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Il premier israeliano fa marcia indietro « Quello degli Usa un com portamento non disonorevole»

sabato 6 ottobre 2001 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein GERUSALEMME Ariel Sharon non ha abbandonato l'aria corrucciata e offesa degli ultimi giorni, ma ha già fatto marcia indietro rispetto all'inusitata offesa che ha lanciato contro Bush : quella di essere una specie di Chamberlain che, come gli inglesi e i francesi nel ‘ 38 che cercarono di tener buono Hitler lasciandogli inghiottire la Cecoslovacchia, cerca un « appeasement» con gli arabi a spese di Israele. Un portavoce di Sharon ha dichiarato ieri che il primo ministro israeliano non intendeva dire che l'America e i suoi leader si comportano « in modo disonorevole» nel costruire la loro coalizione. Non è andato oltre: il ghiaccio è ancora molto spesso, le parole di giovedì sera sono pietre, e certo questa breve dichiarazione non basterà . Non solo Bush ha risposto alle parole di Sharon definendole « inaccettabili» , e sostenendo che le accuse di vendere Israele fatte al suo migliore amico sono del tutto prive di fondamento, ma nelle ultime ore della serata in Israele è arrivata la notizia (per ora non confermata) che saranno richieste scuse formali. Le parole di Sharon non hanno precedenti nella storia della parentela politica e culturale fra i due Paesi: il leader israeliano, dopo aver spiegato ai giornalisti con volto molto grave e irato che anche poche ore prima un'altra strage di innocenti era stata compiuta alla Stazione degli autobus di Afula da un terrorista (è di queste ore la notizia che si tratta di un uomo proveniente dalle file dei Tanzim, con simpatie per Hamas) e che Israele è sotto il continuo tiro di attentati terroristici che si succedono per ogni dove e ad ogni ora, si è rivolto con un appello drammatico all'Occidente e in particolare, ha detto, « ai leader del mondo libero, gli Usa» : « Non ripetete il disgraziato errore del 1938, quando le democrazie europee illuminate decisero di sacrificare la Cecoslovacchia per una soluzione temporanea conveniente; non cercate di tener quieti gli arabi a nostre spese. Questo è inaccettabile per noi, Israele non è la Cecoslovacchia e combatterà il terrorismo» . Lo sfogo di Sharon, che va di concerto con il duro attacco a Hebron dove sette palestinesi sono morti e 150 sono rimasti feriti, viene dopo giorni terribili: al primo ministro pareva di aver fatto lo sforzo ultimativo consentendo l'incontro fra Shimon Peres e Arafat, dopo di che Israele era diventato bersaglio di attacchi terroristici dentro e fuori la Linea Verde, a Gerusalemme, lungo le strade, nell'insediamento di Alei Sinai dove sono stati uccisi due fidanzati e ferite quindici persone in un raid durato quattro ore mentre la gente stava rinchiusa nelle case al buio, assediata da bombe a mano e spari; a Hevron dove si è sparato sulla gente che pregava per la festa di Succot ferendo due donne, di cui una grave (in quell’ occasione persino Peres osservò che « non si poteva fare altrimenti che reagire, il fatto che si sia sparato su una folla in preghiera è un episodio inammissibile e indecente» ); fino a Afula, una tranquilla cittadina del Nord dove un terrorista vestito da soldato ha aperto il fuoco uccidendo tre persone e ferendone 16. Sharon si era certo aspettato che gli Usa, sebbene intenti a formare una coalizione che tende a mettere da parte Israele per non provocare gli Stati arabi blanditi come potenziali alleati, ponessero ad Arafat, come condizione per l'alleanza, almeno un inizio di azione antiterrore, per esempio l’ arresto di alcuni dei terroristi della lista dei 108 fornitagli da Peres. Questo non è avvenuto: anzi il campo palestinese, avvertendo una lontananza degli interessi americani dalla zona e una volontà politica di inserire Arafat nel loro schieramento, ha ripreso con maggior lena gli attentati. Poi sono venuti il rifiuto di Rumsfeld a visitare Israele durante il suo giro nella regione e la dichiarazione di Bush relativa alla volontà americana di veder presto uno Stato Palestinese. Una dichiarazione in cui non c'era niente di nuovo, anche perché Sharon stesso aveva dichiarato la medesima intenzione una settimana prima; ma è giunta nel momento sbagliato, e ha fatto pensare a Sharon di essere stato abbandonato, anche perché nella lista dei terroristi da battere, in modo piuttosto stupefacente, sono assenti Hamas, Jihad Islamica e Hezbollah. Lo sbotto di nervi di Sharon, forse, non ha avuto solo l'effetto di fare arrabbiare Bush. Colin Powell ha telefonato ad Arafat dicendogli: "Noi cambieremo la nostra politica se non fermi il terrorismo". E si comincia a parlare, anche se le voci sono di parte israeliana, di un rapido inserimento nella lista infame delle tre organizzazioni terroriste finora assenti.

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