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IL MESSAGGERO DEL PAPA IN MEDIO ORIENTE « La Chiesa osa ancora sperare » Etchegaray: sarebbe un accordo grandioso

mercoledì 3 gennaio 2001 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME SPERARE contro l’ istinto naturale della paura, contro la disperazione che in Medio Oriente sale di ora in ora: è questo il messaggio che il cardinale Roger Etchegaray porta in queste ore, da parte del Papa, agli israeliani, ai palestinesi e prima di tutto ai suoi cristiani. Alle quattro del pomeriggio ha incontrato il presidente israeliano Moshe Katzav per un colloquio molto diretto. Ieri pomeriggio ha partecipato come invitato d’ onore a un convegno di bilancio dell’ Anno Giubilare, e finalmente, stamani, incontra Abu Ala, il presidente del parlamento palestinese. Monsignor Pietro Sambi, il Delegato Apostolico che è stato a suo tempo l’ architetto della visita del Papa, ci ospita nella sua casa sul Monte degli Ulivi insieme al Cardinale. Eminenza, dunque questo Anno Giubilare non si può definire un successo fino in fondo? « E’ stato un grandissimo successo, un’ esperienza positiva completa fino al 28 di settembre, quando è scoppiato lo scontro, che certo non dipende dal Giubileo. E ci aspetta la più grande battaglia perché il successo torni ad essere completo, quella per ristabilire la speranza in un momento molto buio» . E’ questa la sua missione? Mi dispiace dirle una cosa scontata, ovvero che ogni giorno la speranza di pace si fa più fievole. « E’ vero: la speranza oggi è messa davvero a dura prova, tanto da lasciare intravedere il predominio possibile della paura da tutte le parti, e quando la paura vince, l’ uomo diviene simile ad un animale; l’ uomo che ha paura non mantiene più le sue migliori caratteristiche umane, può fare qualsiasi cosa» . E la Chiesa possiede le armi contro questo pericolo? « Soprattutto, la Chiesa può dar conto della sua grande comprensione per il dolore di tutti, e partendo da questo può seguitare a osare di proporre la pace, riconciliazione. Ho detto nella mia omelia, e lo ripeto, che sarebbe una pace grandiosa, solida quella che potrebbe stringersi fra due popoli dalla memoria martoriata da umiliazioni e vendette; che sarà una pace feconda per tutto il mondo quella compiuta in questa terra straordinaria in cui tutte le contraddizioni sono simbolicamente rappresentate, tutte le religioni figlie di Abramo sono presenti, tutte le sofferenze umane attraversate nella storia» I cristiani in questa vicenda si sono trovati molto esposti, la loro vita è diventata molto angosciosa, specie a Beit Jalla, vicino a Betlemme, da cui i tanzim sparavano al quartiere di Ghilò , provocando la risposta degli elicotteri israeliani. Si sono trovati presi nel mezzo. E si che il Papa aveva dedicato molta cura, durante la sua visita, al rafforzamento della comunità cristiana in Terra Santa. « L’ incontro ecumenico di questi giorni per la pace è già un grande risultato di questa cura. Non sarebbe stata possibile in passato. Quanto alla gente di Beit Jalla, quando ho celebrato la messa a Betlemme mi sono rivolto a loro in particolare con tutto il cuore, proprio perché la prima cura è rafforzare i cristiani. Essi hanno trascorso delle notti d’ incubo, hanno avuto molte case distrutte. E proprio da tutta questa sofferenza nasce la possibilità di contribuire, da parte cristiana, a una vera, profonda riconciliazione. Questo è il nostro ruolo oggi. La riconciliazione si può ottenere solo con la giustizia, ma la giustizia è legata all ’ amore misericordioso di cui Dio ha il segreto» . Sono parole molto meditate, molto lontane dallo scontro politico. « Questa è la nostra intenzione. Lo scopo del viaggio non è quello di favorire l’ una o l’ altra parte, ma piuttosto di incoraggiare prima di tutto la comunità cristiana e cattolica in particolare, poi di chiudere a Betlemme in solennità , come per completare in pace il viaggio papale, l’ anno giubilare; e infine, consegnare al presidente della repubblica israeliana Moshe Katzav e a Abu Ala, che rappresenta Arafat, adesso all’ estero, il messaggio della pace» . Com’ è andato l’ incontro con gli israeliani? « Conoscevo da tempo Katzav, è una persona molto gentile. Abbiamo parlato più di mezz’ ora» . Non vuole dire nient’ altro? « Certo che no, sull’ incontro specifico. Posso invece dire che abbiamo parlato esattamente con lo stesso linguaggio all’ una e all’ altra parte» . Si può intendere che la Chiesa, in un momento in cui si torna a discutere di Gerusalemme non voglia essere messa da parte. « La Chiesa ha molte idee per Gerusalemme, e ne discute da tanti anni, e tutti sanno che teniamo moltissimo a tutti quanti i nostri Luoghi santi, come il Santo Sepolcro ed altri» . Si deve intendere, che la libertà di culto viene inanzittutto. « E’ logico che sia così , e comunque i patriarchi delle varie confessioni cristiane hanno stilato e firmato tutti insieme un documento in cui è chiarissimo che la Chiesa tiene senza compromessi a ciò che spetta ai cristiani in termini di spiritualità e di storia» . Pensa che il suo messaggio di pace possa essere utile, che possa servire a qualche cosa in una situazione che non lascia per ora intravedere spiragli, e che anzi tende a diventare un conflitto d’ area? « Come cristiani, non possiamo mai dire che la pace non è possibile. Al contrario, essa è il destino degli uomini di buona volontà . E soprattutto quando la maggioranza scuote la testa, e dice che nonostante il grande desiderio di ottenerla, non è più possibile, è proprio qui che siamo messi alla prova. La si vuole veramente con tutte le nostre forze? La sfida è enorme, ma noi cercheremo di portare alle coscienze di tutti, qui, il nostro messaggio» .

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