IL PORTAVOCE DEL GOVERNO RIPETE: NON INTENDIAMO COLPIRE IL RAÍ SS MA NEUTRALIZZARLO « Dobbiamo lasciarci ammazzare tutti?» Sconcerto a Gerusalemme per la presa di posizione del Palazzo di Vetro
domenica 31 marzo 2002 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
D'ACCORDO, dobbiamo uscire da Ramallah, ci manda a dire il Consiglio
di
Sicurezza dell'Onu. E poi? Quali altri consigli vengono dalla
comunità
internazionale per proteggerci dai terroristi suicidi, per mettere
fine alla
tragedia che ci ha dato 103 morti in un mese? Ieri ho mandato i miei
bambini
al supermarket a comprare il pane; a quattrocento metri di distanza,
nello
stesso tempo, è saltato per aria l'altro supermarket, quello in cui è
rimasta uccisa una ragazzina di 17 anni. Magari era andata anche lei
a
comprare il pane» . Dopo la Risoluzione dell'Onu, questa è la reazione
spontanea di Angela Polacco Lazar, una signora israeliana moglie del
capo
della comunità italiana, Beniamino Lazar, nota ai nostri connazionali
per il
suo lavoro di guida turistica (ha accompagnato anche il presidente
Ciampi)
di fronte alla presa di posizione del Palazzo di Vetro. Una reazione
di
sconcerto e anche di sorpresa, dopo che ieri Colin Powell aveva
dichiarato
di comprendere i motivi degli israeliani.
Il portavoce di Sharon, che è stato ambasciatore in Italia, Avi
Pazner,
oltre che addolorato è perplesso: « Questa Risoluzione - commenta -
non
prende in nessuna considerazione l'unica cosa da guardare invece con
attenzione, se si tiene alla pace nell'area: le ragioni della nostra
presenza a Ramallah. Che cosa si pensa, che ci siamo svegliati una
mattina
con un ghiribizzo? Noi abbiamo uno scopo laggiù e uno solo:
distruggere il
terrorismo, arrestare i suoi uomini, distruggere le armi illegali...
Siamo
già pronti al cessate-il-fuoco, del resto lo avevamo dichiarato a
Zinni e
Arafat non ha accettato. Siamo anche pronti a passare subito alla
fase Tenet
e poi Mitchell, in cui si parla di insediamenti. Che cosa si vuole da
noi?
Che ci lasciamo uccidere tutti senza reagire?» .
Di certo però appare molto aggressivo l'attacco fino alla casa di
Arafat, se
anche gli americani hanno votato la condanna. Pazner lo spiega così :
« Probabilmente gli americani cercano di aiutare la tregua di Zinni. E
comunque, sarà bene capirsi su un punto, anzi due: primo, non abbiamo
nessuna intenzione di colpire Arafat. Secondo, cerchiamo di
neutralizzarlo,
però , perché è molto pericoloso. Non per divertimento. Faccio un
esempio.
L'altro ieri dalla tv Al Jazira ha invocato, insieme al suo martirio,
« un
milione di martiri per Gerusalemme» : a un italiano può suonare come
un
giochetto, un'esclamazione retorica. Non lo è affatto. E' una linea
politica, un segnale per cui, per esempio, subito dopo una ragazza di
sedici
anni va al supermarket appunto a Gerusalemme a farsi saltare per
aria» .
« Sinceramente non riesco tanto a capire - dice Angela Polacco - tutta
questa
insensibilità verso le stragi di famiglie intere, e invece tanta
preoccupazione per la persona di Arafat. Come mai? E come mai nessuno
si
rende conto che lui, d'accordo, è prigioniero nel sotterraneo, ma noi
lo
siamo tutti i giorni, chiusi a casa: niente vita sociale, niente
bambini ai
parchi, o cinema, o semplicemente spesa al supermarket. Chi si
preoccupa per
noi?» .
In una hall nell'edificio per spettacoli e congressi Binianey Huma,
all'ingresso di Gerusalemme, il ministero degli Esteri ha approntato
in due
giorni un grande centro stampa. Ci sono gli uomini dello Shin Bet, i
servizi
segreti, dell'esercito, dell'ufficio di Sharon, di quello di Shimon
Peres:
Gideon Meir, vicedirettore generale del ministero, incaricato della
gestione
della nuova « creatura» , passa ormai metà del suo tempo fra la Cnn e
la Bbc.
E’ appena venuto a conoscenza della Risoluzione dell'Onu quando ci
parliamo:
« Vede, la nostra impresa di stabilire la verità è così difficile, lo
si è
visto anche in queste ore. E' come se il tema del terrorismo fosse
stato
obliterato. I palestinesi tentano di cancellare la realtà di una
nazione che
gronda del proprio sangue, che ha avuto cento morti in un mese,
famiglie
cancellate durante una festa religiosa, bambini morti. Noi siamo là
per
difendere i nostri cittadini da un attacco d'odio unico al mondo, da
una
forma di terrorismo senza precedenti. Una bomba atomica, un popolo
che ha
subito un lavaggio del cervello, che ci odia uno per uno. E sembra
strano,
ma per comunicare questo messaggio dobbiamo dispiegare tutte le forze
in
campo in maniera totalmente nuova. Noi non mostriamo cadaveri
smembrati, non
frughiamo nei corpi e nei volti dei bambini morti con le telecamere,
non
facciamo vedere le membra sparse dopo ogni attentato suicida. Ai
funerali
non gridiamo slogan che mostrino la nostra rabbia, ma piangiamo» .
Avi Pazner lancia un segnale di speranza: « Noi abbiamo da finire un
lavoro e
lo finiremo; già oggi abbiamo catturato parecchi organizzatori
terroristi, e
andremo avanti. Alle Risoluzioni dell'Onu contro di noi siamo
abituati.
Però , se Arafat dichiarasse il cessate-il-fuoco, chissà , forse
l'azione
militare potrebbe finire» . Angela sconsolata guarda a casa sua,
l'Italia:
« Chissà perché da decenni in politica internazionale abbiamo un
perverso
piacere nel difendere i cattivi. E poi: perché mai neppure l'America
ci
capisce, quando i suoi uomini agiscono in Afghanistan senza dover
rendere
conto a nessuno?» . Ron Ben Yshai, commentatore di cose militari, non
drammatizza: « L'Onu dice: uscite da là , ma non dice quando. Per
questo gli
Usa hanno votato la Risoluzione» .