IL LIBRO DEI VIVI E DEI MORTI
domenica 8 ottobre 2000 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
OGGI è la vigilia del Kippur, per gli ebrei giorno di riflessione e
pentimento in cui, secondo la tradizione, Dio decide chi vivrà e chi
morrà .
In queste ore la guerra in Medio Oriente torna ad essere
un’ incredibile
realtà e nulla sembra più tragicamente appropriato del Kippur.
Dal 1993, quando è stato firmato l’ accordo di pace di Oslo, sembrava
che
tutti quanti fossero finalmente iscritti nel libro della vita:
israeliani e
palestinesi. Era il pegno di un accordo storico fra le tre religioni
monoteiste. La via era stata aperta da Begin e Sadat nel 1977; la
loro
coraggiosa pace era il filo d’ Arianna per uscire dal labirinto
mediorientale. La risposta era: penose rinunce e reciproca
comprensione.
Israele ha, dopo molte resistenze, accettato l’ identità palestinese,
la
sensatezza della strada nazionale di Arafat. Le proposte del premier
Barak a
Camp David erano sembrate l’ uscita da un conflitto capace di dar
fuoco al
mondo.
All’ improvviso, la violenza ci rivela che l’ odio è intatto e la pace
non
c’ è . Il conflitto israelo-palestinese resta là , come se nessuno ne
avesse
mai individuato le soluzioni, pure quasi del tutto concordate. Sulla
scia
palestinese, gli estremisti hezbollah appaiono nel conflitto, e con
loro il
Libano e quindi la Siria comandata dal giovane leader, Bashar, che
ancora
non può imbrigliare i fondamentalisti. Sullo sfondo, l’ Iran che
finanzia
hezbollah e gli altri movimenti radicali dell’ area, e Saddam Hussein,
che
lancia grida di guerra.
Israele torna al linguaggio dello scontro, quello dimenticato della
salvezza
nella forza. « Ci avevate promesso una colomba» canta una tristissima
canzone
israeliana. Anche a noi questa colomba era stata promessa: volava
sulla pace
israelo-palestinese, e sul dialogo fra culture e religioni diverse,
il
dialogo fra mondo occidentale e mondo mussulmano, tanto importante
anche in
Italia. Una colomba che non riesce a volare.