IL NUNZIO MONS. SAMBI, PROTAGONISTA DI UNA MARCIA DELLA PACE SULLA CITTA’ « La guerra a Betlemme è uno choc per il mondo»
mercoledì 24 ottobre 2001 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
C'È stato un momento di grande sorpresa quando il Nunzio apostolico a
Gerusalemme, Monsignor Pietro Sambi, ha tenuto stamani il suo
discorso nella
Chiesa della Natività a Betlemme. Insieme con gli alti prelati
rappresentanti delle 13 fedi cristiane in Terra Santa (latini,
greco-ortodossi, maroniti, armeni,ecc., Sambi aveva marciato alla
testa di
una folla di cristiani dal check point. La cittadina è semioccupata
dai
carri armati israeliani e punteggiata di spari palestinesi che si
sentivano
nettamente durante la preghiera. « Chiediamo per tutti la pace, per i
palestinesi nella giustizia e nelle libertà , e per gli israeliani
nella
sicurezza» , ha detto Sambi. Dalla platea mista di fedeli cristiani e
di
musulmani ha avuto un applauso. « Non me l'aspettavo» , ci dice
soddisfatto
nella sua casa adiacente al Monte degli Ulivi.
Per quale ragione ha scelto una strada diversa da quella solita
della
Chiesa, sempre filopalestinese?
« Abbiamo deciso la nostra marcia dopo che il Papa ha espresso il suo
dolore
per Betlemme. Pensare alla culla di Gesù così a lungo tormentata
dagli
spari, con tanti morti e tante devastazioni, non è cosa ragionevole
per una
mente religiosa. Inoltre dall'inizio dell'Intifada Betlemme e i suoi
sobborghi di Beit Jalla e di Beith Sahur, il Campo dei Pastori, sono
diventati campi di battaglia; ora che i carri armati israeliani sono
entrati
nella città , sono tempestato dalle telefonate dei fedeli del luogo.
Esprimono paura, mancanza di speranza, l’ assenza di un orizzonte
futuro, e
le stesse sensazioni sono nell'altro campo. Così abbiamo deciso un
pellegrinaggio: il documento firmato da tutte le confessioni
cristiane
chiede che cessi ogni intervento degli israeliani ma anche la fine
immediata
di ogni forma di violenza dalle due parti» .
Il sindaco di Gerusalemme, Ehud Olmert, ha detto che i palestinesi
sfruttano
Betlemme e l'interesse mondiale per la Grotta della Natività per
provocare
reazioni, sparando da Beit Jalla su Gilo.
« Portare la guerra e la distruzione a Betlemme chocca il mondo
cristiano
intero. Tutti lo devono sapere» .
Ma chi ne ha le responsabilità ?
« Da una parte, nel settore palestinese c'è disordine, ognuno fa
quello che
vuole contro gli interessi della pace e dei palestinesi tutti. I
fatti ci
sono, gruppi armati palestinesi si sono serviti di luoghi santi
cristiani
per proteggersi mentre sparavano. Ma negli ultimi giorni ci sono
stati molti
morti palestinesi, proiettili sono caduti sull'ospedale della Sacra
Famiglia, sono state colpite condotte d’ acqua, l’ Università
cattolica: c'è
choc. Ci sono analogie fra la paura della gente di qua e quella degli
israeliani che sono bersaglio dei cecchini palestinesi e dei mortai» .
Qual è il messaggio del Nunzio a Gerusalemme in una situazione del
genere?
« Più che un messaggio, le elencherò alcune cose che mi colpiscono: la
sensazione che la violenza sia diventata una componente psicologica
pericolosissima, che abbia creato una paura di vivere che oscura il
futuro.
Quindi, un cristiano deve chiedere alle due leadership di ricostruire
la
speranza, di tornare a parlare di pace. Bisogna che ambedue i popoli
mettano
sul tavolo i propri diritti e i propri doveri e a quelli si attengano
con
scrupolo. In secondo luogo: il terrorismo. Esso non si giustifica
mai, ma
trova le proprie autogiustificazioni in questa situazione irrisolta.
Ecco
così che vedo sui giornali arabi, nelle loro vignette, in Siria, in
Egitto,
in Giordania, una nuovo fenomeno di autentico antisemitismo di cui
sono
preoccupato» .
Torniamo al ruolo dei cristiani, prima di tutto a Betlemme: i
cristiani sono
andati diminuendo, in fuga di fronte a un mondo circostante ostile.
Come
vede qui i rapporti fra Islam e Cristianità ?
« I palestinesi non devono mai dimenticare che nei loro territori c'è
il
luogo di nascita di una delle grandi religioni. Nei rapporti fra
Islam e
Cristianità c'è un cammino da fare per una maggiore tolleranza
reciproca, e
per aiutarsi a uscire da quella mancanza di un orizzonte di pace in
cui si
vive oggi e che promette un'escalation di violenza per il futuro» .