Il Parlamento approva all'unanimità la mozione sulla Siria

La Camera,
premesso che:

dal 15 marzo 2011 nell'ambito delle rivoluzioni popolari chiamate complessivamente «primavera araba», anche in Siria si svolge una rivolta contro il regime alawita di Bashar al Assad. Iniziata con una manifestazione di universitari, in pochi giorni si è trasformata in un movimento popolare di enormi proporzioni. Il 18 marzo 2011 è stato proclamato il «giorno della collera» contro il regime, sfociato nel sangue con la repressione violenta delle manifestazioni da parte delle forze di sicurezza. Il primo focolaio degli scontri è stato Daraa, al confine con la Giordania, ma le proteste si sono presto estese, fra l'altro, a Homs, Banias, Latakia, Samnin e Damasco;

secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani, in tre mesi sono stati uccisi oltre 1.400 civili e circa 10.000 sono stati arrestati. Più di 10mila siriani in fuga dalle violenze hanno trovato rifugio in Turchia. Altri 5.000 profughi sono accampati sul lato siriano del confine con la Turchia;

nei primi giorni della rivolta il presidente Bashar al Assad ha dichiarato: «si tratta solo di un piccolo malcontento che non giustifica un cambiamento politico». A tre mesi di distanza le richieste di cambiamento politico continuano a crescere e l'intero Paese è oramai caratterizzato da una situazione di vero e proprio conflitto civile, represso duramente anche con la tortura e l'assassinio di bambini, come documentato da diversi filmati e dalle testimonianze dei parenti delle vittime;

la repressione è guidata dalla famigerata Quarta Divisione Corazzata agli ordini di Maher al Assad, fratello del rais Bashar al Assad, dimostrando così che la famiglia Assad, il cui capostipite Hafez già nel 1982 aveva compiuto un massacro di 20.000 dissidenti nella città di Hama, continua sulla linea di una sanguinosa repressione dei dissidenti da parte di una minoranza etnico religiosa, attualmente sostenuta con forti mezzi dal regime iraniano;

Bashar al Assad ha consolidato anche il sostegno all'organizzazione terroristica di Hamas, riconosciuta come tale anche dall'Unione europea dal 2004, la cui presenza a Damasco consta del principale ufficio dell'organizzazione guidato da Khaled Mashal. Assad mantiene anche stretti rapporti con gli Hezbollah, organizzazione estremista islamica shiita, armata dall'Iran con l'aiuto siriano, che tiene oggi il Libano in uno stato di intimidazione tramite un Governo minoritario;

la Repubblica islamica di Iran osserva con attenzione quel che accade in Siria, offrendo appoggio alle forze del regime e alla repressione della rivolta nel Paese; secondo quanto riferiscono diverse testate giornalistiche e testimonianze, a guidare i poliziotti antisommossa nella città di Latakia ci sarebbero elementi che non vestono la divisa della polizia e che tra loro parlano in persiano; sono stati notati anche diversi elementi identificati come Hezbollah;

il 5 giugno 2011 nell'anniversario dell'inizio della guerra dei sei giorni, centinaia di siriani palestinesi hanno cercato ripetutamente di sfondare il confine tra Siria e Israele e fare irruzione attraverso la linea di frontiera lanciando pietre e ordigni incendiari. Secondo quanto emerso da fonti di intelligence, il regime di Damasco avrebbe offerto 1000 dollari a ogni rivoltoso disposto a recarsi al confine e a provocare la reazione dei soldati israeliani, di modo da distogliere l'attenzione mondiale dalle stragi perpetrate in Siria contro i manifestanti anti-governativi;

il 20 giugno 2011, il presidente Assad ha parlato per la terza volta dall'inizio delle agitazioni in Siria, accusando la rivoluzione popolare di essere: «una cospirazione progettata all'estero e perpetrata all'interno del nostro paese»;

nel mese di aprile 2011 tuttavia, il rais aveva ammesso che «la distanza tra il governo e la sua gente ha generato la rabbia popolare». C'è la «piena e assoluta convinzione nel processo di riforma perché rappresenta l'interesse nazionale», ha affermato anche Assad. «Il problema è quale riforma vogliamo e quali sono i suoi contenuti»;

appare evidente, dunque, per ammissione dello stesso presidente Assad che in Siria non si trattava e non si tratta di un malcontento marginale e che, al contrario, appaiono indispensabili cambiamenti politici fondamentali;

nel maggio 2011, l'Unione europea ha imposto sanzioni a 13 esponenti del regime siriano che prevedono il bando del visto d'ingresso all'interno dei Paesi dell'Unione e il congelamento dei beni posseduti sul territorio europeo;

il 22 giugno il Ministro degli esteri siriano, Walid al Muallim, a seguito dell'accordo raggiunto in sede Unione europea per estendere la lista delle sanzioni nei confronti del regime siriano a tre iraniani accusati di fornire sostegno alla violenta repressione messa in atto dal governo di Damasco, ha dichiarato; «Cancelleremo l'Europa dalla nostra mappa geografica. Da ora in poi guarderemo ad est» e ha definito le sanzioni «un atto di guerra»;

il rischio che la Siria si trasformi di fatto in una fonte di instabilità gravissima per il Medio Oriente e per il mondo intero è molto serio. Soltanto una corretta politica di sanzioni e di condanne può bloccarne la deriva e fermare la strage e la violazione di tutti i diritti umani, che peraltro ha radici consolidate nella storia del regime alawita;

la Siria è rimasta soggetta ininterrottamente a uno stato di emergenza nazionale in vigore dal 1963 che, negli anni, è stato impiegato per reprimere e punire anche il pacifico dissenso; militanti politici, difensori dei diritti umani, blogger, esponenti della minoranza curda altre persone che avevano criticato il Governo o avevano attirato l'attenzione sulle violazioni dei diritti umani sono stati sottoposti ad arresti arbitrari e spesso a detenzione prolungate, oppure sono stati condannati a pene detentive al termine di processi iniqui davanti a tribunali altamente inadeguati; tra questi figuravano prigionieri di coscienza. Ad altri ex detenuti è stato altresì interdetto l'espatrio;

secondo il rapporto diritti umani del 2011 di Amnesty International, la tortura e altri maltrattamenti sono comunemente utilizzati contro i dissidenti, il sistema giudiziario funziona secondo evidenti scelte politiche, le morti sospette in custodia sono svariate e la pena di morte è prevista in un largo numero di casi. In due occasioni, il 18 dicembre 2008 e il 21 dicembre 2010, all'Assemblea generale delle Nazioni Unite la Siria ha votato contro la risoluzione per la moratoria delle esecuzioni capitali;

le donne hanno continuato a veder loro negata la parità rispetto agli uomini in ambito legislativo, in particolare in riferimento alla legge sullo status personale in materia di matrimonio e di eredità e al codice penale, che prevede pene minori per l'omicidio e altri reati violenti commessi nei confronti di donne, in cui la difesa dell'«onore» della famiglia viene considerata un'attenuante;

la Siria è abitata da una maggioranza arabo-sunnita e da 74 gruppi etnici e religiosi, di cui alcuni vedono violati costantemente i propri diritti. I curdi, che comprendono il 10 per cento della popolazione e risiedono per lo più nel nord-est del Paese, continuano a subire discriminazioni; migliaia di essi sono risultati d'un tratto apolidi e pertanto privati della parità di accesso anche ai diritti socio-economici;

l'asse Damasco-Teheran, che si è consolidato e integrato sotto il profilo militare durante la guerra Iran-Iraq tra il 1980 e il 1988, oggi è saldamente presidiato e difeso dai «consiglieri» pasdaran, in quanto la possibile caduta del regime di Bashar el Assad costituirebbe un vulnus esiziale per la Repubblica islamica, che infatti definisce le manifestazioni in corso in Siria «un complotto dell'Occidente»;

nel febbraio 2011 a pochi giorni dalla caduta del regime di Mubarak in Egitto, due navi da guerra iraniane, dopo aver attraversato il canale di Suez per la prima volta dopo la rivoluzione islamica del 1979, hanno attraccato nel porto di Latakia in Siria. In seguito al loro arrivo, il 2 marzo, Mahmoud Ahmadinejad e Bashar al Assad hanno firmato il protocollo che avvia i lavori, subito iniziati, per trasformare il porto di Latakia in una grande base militare per la marina iraniana, in grado di ospitare navi da guerra, sommergibili e batterie lanciamissili antinave e antiaeree;

le speranze della comunità internazionale, in primis degli Stati Uniti, sembrano ormai, anche nelle dichiarazioni del Sottosegretario di Stato Hillary Clinton, da ritenersi irrealistiche e irrealizzabili; 

di questi giorni un appello rivolto ai 15 componenti del consiglio di sicurezza dell'ONU, firmato da 7 scrittori di fama internazionale, Bernard-Henri Levy, Amos Oz, David Grossman, Salman Rushdie, Umberto Eco, Orhan Pamuk e Wole Soyinka, che chiede di approvare una risoluzione di condanna della repressione in Siria come crimine contro l'umanità;

in questo quadro appare necessario un intervento diplomatico sistematico finalizzato a evitare che la questione siriana venga lasciata a se stessa;

impegna il Governo:

a operare affinché si crei a livello internazionale una pressione determinante nei confronti del Governo siriano volta a far cessare qualsiasi violenza nei confronti del popolo siriano e a garantire che siano compiute scelte politiche che rispecchino le sue richieste;

a promuovere l'estensione delle sanzioni contro il regime siriano di modo che la riprovazione del consesso internazionale assuma un carattere concreto;

a monitorare la posizione internazionale della Siria di modo che non possa compiere azioni di destabilizzazione regionale;

ad adoperarsi per impedire che la Siria introduca potenze e forze di sicurezza straniere sul suo territorio onde reprimere i manifestanti;

a esercitare pressioni, a livello europeo e internazionale, affinché una missione di inchiesta delle Nazioni Unite, già richiesta dall'Alto Commissario per i diritti umani, possa visitare la Siria e valutare la situazione umanitaria del Paese, nonché ad assumere iniziative perché il regime siriano garantisca l'accesso alla stampa internazionale; 

a impegnarsi in sede di nazioni Unite affinché il consiglio di sicurezza si pronunci sulla crisi siriana.
(1-00669)

«Nirenstein, Corsini, Polledri, Adornato, Della Vedova, Vernetti, Boniver, Maran, Renato Farina, Lorenzin, D'Antona, Calderisi, Pianetta, Urso, Di Virgilio, Barbieri, Bertolini, Picchi, Cosenza, Gianni, Fiano, Colombo, Sbai».


Italian Parliament passes unanimously a resolution on the Syrian crisis

Statement by Fiamma Nirenstein, Vice-president of the Committee on Foreign Affairs of the Italian Parliament

“I express my greatest satisfaction for the unanimous approval, today in the Chamber of Deputies, of a bipartisan resolution on the ongoing crackdown in Syria, which I presented as first signatory. This resolution represent also the fulfilling of the commitment we took upon, with many colleagues, with Farid Ghadry, leader of the Reform Party of Syria, we hosted in the Parliament last month.

We are the first European parliament to adopt, on the Syrian crisis, a bipartisan act involving the entire legislative assembly, without political distinctions, binding the government on several issues, from the protection of Syrian citizens to the mobilization at the EU and UN to create an international diplomatic pressure on the Damascus regime.

In my voting declaration, I reasserted that the international community must stand united to defend the human rights of the Syrian population, fighting against a government that has being oppressing it for decades. Moreover, as put down in the resolution, for the sake of peace in the Middle East, it is time to shine a light on the key role of Syrian in the regional dynamics, of its relations with its protégé Hamas and Hezbollah and its strict ties to Iran”.

Here you can read the entire text of the resolution:

Motion to discuss the ongoing crackdown in Syria 

The Chamber of Deputies,

Whereas

Since March 15, in the wake of the widespread popular protests called “Arab spring”, Syria too has been shaken by a revolution against the Alawi Regime of Bashar al Assad. It started with a rally of university students and, in a few days, it has turned into a popular movement of enormous proportions. On March 18 2011, a “day of rage” against the regime was proclaimed, which resulted in a bloodshed caused by a violent crackdown of protests by security forces. The first hot spot was Daraa, at the border with Jordan, but the protests quickly spread to Homs, Banias, Latakia, Samnin and Damascus;

According to the Syrian Observatory for Human Rights, in three months more than 1,400 civilians have been killed and about 10,000 people have been arrested. More than 10,000 Syrians are fleeing from violence and they are finding refuge in Turkey. Another 5,000 refugees are camped on the Syrian side of the border with Turkey;

In the first few days of the uprisings, President Bashar al Assad  stated: “It is only a minor discontent which does not justify a political change”. Three months later, the demand for a political change is growing and the whole Country is by now beset by a true civil war, which is harshly cracked down even with torture and killing of children, as shown in several videos and testified by the victims’ relatives;

The crackdown is led by the infamous Fourth Armored Division under the command of Maher al Assad, brother of the rais Bashar al Assad. This shows that the Assad family – whose founder Hafez had already slaughtered 20,000 dissidents in the city of Hama in 1982 – persists in the path of a bloody repression against dissidents by an ethnic religious minority, which is currently supported by the Iranian regime with very significant resources;

Bashar al Assad has also consistently supported Hamas, the terrorist organization also recognized as such by the European Union in 2004, that has its headquarters in Damascus run by Khaled Mashal. Moreover, Assad has close relations with Hezbollah, a Shiite Islamic extremist organization armed by Iran with the help of Syria, that currently keeps Lebanon in a state of intimidation through a minority government;

The Islamic Republic of Iran is following what is happening in Syria with great attention, by providing support to the forces of the regime to crackdown the revolt in the Country. According to the press and to some witnesses, in the city of Latakia the anti-riot police forces are led by individuals without a uniform who speak Pharsi; in addition other people have been identified as Hezbollah;

On June 5, Palestinian-Syrians have repeatedly tried to march across the border between Syria and Israel and swarm into the Country; according to intelligence sources, the Damascus regime offered 1000 dollars to each protester willing to go to the border to provoke the reaction of Israeli soldiers so as to distract the world’s attention from the massacres perpetrated in Syria against the anti-government protesters;

On June 20, President Assad spoke for the third time since the beginning of the uprising in Syria, accusing the revolution to be “a plot orchestrated abroad and conducted inside our country”;

However, in April, the rais had conceded that “the distance between the government and its people had generated their anger”. And he added that there is the “full and absolute belief in the reform process because it is in the national interest”. “The problem is which reform we want and its content”;

Therefore, even President Assad has clearly recognized that there is more in Syria than a marginal form of dissatisfaction. Indeed fundamental political changes are required;

Last May, the European Union imposed sanctions against 22 members of the Syrian regime who shall be denied an entry visa in the EU member countries and have their assets frozen in Europe;

On June 22, following the agreement reached within the EU to extend the list of sanctions against the Syrian regime to three Iranians accused of providing support to the violent crackdown by the Damascus government, the Syrian Minister of Foreign Affairs, Walid al Muallim, stated “We will delete Europe from our geographical map. From now on we will look East” defining the sanctions “an act of war”;

The very serious risk for Syria is to become a source of extreme instability in the Middle East and for the whole world. Only a correct policy of sanction and condemnation can halt this drift and put an end to the massacre and to the violation of human rights, which has always been perpetrated by the Alawite regime;

Syria has been continuously subjected to a state of national emergency since 1963, which has been used over the years to repress and punish peaceful dissent;

Militants, politicians, human rights advocates, bloggers, members of the Kurdish minority and other people, who have criticized the government or who have attracted the attention on the violations of human rights, have been arbitrarily arrested and often imprisoned for long periods of time; or they have been convicted to prison terms at the end of unfair trials before highly inadequate courts; some of them are conscientious objectors. Former inmates have been forbidden to leave the Country;

According to the 2011 Human Rights Report by Amnesty International, dissidents are tortured and generally mistreated, the judicial system works according to clear political choices, and numerous people are suspiciously dying in custody and sentenced to death. On two occasions, December 18 2008 and December 21 2010, at the United Nations General Assembly, Syria voted against the resolution for a moratorium on death penalties;

There is still no equality for women before the law, in particular in terms of personal status in areas such as marriage, inheritance and criminal convictions. In fact, murder and other violent crimes against women to defend the “honor” of the family are considered as minor crimes, as extenuations;

The population in Syria is mostly Arab-Sunni and there are 74 ethnic and religious groups. Some of them see their rights constantly violated. The Kurds account for 10 per cent of the population and are mainly located in the Northeast of the Country. They are continuously subjected to discriminations; thousands of Kurds are actually stateless and, as a result, do not have an equal access to social and economic rights;

The axis Damascus-Teheran – which became established and integrated from the military point of view during the Iran-Iraq war between 1980 and 1988 – is currently controlled and defended by Pasdaran “advisors”. In fact, the possible fall of Bashar al Assad’s regime would be a lethal blow for the Islamic Republic, which defines the protests in Syria as a “plot of the West”;

Last February, some days after the fall of Mubarak’s regime in Egypt, two Iranian war ships went through the Suez Canal for the first time since the 1979 Islamic revolution and docked at the port of Latakia in Syria. Following their arrival, on March 2, Mahmoud Ahmadinejad and Bashar al Assad signed a protocol to immediately start the works to transform the Latakia port into a military base for the Iranian Navy, with the possibility to accommodate war ships, submarines and batteries to launch missiles against ships and aircrafts;

The hopes of the international community, first the United States, to engage in dialogue with the present Syrian regime, seem by now unrealistic and unfeasible, as also recently declared by Undersecretary of State Hillary Clinton;

Recently the 15 members of the United Nations Security Council have received an appeal signed by 7 internationally renowned writers such as Bernard-Henri Levy, Amos Oz, David Grossman, Salman Rushdie, Umberto Eco, Orhan Pamuk and  Whole Soyinka, calling for a condemnation resolution against the repression in Syria as a crime against humanity;

in this framework, a systematic diplomatic intervention is necessary to concretely tackle the situation in Syria;

Commits the Government to:

Work in order to mount a strong international pressure on the Syrian Government to put an end to any form of violence against its people and to enact political choices to meet their demands;

Extend the sanctions against the Syrian regime so as to obtain a concrete outcry from the international community;

Monitor the international position of Syria in order to prevent it from adopting regional destabilizing actions;

Work to prevent Syria from introducing foreign powers and security forces into its territory to crackdown on its protesters;

Exercise pressures, at European and international level, so that a United Nations mission  - already requested from the High Commissioner for Human Rights – is allowed to visit Syria and to evaluate the humanitarian situation in the Country and that the Syrian regime enable the international press to enter the Country;

Exercise its influence within the United Nations to convince the Security Council to discuss the Syrian crisis.

«Nirenstein, Corsini, Polledri, Adornato, Della Vedova, Vernetti, Boniver, Maran, Renato Farina, Lorenzin, D'Antona, Calderisi, Pianetta, Urso, Di Virgilio, Barbieri, Bertolini, Picchi, Cosenza, Gianni, Fiano, Colombo, Sbai».

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