie e terroriste come
Hamas e Hezbollah che accumulano armi e seguitano a insegnare alle loro
piazze uno slogan fondamentale: « morte all'Occidente» . Quanto più saranno
forti, tanta più instabilità e pericolo porteranno alle leadership
innovative, quindi a noi stessi, perché il terrorismo è un morbo molto
contagioso. Lo capirebbe anche un bambino, ma l'Europa non può , è vecchia e
stanca.