IL LEADER LABURISTA PRENDE LE DISTANZE DALLA POLITICA DI CHIUSURA DEL PREMIER Il grande disegno di Shimon Il ministro degli Esteri punta alla pace definitiva
lunedì 16 luglio 2001 La Stampa 0 commenti
SHIMON Peres è in queste ore un vincitore, ma chissà se apparirà
tale anche
nei prossimi giorni. La sua vittoria momentanea deriva dal fatto che
di
nuovo vince la sua linea di colloquio e distensione, che subisce
scosse
gravissime ad ogni momento dal fatto che il cessate il fuoco non
decolla, la
collera per gli attacchi terroristici si diffonde, la voglia di
rispondere
duramente prende piede anche nel governo, l'esercito risponde molto
più
decisamente. Peres ha incontrato Arafat in Egitto approfittando di
una serie
di circostanze e mettendone in moto altre, per promuovere un suo
disegno che
non è lo stesso del suo primo ministro Ariel Sharon.
Le circostanze: Peres ha deciso che il viaggio al Cairo si sarebbe
trasformato in un incontro con Arafat dopo che Sharon ha mandato il
figlio
Omri a incontrare il Raì s palestinese. Omri aveva probabilmente la
missione
di avvertire Arafat dal guardarsi bene dal dare la luce verde ad
attentati
durante le Maccabiadi, i giochi sportivi mondiali che si aprono oggi
a
Gerusalemme. A questo, Omri aveva aggiunto la rassicurazione che suo
padre
non farà la guerra all'Autonomia. Come poteva Sharon criticare Peres
dopo
aver spedito il figlio? Peres ha fatto dell'incontro un'operazione
importante rispetto alla sua passione, il mondo arabo, e all'Egitto
che era
tornato a vecchie posizioni duramente anti-israeliane, e che si
appresta a
inaugurare un importante summit dei paesi arabi nei prossimi giorni:
la
discussione prevista è « il taglio dei rapporti con Israele» . Fungendo
da
patron di questa riunione, l'Egitto ha ripreso una posizione di
mediazione,
che sarà certo molto apprezzata e quindi incoraggiata dagli Stati
Uniti.
Difficilmente l'Egitto l'abbandonerà durante il summit.
La scelta di Peres di incontrare Arafat è nutrita da due disegni: il
primo è
quello di tornare a leggere e a far leggere la politica di Israele
verso di
lui come una politica di interlocuzione rispettosa. Sharon, al
contrario, ha
dichiarato più volte che Arafat non è un partner, e più volte l'ha
indicato
al mondo come un terrorista, portando le prove della sua acquiescenza
sostanziale agli attentati terroristici. E' una politica che Peres
non ha
mai condiviso, sostenendo anzi che squalificare Arafat significa
privarsi
dell'unico interlocutore esistente.
In secondo luogo, nonostante nominalmente Peres si dica d'accordo con
la
politica di Sharon di pretendere un vero cessate il fuoco, per
evitare
l'errore di Barak di discutere le concessioni sotto minaccia di
attentati,
al fondo il suo cuore batte per la ripresa dei colloqui. Anche se si
attiene
alle scelte della politica nazionale di discutere solo di sicurezza,
pure
occhieggia a una rimessa in discussione immediata degli insediamenti,
o
almeno alla promessa che saranno ridiscussi quanto prima. Peres
desidererebbe, glielo si legge negli occhi e nelle parole, che si
tornasse
al tavolo che è il più suo, non quello di « un accordo parziale» , di
un
« accordo possibile in una situazione difficile» come dice Sharon, ma
invece
di un accordo definitivo, che dia alla pace almeno in parte il suo
volto
nella storia. Peres è un personaggio con un suo grande disegno, che
per ora
non ha sfondato, anche se c'è andato vicino.
Ma lui non dispera, nonostante le circostanze dicano che anche una
politica
di concessione degli insediamenti non aiuta poi tanto (vedi cosa
successe
Camp David) lui ci vuol provare ad ogni costo. E' Oslo che ancora
brilla
nella sua mente, anche se colui che l'ha perseguito con tutte le sue
forze
dopo Rabin e lui, ovvero Ehud Barak, ha dichiarato in una recente
intervista
che solo la divisione fisica dai palestinesi può portare alla pace, e
che
Arafat è un ostacolo sulla strada di un accordo serio.
Dovrà Peres svegliarsi alla realtà che dietro l'angolo non ci sono
sette
giorni di pace, per i quali supplica Arafat, ma che invece ci sono
altri
attacchi terroristi e quindi, forse, una guerra? Nessuno lo può
escludere,
anche se tutti speriamo il contrario.