IL NODO PIU’ DIFFICILE DELLA PACE: UNA CAPITALE PER DUE POPOLI DIV ISI Per la Gerusalemme di domani mille trovate, nessuna soluzione
venerdì 8 settembre 2000 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
FORSE la più bella è quella della « sovranità divina» sulla Spianata
delle
Moschee, oppure quella dei sei centimetri di sovranità sul Muro del
Pianto... la verità è che Gerusalemme oltre che una grande quantità
di
emozioni suscita negli ultimi mesi una frenesia di invenzioni
risolutorie
così stravaganti da apparire, si perdoni la franchezza, quasi
insensate.
Viene persino il sospetto che si tratti di un gioco di marpioni che
usano un
fumo colorato per coprire una realtà di trattativa che non piace agli
estremisti sempre in agguato.
La « sovranità divina» viene fuori un paio di mesi fa, alla vigilia di
Camp
David, quando si è capito che Israele è pronta a cedere i quartieri
arabi di
Abu Dis, Beit Hanina, Shuafat e anche a fare concessioni nella Città
Vecchia, sulla spianata delle Moschee; ma Arafat non vuole e non può
recedere dalla richiesta di tutta Gerusalemme Est e tutta la Città
Vecchia,
a causa della risoluzione dell'ONU 242, che prevede la restituzione
« di
territori occupati» durante la Guerra dei Sei Giorni. Arafat la
intende come
consegna totale dell'intera città nelle sue proprie mani, anche se
nel ‘ 67
era la Giordania il padrone di casa. Si dice che il rais in cuor suo
apprezzi le offerte di Barak ma il mondo arabo lo spinge con tutte le
forze
a non cedere su quella che ritiene la terza città sacra all'Islam.
Gli
israeliani se ne devono andare. E dopo che Arafat ha detto « no e poi
no»
esce l'ipotesi divina della « sovranità diretta di Dio» , ovvero
l'idea, in
definitiva, che sul Monte del Tempio, detto dai musulmani Al Haram,
si
istauri un potere trascendente, che in parole povere significa che
gli
israeliani rinunciano alla loro sovranità . E allora, visto che
difficilmente
Dio manderà i suoi angeli in divisa da poliziotto, chi terrà
l'ordine?
Poliziotti israeliani o palestinesi? E chi avrà per esempio il
compito di
multare, o di imprigionare, o di stabilire orari di apertura e
chiusura? Chi
dirigerà il condominio, quando al piano di sopra hai la pietra su cui
posò
il piede Maometto e sotto il Muro del Pianto? Dio, naturalmente, chi
meglio
di Lui. L'ha ribadito anche un falco come Ehud Olmert, il sindaco di
Gerusalemme che fino a poco tempo fa non era pronto a mollare neppure
un
centimetro. Ma per Dio si fa questo e altro, soprattutto quando
questo
vorrebbe dire che allora resta tutto com'è , con il WAQF,
l'organizzazione
che sovrintende ai luoghi santi musulmani, che sotto Arafat resta
padrona
dei templi e della spianata, e fuori dalla porta Israele che
garantisce
anche il potere ebraico. Se poi la sovranità di Dio non risultasse
convincente, ci sarebbe la divisione a torta Sacher, quella a strati:
l'hanno inventata gli americani durante il summit di Camp David,
forse mossi
dalla disperazione. Essa prevede che le Moschee vadano ai musulmani,
il muro
del pianto agli ebrei, il sottosuolo archeologico a un'organizzazione
che si
alterna a seconda dei resti, e la spianata in mezzo alle Moschee, di
nuovo a
tutti e a nessuno. Chissà . Forse si potrebbe fare una settimana per
uno. In
sostanza, anche così resterebbe poi in vigore lo status quo. Poi c'è
la
soluzione dei 6 centimetri, che forse però è solo una barzelletta.
Quando
meno di una settimana fa persino il ministro degli esteri più
cedevole della
storia d'Israele, Shlomo Ben Ami, ha detto che, insomma, era
impensabile che
Arafat seguitasse a immaginarsi di poter mettere le mani su tutta
Gerusalemme, persino sul Muro del Pianto, dato che gli ebrei sono qui
per
questo e che comunque tutta l'archeologia è fantastica o quasi,
fuorché il
fatto che là ci fosse il Secondo Tempio, Feisal Hussein, il
riconosciuto
leader palestinese di Gerusalemme, cominciò a dire che forse il Muro
poteva
restare agli ebrei. Ma poiché esso è anche un muro perimetrale,
ormai, anche
delle Moschee, può esserlo solo per sei centimetri verso l'esterno,
così che
gli ebrei ci possano mettere i bigliettini.
Un'altra visione fra il sogno e l'incubo è la proposta di unire il
quartiere
di Abu Dis, sul Monte degli Ulivi, con la Città Vecchia sulla solita
spianata delle Moschee, attraverso una magnifica passerella sospesa,
così
che Arafat possa passare da casa sua a casa sua senza vedere neppure
un
poliziotto ebreo. In più gli si sarebbe approntando un ufficio nella
Città
Vecchia, sempre da raggiungere con mezzi rocamboleschi. Poi c'è la
Vecchia
richiesta della Chiesa di internazionalizzare Gerusalemme mettendogli
in
testa dei padrini che nessuno vuole, e infine la proposta egiziana di
una
sovranità con reciproca sorveglianza. Tutta Gerusalemme verrebbe così
suddivisa e condivisa. Capito? Non tanto. Ma il fumo è alto, la
nebbia
avvolge ancora il futuro e forse non abbiamo capito tanto bene.