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Il ministro degli Esteri tedesco rilancia il ruolo dell’ Europa in M edio Oriente I fiori bianchi di Fischer

domenica 10 giugno 2001 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein LA storia di come Joschka Fischer, ministro degli esteri tedesco giusto di quella generazione che ha trascorso l'adolescenza interrogandosi sulle responsabilità dei suoi padri (tedeschi, europei, cristiani) abbia d’ un tratto reso importante il ruolo europeo in Medio Oriente ha molteplici significati. Il riassunto degli eventi è questo: Fischer assiste dall’ albergo dove dorme sul lungomare all’ eccidio terrorista di Tel Aviv. La mattina visita il luogo dove il terrorista palestinese ha ucciso venti ragazzini e ferito un centinaio. Porta un mazzo di fiori bianchi. Lo stesso giorno visita Arafat due volte, molto rabbuiato. Si riporta che alla domanda se il rais non si senta colpito nel profondo dalla strage di tanti giovani, Arafat risponda allo stupefatto ministro: « Non mi dica che voi tedeschi vi siete pentiti nel profondo della Shoah» . Fischer durante questi incontri costringe Arafat a quello cui nessuno, neppure gli americani lo avevano mai costretto: il capo dei palestinesi condanna l’ attentato e dichiara il cessate il fuoco. In arabo. Agisce con sincerità ? Di sicuro agisce sotto una costrizione primaria: d’ un tratto gli è venuto a mancare il supporto morale decisivo, il sostegno principale per cui non ha mai pagato pegno. Senza Chirac, senza gli italiani, senza i tedeschi e gli spagnoli Arafat non avrebbe probabilmente mai potuto sostenere con successo l’ Intifada di Al Aqsa. Non dopo aver rifiutato le offerte grandiose che Barak gli aveva portato a Camp David e l’ imprudente mallevadoria di Clinton. Non avrebbe potuto riproporre come fondamentale il tema marginale (seppur importante in sé ) a questo scontro a carattere esistenziale e religioso (la dimensione territoriale dopo l’ offerta del 97 per cento dei territori rifiutata, dov’ è ?), il tema degli insediamenti come motivo fondamentale dello scontro. Non avrebbe soprattutto potuto vendere il tema distruttivo e senza sbocco del ritorno dei profughi. Non avrebbe mai e poi mai potuto diffondere l’ idea folle che Gerusalemme sia una città a radici soprattutto musulmane, la cui « giudeizzazione» come dice Hana Ashrawi, è un’ invenzione politica. È ormai nel senso comune mondiale, che i palestinesi debbano finalmente realizzare il sogno nazionale in uno Stato. È nelle cose, è giusto, l’ Europa fa bene a darsi da fare per questo. Ma la sua militanza eccessiva le ha poi fatto perdere qualsiasi ruolo: mentre lo scontro si faceva incomprensibile e pretestuoso, mentre si tingeva di un’ incitazione a uccidere gli ebrei (« Ovunque si trovino!» come hanno ripetuto mufti, politici e commentatori palestinesi e del mondo arabo intero dall’ Ottobre scorso in Moschea, sui giornali alla tv) ha avallato l’ idea falsa di un’ aggressività bilaterale; ha avallato l’ immagine del Davide contro Golia mentre l’ Autonomia Palestinese conta ormai 85mila uomini armati, e mentre le organizzazione terroristiche tengono un intero Paese democratico sotto frusta. Che cosa è accaduto per cui Fischer improvvisamente ha capito che bisognava svoltare per ritrovare un senso, un ruolo? Non basta ricordare che Sharon aveva giustamente messo in atto una politica di cessate il fuoco e di non rappresaglia. Cruciali sono stati sull’ ex giovane radicale il sangue dei giovani innocenti e il riferimento alla Shoah. Fischer ha d’ un tratto visto che in questo scontro si sparge per motivi d’ odio, e non solo nazionali, il sangue degli ebrei. Che Israele è un paese indispensabile alla loro sopravvivenza, che è proibito odiarlo in quanto tale anche se è invece concesso combatterlo per motivi politici. Fischer ha visto quello che l’ Europa aveva perso di vista da tempo: che l’ uscita da Auschwitz, anche per lei, è solo Israele. Che qui vivono i figli di quegli stessi ebrei che l’ Europa ha sterminato. Improvvisamente deve avergli fatto orrore l’ odio antiebraico, la negazione dell’ Olocausto, le caricature antisemite del sionista nasuto e pieno di dollari, un fenomeno a sè nell’ ambito di questa Intifada. D’ un tratto i residui dell’ antigiudaismo cristiano e comunista, della grandeur coloniale francese e della astuta prudenza italica verso i mussulmani gli devono essere apparsi nella loro realtà . Capito questo, per la prima volta da anni, l’ Europa ha riconquistato un ruolo di pace in Medio Oriente tornando alla sua memoria.

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