IL PASSATO CHE PASSA
venerdì 14 agosto 1998 La Stampa 0 commenti
È durata ben tre anni la cocente, imbarazzante discussione tra
banche svizzere e organizzazioni ebraiche per la restituzione dei
fondi depositati prima o durante la guerra da chi sperava di poter
salvare qualcosa per sé o per la propria famiglia dall'uragano
dell'Olocausto. Finalmente un accordo,
che ovviamente ambedue le parti
ritengono imperfetto, è stato raggiunto. Noi lo salutiamo con
soddisfazione, come una pietra miliare che segna il passaggio
del tempo e che aiuta il passato a
passare. La cifra pattuita è poca e tanta, è immensa e
miserabile: un miliardo e 250 milioni di dollari possono compensare
le menzogne dei Paesi cosiddetti democratici, le reticenze nel
restituire agli ebrei che già tanto avevano avuto a patire il
maltolto? Possono compensare, sia pure per una piccolissima misura,
i danni fisici, morali e spirituali patiti dagli ebrei durante
l'Olocausto? E d'altra parte, come più volte i detrattori della
pratica del risarcimento hanno sottolineato, possono gli ebrei
utilizzare le misure di questo mondo, addirittura il denaro, per
misurare le loro sofferenze; o non è questo uno svilire quello che
hanno dovuto attraversare, un banalizzare il sentimento comune
intorno alla Shoah e quindi un chiamare a sé non più la
solidarietà , ma lo scetticismo e persino l'antipatia del mondo,
specie adesso che la coda di paglia degli ex Alleati
ha rivelato le sue ottime
ragioni, e può prender fuoco ad ogni momento?
La questione delle ricompense in denaro è antica, risale ai tempi
in cui David Ben Gurion,, contro il parere della destra guidata da
Menahem Begin, nell'Israele appena costruita, sfidò l'opinione
pubblica mondiale e locale chiedendo alla Germania di pagare i
risarcimenti ai sopravvissuti, e al suo Paese come legittimo erede
degli ebrei periti nella Shoah. Questo suscitò grande scandalo, ma
solo così , asciugandosi le lacrime, lenendo l'odio, invece di
restare simile a un urlo, la memoria potè dipanarsi; l'ineffabile
cominciò a poter essere proferito, mentre gli ebrei sempre di più
definivano l'incancellabile memoria di ciò che si era abbattuto su
di loro; e la Germania tuttavia poteva, e come avrebbe potuto
essere altrimenti, rientrare nella comunità delle nazioni.
Adesso questo primo accordo con le banche
svizzere costituisce un'ulteriore possibilità di elaborazione su
una parte della Shoah che ci ha di recente preso di sorpresa, ci ha
offesi e colpiti: la verità storica per cui non solo la Belva
Nazista ma anche le nazioni che sempre si sono professate grandi
amiche degli ebrei avevano invece commercializzato, lucrato,
partecipato collateralmente del loro sterminio.
È duro ammetterlo. È duro mettere la democrazia svizzera
definitivamente dalla parte dei colpevoli ammettendo che le sue
banche debbano tanti soldi agli eredi degli uccisi nei campi di
sterminio. Certo, gli ebrei pagheranno qualche prezzo in termini di
risentimento, specie da parte di chi non vuole aprire le tasche. Ma
anche da parte dei pigri, o dei nostalgici, o di chi vuol
dimenticare. Gli uomini di buona volontà , invece, potranno sedersi
di nuovo insieme in un lutto ideale, che però sarà certo, una
volta compiuto, portatore di nuove energie vitali.
Fiamma Nirenstein