IL LEADER STORICO DELLA LOTTA ARABA PER GERUSALEMME "Adesso la pace è più vicina" Husseini: con Netanyahu non c'era speranza
mercoledì 19 maggio 1999 La Stampa 0 commenti
                
Fiamma Nirenstein 
GERUSALEMME 
I palestinesi, dopo la straordinaria vittoria di Ehud Barak, 
cominciano a prepararsi per il nuovo match. La soddisfazione che 
circola a casa loro e in generale nella famiglia araba 
internazionale è evidente; ma lo è anche un certo stupore, un 
qualche imbarazzo di fronte all'inaspettato plebiscito a favore 
della pace concluso dagli israeliani, e al carattere del leader, un 
vero militare, ma anche un vero figlioccio di Rabin. Che fare? Cosa 
dire? La televisione egiziana si è dilungata coraggiosamente sulle 
immagini della piazza di Tel Aviv che osannava Barak, e ha mostrato 
a lungo il volto sorridente e fiero del nuovo primo ministro 
israeliano. Il ministro degli Esteri siriano, Amru Moussa ha detto 
delle parole soddisfatte soprattutto per la scomparsa di Bibi dalla 
scena. Più che sulle eventuali caratteristiche positive di Barak, 
si è soffermato sui difetti dell'impossibile vecchio 
interlocutore. Gli auguri di Arafat sono stati piuttosto tiepidi e 
cauti. Un apprezzamento per "i risultati delle elezioni 
democratiche", la speranza della ripresa del cammino di pace, e 
poco di più . Saeb Erakhat, il braccio destro del rais, ha lanciato 
un attacco preventivo dicendo che le posizioni di Barak su 
Gerusalemme, per lui capitale indivisibile dello Stato di Israele, 
sono del tutto inaccettabili. Invece il leader storico della lotta 
per Al Quds, Feisal Husseini, che incontriamo mentre si prepara al 
grande summit dello stato maggiore palestinese di ieri notte, è 
decisamente soddisfatto. 
Come si sente all'indomani di questa rivoluzione politica? 
Stupito, soddisfatto, perplesso? 
"L'aggettivo giusto è "sollevato". Netanyahu non era un 
interlocutore possibile per nessuna trattativa. Il suo carattere 
estremista impediva il dialogo. Per dirla con una metafora, con lui 
non si potevano fare affari...". Invece con Barak si può ? 
"Allo stato attuale delle cose, mi sembra di poter dire che con lui 
gli affari sono più possibili. Lo suggerisce a chiare lettere il 
suo programma elettorale, che promette agli elettori di riprendere 
immediatamente la strada degli accordi di Oslo al tavolo delle 
trattative e di avviarsi finalmente anche alla discussione 
sullo Stato definitivo. E del resto, il voto israeliano è un 
evidente invito a mettere fine alla politica di Netanyahu". Lei 
però non dimentica che Barak ha più volte dichiarato che 
Gerusalemme non si tocca, che apparterrà per sempre soltanto ad 
Israele... 
"Io penso che quando un primo ministro eletto si impegna a 
discutere lo Stato definitivo secondo l'indirizzo di Oslo e ad 
affrontare dei negoziati, sa benissimo che di Gerusalemme non 
potrà fare a meno di discutere. E conosce anche bene la nostra 
indefettibile esigenza ad avere due capitali in una città 
aperta...". Parliamo di cose più a portata di mano, lei è stato 
appena investito in pieno dal problema dell'Orient House, dalla 
minaccia del governo israeliano di chiuderla con l'accusa di 
illegittimità per le sue attività internazionali. Che cosa si 
aspetta da Barak? 
"Mi sembra comunque più propenso di Netanyahu a capire 
l'importanza politica e affettiva di questo luogo per i 
palestinesi, e quindi mi aspetto che sarà meno estremo nelle sue 
conclusioni". Il suo collega Saeb Erakhat ha già stigmatizzato la 
visione che Barak ha del futuro di Gerusalemme con parole molto 
dure... 
"Ancora una posizione comune deve essere presa: la discussione 
avverrà stasera (ieri sera, ndr). Comunque in generale i 
palestinesi si aspettano che vengano fermati gli insediamenti, che 
venga realizzato l'accordo di Wye Plantation, che cessino le 
confische di edifici a Gerusalemme Est ai palestinesi... solo in 
questo caso saremo in grado di dare un giudizio completamente 
positivo". S'è molto parlato oltre che delle sue caratteristiche 
politiche anche delle caratteristiche militari del nuovo primo 
ministro: Barak infatti non è solo un uomo di sinistra, ma anche 
un soldato abituato a comandare, un ex capo di stato maggiore che 
conosce bene la guerra contro i palestinesi. Molti fra i suoi 
sono sospettosi di Barak per questo. Lei cosa ne pensa? 
"Le caratteristiche militari di Barak, paradossalmente mi 
tranquillizzano: gli uomini che hanno conosciuto la guerra, sanno 
desiderare ardentemente la pace, e sanno lottare per ottenerla". 
Pensa che adesso che è passata una linea di pace, il terrorismo 
islamico possa mettere di nuovo fuori la testa? Nessuno dimentica 
che Peres fu fermato dagli attentati suicidi. 
"In generale penso che i tempi siano maturi perché l'atmosfera si 
rassereni e si allontana l'ombra di Netanyahu dalla scena politica, 
se c'è un clima più pacifico. Questo potrà portare a gestire 
meglio la politica della trattativa, e quindi a lottare contro il 
terrorismo". 
Si può oggi dire una parola buona sul popolo di Israele che ha 
saputo voltare pagina? 
"Sì , gli israeliani con queste elezioni hanno deciso di farla 
finita con la politica di Netanyahu e quindi hanno rifiutato il suo 
atteggiamento estremista. Dunque, direi che ci sono nuove speranze". 
            