Il presidente della Commissione Ue delinea una politica più equilib rata tra arabi e israeliani Medio Oriente, Prodi corregge la rotta europea I n visita a Gaza dopo le proteste scatenate dalla « gaffe» di Jospin
mercoledì 1 marzo 2000 La Stampa 0 commenti
                
Fiamma Nirenstein 
GERUSALEMME 
Dopo una giornata israeliana molto densa, lunedì , ieri Romano Prodi 
ha 
lavorato sodo alla parte palestinese: a Gaza insieme con Arafat ha 
visitato 
un campo profughi e un ospedale europeo. Preoccupato ma anche 
ottimista 
(questo è l’ umore dominante nel suo viaggio) Prodi ha invitato gli 
israeliani a non dare ai negoziati con i palestinesi un ruolo 
subalterno 
rispetto a quelli con la Siria e a rispettare i tempi degli accordi 
di pace 
di Sharm el-Sheikh. « Ho paura di nuove violenze; anche il caso Jospin 
lo 
conferma - Quello che è accaduto è un’ ulteriore dimostrazione della 
rabbia 
popolare» . Ha anche incontrato i membri del Consiglio palestinese per 
le 
Relazioni estere: « Aiuteremo i rifugiati» , ha promesso. Insomma, sia 
con i 
palestinesi sia con gli israeliani Prodi ha cercato di tenere un 
registro 
sostanzialmente apolitico, di disegnare l’ immagine di un’ Europa 
idealista e 
che « coccola» , come si è espresso lui, « sia Israele sia gli arabi» . 
L’ Europa ha sempre avuto agli occhi di Israele uno status a dir poco 
incerto 
per due ragioni fondamentali: la prima ha a che fare con le 
persecuzioni, i 
ghetti, l’ Olocausto. La seconda è la tradizionale adesione 
dell’ Europa alla 
causa palestinese e la simpatia per gli arabi. Per una serie di 
complessi 
motivi, gli Usa hanno invece saputo mantenere qui la loro immagine di 
« onesto mallevadore» nonostante l’ incessante e insistente pressione 
di 
Israele nei confronti del processo di pace. 
Romano Prodi nel corso del suo viaggio ha cercato di dare un segnale, 
sia 
pure ancora non del tutto definito, di una nuova politica 
mediorientale 
dell’ Europa: prima di tutto il programma è stato mantenuto 
rigidamente 
bilaterale, contrariamente all’ abitudine dei leader europei di 
dedicare il 
massimo del loro tempo agli appuntamenti con la parte palestinese. E, 
per 
caso oppure a ragion veduta, Prodi ha dato grande importanza alla 
visita al 
museo dell’ Olocausto che ha aperto il suo viaggio. Infatti, in tempi 
di 
Haider e mentre sulla prima pagina dei giornali siriani esce una 
denigrazione dell’ Olocausto come « invenzione degli ebrei per 
ricattare il 
mondo intero» , Prodi ha segnalato con calore l’ importanza che 
l’ Europa dà a 
Israele come garanzia fisica, concreta, del futuro dell’ intero 
sviluppo 
della democrazia e della difesa dei diritti umani nell’ area. Nel 
passato 
l’ Europa ha sempre invece ostentato (come Chirac o Robin Cook durante 
le 
loro visite) una sorta di senso di superiorità verso Israele, 
attribuendole 
implicitamente una vocazione colonialista-violenta. 
Prodi, invece, ha cercato di cooptare Israele proprio sul terreno che 
a lui 
è sembrato più congeniale all’ Unione europea: la democrazia. E Arafat 
lo ha 
trovato solidale nel richiedere rispetto degli impegni da parte 
israeliana, 
e specialmente generoso nel promettere aiuti per i profughi. Questo 
fa parte 
della tradizione europea, che però , fino ad oggi, non aveva creato 
all’ Europa un ruolo di mallevadore. Prodi ha così riassunto: « La 
nostra 
politica comincia da zero o quasi: infatti ogni Paese europeo ha una 
sua 
politica mediorientale, in realtà l’ Europa non ha ancora avuto il 
tempo di 
disegnarne una propria, e questo è il compito che ci aspetta» . 
            