IL LATO OSCURO DELL’ INFORMAZIONE
domenica 22 ottobre 2000 La Stampa 0 commenti
                
Fiamma Nirenstein 
IL rappresentante dell'Iraq al summit arabo di ieri ha chiamato 
Israele "la 
sporca entità sionista" varie volte nel suo discorso al Cairo; la 
larga 
maggioranza dei leader che erano là a rappresentare i loro popoli, 
compresa 
l'Arabia Saudita, hanno ripetuto inviti alla guerra santa fornendo 
un'inverosimile immagine di un Israele genocida e aggressivo. Dopo un 
processo di pace lungo 7 anni, in cui Israele ha messo sul tavolo 
grandi 
rinunce, Rabin ha sacrificato la vita e Barak era pronto a 
sacrificare metà 
di Gerusalemme, il mondo arabo racconta la favola di un Israele 
occupante 
spietato che non vuole la pace. E in sostanza l'informazione mondiale 
non ne 
fa scandalo, così come si è in genere accettata l'esclamazione 
ripetuta che 
gli ebrei sparino addosso ai bambini per proprio gusto, o per cui le 
folle 
che attaccano i soldati israeliani sono « inermi» . Informazioni 
incamerate 
come vere dalla professoressa di scuola, dal negoziante, 
dall'avvocato 
italiani. Eppure i fucili si vedono, i kalashnikov si sentono, le 
dinamiche 
complesse di manifestazioni in cui si mescolano bambini, Tanzim, 
poliziotti 
palestinesi, sono sotto gli occhi di tutti. E tuttavia c'è una 
« velina» 
accettata per cui la folla palestinese resta « inerme» ; e dei bambini, 
solo 
la regina di Svezia ha osato dire che sono usati cinicamente. Perché ? 
Non 
solo perché , come si è visto, la nostra cultura giornalistica ha 
prodotto 
molte persone pronte a farsi travolgere psicologicamente e moralmente 
dai 
loro sensi di colpa verso il Terzo Mondo o da un complicato rapporto 
con gli 
ebrei. Ma anche per un motivo enormemente cogente e molto specifico, 
cui 
tutti dobbiamo porre la nostra attenzione anche perché non vale solo 
in 
Medio Oriente. 
L'informazione si ricava da fonti. Esse sono più o meno buone a 
seconda 
delle loro caratteristiche. Un mondo autocratico in cui non esistono 
il 
governo e l'opposizione come nella normale dinamica democratica, e in 
cui 
l'informazione è soprattutto influenzata da criteri di vantaggio 
della 
propria causa per come la vede il leader massimo, non può essere in 
genere 
attendibile. Un mondo democratico, in cui il primo ministro è 
costantemente 
sottoposto a critica (e come, povero Barak) da un' opposizione che lo 
sbugiarda nel prime time delle otto di sera nel caso racconti una 
storia 
inesistente, è una fonte più attendibile. Inoltre, è certo molto più 
attendibile una fonte di informazione come i media israeliani che 
intervistano ogni giorno, qualunque cosa dicano, i leader 
palestinesi, da 
Ziad Abu Ziad a Abdel Rabbo e cercano di discutere in pubblico le 
loro 
terribili accuse, o cercano espressivi mea culpa di scrittori e 
intellettuali, piuttosto di una tv palestinese che esprime pareri 
molto 
simili o monocordi e tutti volti a stigmatizzare il nemico, e che 
mostra 
clip di propaganda in cui attori-soldati israeliani uccidono 
atrocemente 
bambini attori che gridano il loro desiderio di essere martiri. 
La bontà delle fonti non è del tutto garantita dalla democrazia, ma 
una 
fonte in cui vigono le regole di scontro pubblico è certo migliore di 
una 
fonte che segue una sola linea politica. E' più credibile la versione 
delle 
« folle inermi» , o quella di chi racconta con tono secco e militare, 
sia pure 
non simpatico a tutti, che gli inermi con le pietre vengono avanti di 
corsa 
contro i check point, poi giungono i giovani con le bottiglie molotov 
e 
subito dietro i Tanzim e anche talora la polizia palestinese? Se la 
folla 
era veramente inerme già un A. B. Yeoshua o un David Grossman 
l'avrebbero 
denunciato al mondo, come accadde durante l'Intifada. Perché così 
accade in 
democrazia. Come biasimare l'ambasciatore Vento che riporta 
inascoltabili 
voci dentro le stanze dell'Onu su pazzeschi kamikaze ebrei, se poi 
per la 
seconda volta in una settimana il voto delle Nazioni Unite 
stigmatizza 
Israele per l' uso sproporzionato della forza basandosi sul doloroso 
fatto 
che ci sono cento morti palestinesi, senza verificare i motivi che 
hanno 
portato a tanto e soprattutto senza intimare a quella parte di non 
ricorrere 
alla violenza? Come stupirsi del fatto che il giornalista della Rai 
Riccardo 
Cristiano avesse un occhio di grande riguardo per i palestinesi se la 
stampa 
e l'opinione mondiale sono incuranti delle regole dell'informazione 
democratica, che pretendono una fonte attendibile e una verifica? 
            