Il leader del Likud: non vogliamo tutori stranieri sul Golan. Rabin: la nostra capitale non si tocca Clinton in Siria: eppure Assad si muove <È prop rio un duro, ma prima o poi firmerà la pace>
venerdì 28 ottobre 1994 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME NOSTRO SERVIZIO Perché mai gli israeliani non
dovrebbero crederci quando parliamo di pace? Perché dovremmo fornire
rassicurazioni formali? Chi ha mai detto che queste rassicurazioni
siano legate a scambi di visite fra siriani e israeliani? Noi non
dobbiamo provare niente a nessuno. Semmai, dovrebbero essere gli
israeliani a provare a noi la loro volontà di pace. E del resto mi
risulta che anche Rabin abbia asserito, se la memoria non m’inganna,
che le nostre intenzioni sono serie. Inaspettatamente alterato di
fronte alla domanda del giornalista israeliano Hafez Assad, ritto a
fianco del presidente americano Bill Clinton nel Palazzo del Popolo
eccezionalmente aperto alla stampa internazionale, ha così , a modo
suo, ribadito tuttavia la sua volontà di portare avanti il processo
di pace; e ha confermato sotto gli occhi un po’ preoccupati del suo
prestigioso interlocutore di essergli legato da una promessa. Clinton
era arrivato alle 8 e mezzo del mattino all’aeroporto di Damasco dopo
aver percorso più agevoli terreni il giorno avanti: la cerimonia di
pace fra Giordania e Israele all’Aravà , poi da re Hussein dopo un
glorioso discorso al Parlamento giordano. Infine, ieri, l’osso duro
del coraggioso viaggio in Medio Oriente, la tappa sconsigliata da
parte dei suoi esperti: la visita ad Assad, il presidente siriano. Un
interlocutore duro, un regime dittatoriale che è sulla lista
americana dei sostenitori del terrorismo internazionale, degli
Hezbollah, di Hamas, degli integralisti islamici. Un capo di Stato
irritato per non essere stato in primo piano mentre palestinesi e
giordani portavano a compimento i loro accordi con Israele; e la
ricerca dell’accordo più difficile per Israele, ovvero il ritiro da
tutto quanto il Golan occupato. E qualcosa, anche se ancora i
risultati non sono del tutto chiari, Clinton ha certamente portato a
casa. E l’ha confermato il suo segretario di Stato Warren Christopher
che, arrivando in Israele, ha fatto un’inconsueta dichiarazione
ottimista: Clinton e Assad hanno fatto sostanziali progressi. Assad
ha esordito esprimendo grande soddisfazione per la visita del
Presidente americano, e ha confermato in stile formale che nel
colloquio durato più di un’ora si era proceduto sulla strada della
pace che tutta la popolazione dell’area desidera. E ha subito citato
le Risoluzioni dell’Onu 242 e 338, che, come si sa, vertono sul
principio . Assad ha ribadito con molta
decisione che la pace, per essere durevole, deve restituire alla
Siria l’intero Golan; se questo avverrà , ha concesso Assad alla
platea internazionale, significherà che con Israele finalmente
verranno stabilite . Non è però poi entrato nei
tanto desiderati dettagli; ma si può arguire che l’argomento sia
stato affrontato con Clinton. Senza la Siria, Assad ha
orgogliosamente ricordato, nessuno potrà mai parlare di quella pace
onnicomprensiva per cui il presidente Clinton offre il suo prezioso
aiuto. Clinton, prima che si scatenassero i giornalisti, ha voluto
citare la pace appena firmata fra Israele e Giordania: Assad si era
ben guardato dal ricordarla. Ma subito dopo il Presidente americano
ha dato a Assad tutta l’importanza che ai suoi occhi Damasco merita:
il mondo arabo dovrà finalmente accedere a questa idea. Clinton ha
chiarito che anche gli Stati Uniti sono d’accordo per l’applicazione
delle risoluzioni dell’Onu, ovvero che Israele deve restituire il
Golan alla Siria, ma subito dopo ha garantito che la pace potrà
compiersi solo in condizioni di massima sicurezza. E nel dir questo
parlava agli israeliani. Dovrà essere, ha detto Clinton, una pace
, che preservi tutti . Così
dicendo l’America ha ribadito il pesante impegno di farsi mallevadore
di qualsiasi patto possa più o meno velocemente restituire il Golan
alla Siria. I giornalisti, specie quelli americani, sono andati
dritti al segno battendo sul tasto delle coperture siriane al
terrorismo: ma Assad su questo ha mostrato un volto fra l’impassibile
e lo stupito, dell’uomo abituato a non tenere alcun conto
dell’opinione pubblica e dei media:
giornalisti, a citare un solo incidente in cui la Siria sia stata
coinvolta. E comunque col presidente Clinton abbiamo parlato del
processo di pace, e non di terrorismo. Ma qui Clinton ha ripreso la
parola senza esserne richiesto, in evidente polemica col Presidente
siriano: ci siamo detti che ambedue, poiché sosteniamo la pace, non
vogliamo e non tolleriamo gli eccidi di popolazione civile innocente.
È un uomo duro - ha detto Clinton parlando di Assad sull’aereo per
Tel Aviv - ma vuole sicuramente concludere la pace. E l’ha
confermato alla Knesset e nella conferenza stampa, aggiungendo:
. Il
presidente siriano, ha rivelato, si è persino detto spiaciuto per
l’attentato al bus a Tel Aviv. Solo il leader del Likud, Netanyahu,
ha guastato la festa, affermando che Israele non ha bisogno di tutori
stranieri sul Golan: l’America ha offerto truppe per garantire la
pace con la Siria. Uno sgarbo che certo avrà strascichi in
Parlamento. Fiamma Nirenstein