IL POTERE NON E’ PIU’ CONCENTRATO NELLE MANI DI UNA SOLA PERSONA E ad esso tutti parlano di dialogo Dall’ Anp arrivano nuove richieste di colloqui con Israele
domenica 14 novembre 2004 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
IL problema adesso è chi sarà il primo a fare l’ occhiolino. Perchè accadrà :
non c’ è nessuno nè fra la leadership palestinese nella sua parte più
moderata che comprende Abu Mazen e Abu Ala, nè fra gli israeliani, esclusi
alcuni pessimisti totali sia a destra che a sinistra, che non capisca che si
prepara qualcosa, forse fatale, forse fantastico, forse qualcosa che
somiglia all’ apertura di un’ era nuova.
Intanto sono già accadute cose essenziali, mai viste prima, come la
divisione dei poteri: Mahmoud Abbas è ora il capo dell’ Olp senza la
supervisione di Arafat, e senza la fatidica mano sulla testa Ahmed Qurei è
il capo del governo, Farouk Khaddumi è un inaspettato e estremista capo del
Fatah senza rete, mentre Rouhi Fattouh tiene il posto caldo per il prossimo
Presidente secondo l’ articolo 37 della Costituzione palestinese fino alle
elezioni che, prevede la legge, si dovrebbero tenere fra 60 giorni.
Questa sembra per ora essere la scadenza chiave di una fase in cui ancora è
presto per parlare di trattative territoriali e di terrorismo. Ma i 60
giorni sono cruciali, proprio perchè mettono in gioco il tema della riforma
democratica e quindi della legittimazione, e anche della credibilità di un
interlocutore per Israele e per il consesso internazionale, secondo la Road
Map e le rischieste americane e europee rinnovatesi in questi giorni. Il 24
giugno 2002 Bush diceva « Chiedo al popolo palestinese di eleggere nuovi
leader non compromessi col terrorismo; chiedo loro di costruire una forte
democrazia, basata sulla tolleranza e la libertà » ; Sharon ha dichiarato che
è pronto a riprendere la trattativa con una leadership che si dimostri
moderata e pronta a combattere il terrorismo. Un segno importante.
E altro segno importante, dopo il funerale, il volto completamente
stravolto, la giacca e la cravatta strapazzate dalla pressione della folla,
il portavoce di Arafat Saeb Erakat gridava letteralmente dentro i microfoni
della tv israeliana « Aiutateci a fare le elezioni, lo chiedo direttamente a
Sharon, la nostra mano è tesa verso la pace» . Anche se ieri, la cravatta di
nuovo a posto, in inglese, Saeb Erakat ha di nuovo accusato Israele di ogni
crimine, proprio mentre Hamas insiste (a il funerale venivano distribuiti
volantini di questo tenore) insistendo nell’ idea scartata da Nabil Shaat a
nome anche dei membri del triunvirato, che Arafat sia stato ucciso dagli
israliani col veleno. L’ estremismo come amo per l’ opinione pubblica è una
fata morgana potente e distruttiva. Ma guardiamo alle possibilità reali che
la strada delle elezioni apra la famosa finestra.
Ci sono due problemi basilari, uno israeliano e uno palestinese. Quello
israeliano: i check point che impediscono la libertà di movimento dei
palestinesi, il dilemma nel concedere quella libertà che deve essere
assicurata a chi va a votare. Il gabinetto di Sharon insieme ai servizi di
sicurezza valuta quanto e come le truppe israliane possano tenersi distanti
dall’ arena del voto; appare difficile continuare a controllare un territorio
su cui, ed è un dato di fatto, si muovono circa 40 possibili attentatori,
che potrebbero approfittare delle giornate del voto per colpire.
Pure Israele guarda con grande interesse alla sua performance del giorno del
funerale. L’ esercito e la polizia erano in stato di allerta quattro, quello
previsto per la guerra, si temevano attacchi di ogni genere, e nello stesso
tempo gli ordini erano di essere « soft» , dirispettare il lutto palestinese
non avvicinandosi alle città e consentendo un traffico più rapido e condito
da una speciale cortesia ai check point.
I risultati sono stati buoni, e l’ esercito con il ministero della Difesa
studia l’ applicabilità dello schema a altre situazioni. Il problema dei
palestinesi: riguarda, oltre al permesso di Israele, la propria attitudine
molto emotiva, difficile da controllare, da indirizzare alla libertà di
opinione non conflittuale. Nel problema dei votanti, ci sono due punti
politici cruciali: Hamas, che non riconoscendo gli accordi su cui era nata
l’ Autonomia Palestiniese potrebbe non accettare di partecipare, e sarebbe un
problema; oppure, potrebbe accettare di paretecipare, e anche questo sarebbe
un problema, dato che Hamas può diventare un partito che prende il 35 per
cento dei voti avendo nel suo programma il terrorismo e la distruzione dello
Stato d’ Israele.
Infine, Marwan Barghouti: molti lo vorrebbero vedere candidato dal carcere
dove sconta cinque ergastoli per attentati terroristici che hanno portato
molti morti a Israele; ma il 40enne di Ramallah è il vero beniamino della
folla, simbolo di lotta popolare in fortissima polemica con una leadeship
che i tanzim pensano corrotta e moscia, schiava di Israele, importata da
Tunisi.