Il Golfo e la sfida Netanyahu-Gantz
martedì 17 settembre 2019 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 17 settembre 2019
Le ultime ore prima del voto di oggi in Israele sono state caratterizzate da agitazione e ansia, da reciproco sospetto, dal senso di una dolorosa prova. Bibi Netanyahu e Benny Gantz si fronteggiano in un'arena in cui non campeggia solo l'elettorato, ma anche una quantità di attori che possono determinare il futuro di Israele stando dalla parte dell'uno o dell'altro al momento della formazione della maggioranza di 61 voti alla Knesset, che conta 120 seggi. Può essere questione di una testa, di una faccia, di un personaggio, di una vendetta o di una ripicca… Come è accaduto due mesi fa quando l'antagonismo di Yvette Liebermann ha precluso la formazione del governo Netanyahu. Potrebbe succedere di nuovo? Sì, potrebbe: infatti i due protagonisti adesso stanno l'uno di fronte all'altro con una patrimonio di voti per il Likud da una parte e per "Blu e Bianco" dall'altra che è quasi identico, tutti e due intorno ai 30 seggi, uno di più uno di meno. E gli altri 30? Le trattative sono già sul terreno da tempo, e in buona sostanza vertono sul medesimo punto: con Bibi o senza Bibi. Il Primo Ministro negli ultimi giorni ha giocato due carte: la prima quella dei rapporti internazionali, coi viaggi dell'ultima ora in Inghilterra e soprattutto da Putin a Sochi, e le ripetute telefonate con Trump. Una dimostrazione di indispensabile equilibrismo internazionale mentre l'Iran assedia Israele dai confini al nord.
In un vortice di accuse, anche quella che la tanto vantata amicizia con l'amministrazione americana sembrava venuta meno sulla ipotesi dell'incontro di Trump con Rouhani: ma ci ha pensato l'Iran a cancellare questa ipotesi quando gli Houthi hanno attaccato l'Arabia Saudita frontalmente ha suscitando ieri persino una minaccia di guerra nel presidente americano. Non solo: nelle ultime ore Bibi ha potuto giocarsi la proposta americana di un trattato di alleanza strategica in caso di guerra, una bella assicurazione sulla vita. Il secondo terreno di giuoco di Netanyahu è stata l'accusa alla sinistra e al partito arabo (che al momento con 12 seggi appare come il terzo partito con quell'unità di correnti che invece nel passato gli era mancata) di "rubare le elezioni" dimostrando che c' erano stati brogli non indagati. Nelle sue concitate ultime interviste ha chiesto ancora e ancora ai suoi di andare a votare, di muoversi da casa. Anche Gantz ha invocato la mobilitazione. Tutti temono che la gente seccata di tornare dopo due mesi al seggio, possa preferire una gita al mare. Gantz però ha lanciato i suoi appelli senza abbandonare quel tono un po’ opaco che ha usato in tutta la campagna, una specie di inconscia denuncia dell'ex Capo di Stato Maggiore per trovarsi in un ruolo che ancora gli sembra estraneo. Non ha mai trovato un punto cui guardare all'orizzonte, un titolo da prima pagina fuorché quelli che invitavano a cacciare Netanyahu. Bibi ha fatto i salti mortali: ha annunciato l'annessione della valle del Giordano, o la possibilità di un guerra vicina. Gantz, il bel soldato con tre lauree, quieto e riflessivo, ha preferito uno stile che ha anche coperto la sua totale inesperienza politica.
Il suo problema è anche quello di un partner con cui ha stretto un patto per la rotazione Yeir Lapid un ex giornalista che ha dichiarato guerra totale ai religiosi, circa 16 mandati, e Gantz se ne duole sapendo che non può contare sul loro voto. Netanyahu per avere la maggioranza ha bisogno dei partiti religiosi e i partiti nazionalisti, escluso quello di estrema destra (Yozma Yehudi, Forza ebraica) di cui ha dichiarato più volte la impraticabilità politica per il suo estremismo. Le somme degli ultimi giorni dicono che Netanyahu avrebbe oggi 57 volti, il Centro sinistra 42 e ballerebbero il solito partito di Lieberman (Israel Beitenu, Israele Casa Nostra con 9 seggi), i partiti arabi uniti (12 seggi) che ancora non si sa se entrerebbero in un governo israeliano, e chi sa chi altro, a seconda delle offerte ricevute.