Fiamma Nirenstein Blog

IL NUOVO RABIN

martedì 18 maggio 1999 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein LA rivoluzione che ieri s'è compiuta nella politica israeliana porta un nome, chiaro e scandito: pace. La vittoria di Ehud Barak ha innanzitutto questo significato: dopo tre anni in cui il retaggio di Yitzhak Rabin e di Shimon Peres era stato messo da parte, in cui si erano deteriorati i rapporti con i palestinesi e col mondo arabo intero, il popolo di Israele riprende la sua strada. Non solo perché Barak è uomo che ha manifestato più volte la decisione di avanzare verso un accordo onnicomprensivo e definitivo con Arafat, di trovare la via per uscire dal Libano, di ristabilire con gli Stati Uniti e con l'Europa rapporti di collaborazione e non di contrapposizione, ma anche perché la sua personalità è tale da riproporre quella integrità sofferta e prudente di cui Rabin era campione. Israele ha votato anche sulla sua propria fisionomia, su come vuole essere ed apparire: ha scelto di essere rappresentata secondo le sue migliori tradizioni, laica, idealista, fiduciosa nella tensione ideale verso la pace e anche però forte e decisa di fronte ai pericoli. Se come i numeri sembrano promettere, Barak potrà formare un governo libero dalle pastoie dei partiti religiosi e nazionalisti, la pace sarà intrapresa con molta forza, persino forse con la collaborazione del Likud da un personaggio che è un vero citoyen e anche, come Israele richiede per essere rassicurata, un vero soldato: sul modello di Rabin, cui ieri Israele ha costruito, sia pure in ritardo, il migliore monumento.

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