IL GOVERNO AVVERTE LA POPOLAZIONE DEL CONFLITTO IMMINENTE MA NON VU OLE CREARE PANICO ISRAELE « Preparatevi al peggio. Anzi no»
domenica 23 febbraio 2003 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
CI siamo: il conto alla rovescia è cominciato, annunciato da questo
fine
settimana dalla presenza « a tempo indefinito» in Israele del generale
americano Charles Simpson, che proviene dall’ aviazione di stanza in
Europa,
ma che adesso ha il nuovo incarico di sovrintendere al rapporto fra
il
ministero della Difesa Israeliano e il Pentagono. Da quando ha
ricevuto
l’ incarico Simpson è venuto tre volte in Israele, e all’ inizio di
questo
mese ha partecipato a un’ esercitazione congiunta dell’ aviazione
nell’ uso dei
Patriot, i missili di difesa anti-Scud. Squadre tecniche miste hanno
lavorato negli ultimi mesi a creare un sistema di coordinamento nel
caso in
cui Israele venga attaccata.
Le notizie che filtrano dall’ intelligence israeliana, per altro
abbottonatissima, sono laconiche ma pregnanti: l’ attacco potrebbe
avvenire
persino il primo di marzo, dicono le fonti locali, immediatamente
all’ indomani delle due settimane che sono state concesse agli
ispettori per
presentare le loro nuove conclusioni al Consiglio di Sicurezza.
Inoltre, si
sa anche che Israele non avrà affatto un lungo preavviso, sono
saltate le
promesse di avvertire il governo di Gerusalemme in modo da consentire
preparativi di almeno 48 ore: anzi, si sa per certo che gli americani
vogliono, adesso, concedere a Israele non più di sei ore di tempo.
C’ è allarme fra la gente e fra i responsabili delle istituzioni di
difesa?
La risposta è data dall’ incredibile complessità delle richieste di
una
società democratica, che vuole essere avvertita, ma non allarmata;
che
richiede la trasparenza, ma non la mobilitazione compatta che una
guerra
richiede. « Ditemi dunque che cosa devo aspettarmi da qui a pochi
giorni -
supplicava in buona sostanza dalle pagine di un quotidiano il
popolare
anchorman Yair Lapid - se devo preparare la stanza sigillata o no, se
devo
preparare le provviste o meno, se sono in pericolo oppure se questa
guerra
non mi riguarda, se Saddam è pericoloso anche per me e se io e la mia
famiglia possiamo smettere di angosciarci» .
Le risposte a questa domande seguitano a essere improntate alla più
sconcertante duplicità : un esempio fra tanti può essere la portavoce
ufficiale dell’ esercito Ruth Aron, che interrogata in televisione
sulla
necessità o meno di porre mano alla preparazione di stanze sigillate
nell’ evenienza di un attacco chimico o biologico, prima sorridendo ha
risposto che ai suoi genitori, i quali proprio la mattina erano
andati a
comprare rotoli di nastro adesivo e plastica, aveva detto:
« Esagerati! Dove
correte?» , e subito dopo ha invece aggiunto: « Se tuttavia qualcuno
intende
preparare da subito le stanze, bene, le istruzioni ormai le avete
tutti
quanti a casa, e non c’ è niente di male a mettervi mano» .
Un doppio messaggio che corrisponde anche a quello che sia le
istituzioni
civili sia quelle militari comunicano in questi giorni. Prima di
tutto, in
ogni casa il comando del Fronte interno ha già fatto arrivare
istruzioni
stampate sulle procedure da seguire in caso di attacco convenzionale
e non
convenzionale. La distribuzione di maschere ormai è stata estesa
anche a
tutti i lavoratori stranieri, nelle scuole si è tenuta giovedì una
lezione
di attacco chimico e biologico: « Ragazzi - ha detto la preside Rachel
Hillman agli alunni delle medie che si mettevano le maschere ridendo
e
scherzando nella scuola della cittadina di Or Akiva - vi invito alla
massima
serietà , fra una settimana questo scenario potrebbe essere reale» .
Gli
studenti sono entrati in silenzio nei rifugi, hanno simulato lo
sgombero dei
feriti e vari tipi di attacco. Pochi commenti, molta paura.
Gli ospedali e tutte le strutture d’ emergenza sono pronte, e
seguitano senza
sosta a compiere simulazioni per un gran numero di feriti. Shmuel
Resnekovitc, responsabile dell’ emergenza al ministero della Sanità ,
ha
curato senza fare rumore, sempre per non seminare panico, la
riconversione
di tutti i 25 maggiori ospedali israeliani. Interi piani degli
edifici hanno
cambiato faccia, il personale è stato allenato a emergenze di massa
di
malattie terribili e di attacchi chimici. Diecimila fra medici e
paramedici
sono stati vaccinati contro il vaiolo.
I diplomatici hanno avuto tutte le vacanze cancellate; le
municipalità hanno
pronti sistemi di coordinamento e di sgombero, specie nella zona
costiera
che durante la Guerra del Golfo nel ‘ 91, fu colpita da 39 missili. In
un
primo momento si pensava di attuare una sorta di sfollamento
preventivo alla
volta di zone ritenute meno pericolose come Gerusalemme, ma ora si e’
optato
per lo sgombero in basi militari in genere adibite alle
esercitazioni, e
l’ esercito si sta rapidamente attrezzando per ospitare la popolazione
sfollata. Le riserve dell’ esercito hanno cominciato la mobilitazione,
anche
se si dice che l’ inizio della guerra non porterà alla dichiarazione
dell’ emergenza a meno che la situazione non lo richieda al momento.
Siamo
sempre nell’ ambito della prudente scelta di un doppio standard: la
chiamata
alle armi dei veterani comincerà a metà della prossima settimana e
includerà
tutti gli specialisti in settori specifici, ma non c’ è allarme rosso.
I più
richiesti sono gli aviatori e tutti gli addetti del settore.
La gente affronta con un certo automatismo l’ allarme che filtra, che
striscia, e che non si manifesta pienamente: compra scatolette e
acqua
minerale, ci ride sopra, si prova le maschere e guarda in tv i comici
che
prendono in giro l’ ingombrante oggetto. Qualcuno giura che non se lo
metterà
mai, ma ogni giorno che passa sono sempre meno gli sbruffoni. L’ ansia
serpeggia, si vendono più tranquillanti, i bambini fanno brutti sogni
e
disegni in cui si vedono orribili missili con i denti che volano
verso le
loro case col tetto rosso. Dice Haim Nugelblatt, capo del
dipartimento della
sicurezza del quartiere di Tel Aviv Bnei Brak: « E’ necessario che si
trovi
il modo di spiegare alla gente con garbo la verità , tutti gli
apparati della
difesa di fatto non ci forniscono informazioni perché sono
preoccupati che
la gente si possa spaventare. Ma la realtà è che l’ inconsapevolezza
crea
ancora più ansia» .
La verità è che le cose sono di per sè estremamente variabili: il
pericolo
può essere molto grande se Saddam ha i missili per arrivare fino a
Israele
(ma nella parte occidentale del’ Iraq i satelliti non ne vedono,
sembra, o ne
vedono molto pochi) o se riesce a far giungere fin qui aerei senza
pilota.
In quel caso, se messo in un angolo, potrebbe scegliere di utilizzare
gas
venefici o antrace o vaiolo: questo porterebbe a conseguenze
catastrofiche,
ma le possibilità che riesca a farlo,viste le capacità militari di
Israele
di bloccare qualsiasi velivolo che entri nel cielo israeliano, è
bassa.
D’ altra parte, la novità dell’ uso di veleni di cui basta un bicchiere
per
portare danno immenso a un vasto numero di persone e la possibilità
di
utilizzare, specie in quet’ area, terroristi suicidi, è una delle
variabili
più paurose e che rendono più imprevedibile la situazione.
Quanto debba essere allarmata e quanto si debba organizzare la
popolazione
israeliana, non solo nessuno vuole dirlo, perché in ogni caso si
tratta di
un argomento terrificante, ma anche lo si ignora nella buona
sostanza. I
ragionamenti relativi alle armi di Saddam (« ha pochi missili» ) o al
nuovo
Scudo di Israele, la Hetz, un sistema antimissile molto avanzato, non
funzionano se non in parte: è proprio la volatilità dei materiali che
potrebbero essere usati e la loro grande duttilità d’ utilizzo che
creano un
ulteriore problema di informazione. Difficile comunicare
l’ incertezza.