IL GENERALE IZCHAK EITAN, CAPO DEL COMANDO CENTRALE DELL'ESERCITO « Il nostro obiettivo non è il Raí ss» « E’ solo un’ operazione militare per ferma re il terrorismo»
sabato 30 marzo 2002 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
IL generale Izchak Eitan, capo del Comando Centrale di Tzahal,
l'esercito
israeliano, parla in modo molto cauto. Non perde mai d'occhio,
durante la
conversazione con i giornalisti, tre grandi carte, in realtà foto
aeree di
Ramallah e in particolare del quartiere di El Muqata, dove si trovano
gli
uffici, le caserme, la prigione, le case dei dignitari di Arafat, e
in alto
a destra, la sua residenza, un edificio rettangolare sul cui retro di
scorge
un largo cortile. Arafat in queste ore è nei rifugio sotterraneo:
chiede
aiuto, incessantemente ai leader arabi e europei. Nelle scorse ore ha
invocato il proprio martirio insieme a quello di un altro « milione di
shahid
per Gerusalemme» .
Generale, che intenzione avete con Arafat? Tutto il mondo si chiede
se,
come lui sostiene, avete intenzione di ucciderlo.
« In queste ore l'esercito israeliano sta compiendo, in condizioni
molto
difficili, con morti e feriti, una operazione militare a Ramallah e
anche
nel quartiere di El Muqata, ma non nella casa e negli uffici di
Arafat» .
Eppure i palestinesi insistono che avete colpito direttamente
l'edificio che
è la sua sede e che siete addirittura entrati.
« Non si può escludere che qualche pallottola abbia colpito un
edificio da
cui si sa che provengono spari verso i nostri soldati: ma non abbiamo
intenzione di toccare Arafat. Siamo nel suo compound solo per uno
scopo
preciso e definito: colpire le organizzazioni terroristiche, le loro
armi,
le loro infrastrutture» .
E perché le cercate proprio a El Muqata?
« Perché ci risulta, e ne abbiamo avuto una conferma nei fatti, che
nel
compound sede delle organizzazioni di Arafat si trovino uomini, armi
e
infrastrutture. Nelle ultime ore abbiamo arrestato intorno a settanta
persone, di cui stiamo verificando le attività ; e abbiamo requisito
molte
armi di ogni genere» .
Perché requisito? I palestinesi hanno diritto di possedere armi.
« Secondo l'accordo di Oslo, possono avere i Kalashnikov; certo non
hanno il
diritto di possedere missili antitank che abbiamo requisito, né altri
tipi
che invece troviamo in quantità , e che servono agli attentati
terroristici» .
Già nelle settimane scorse avete compiuto una serie di operazioni,
con
arresti e requisizioni, e non sono servite a fermare il terrore. Il
fuoco
può fermare il fuoco? Che cosa pensate di fare che sia diverso
rispetto al
passato e che vi garantisca di fermare il terrorismo?
« Nelle ultime quarantotto ore abbiamo forse assistito a una tragedia
fra le
più grandi della nostra storia: intere famiglie spazzate via durante
la
festa religiosa di Pasqua. Io non escludo che ci siano anche mezzi
politici
per combattere il terrorismo, naturalmente io mi occupo solo della
mia
parte, agli ordini di uno stato democratico che ha il dovere di
difendere i
suoi cittadini. Posso dire che non è solo per questi ultimi attentati
che
tentiamo la strada di combattere il terrore alle radici: la via delle
scorse
settimane è stata quella della ricerca della tregua, senza lasciare
nessuna
strada intentata. Adesso abbiamo capito che Arafat considera il
terrorismo
un'arma strategica irrinunciabile, da usare in modo intensivo, e
poiché lui
non la fermerà , noi soli possiamo fermarla» .
E dunque qual è la differenza?
« Adesso la strada sarà più lunga, molto accurata, fermeremo i
ricercati che
Arafat non ha voluto fermare, sequestreremo armi e esplosivi. Questo
è
l'unico scopo dell'azione d'Israele. Abbiamo richiamato parte delle
riserve,
alcuni sono già in funzione» .
Perché usate così tanti tank, perché l'operazione ha un carattere
così
massiccio?
« Questo è un esercito, che agisce con forze d'aria e di terra per
difendere
da un pericolo mortale, momento per momento, la vita stessa dei suoi
cittadini. Ripeto che non abbiamo intenzione di toccare Arafat, di
cui non
voglio parlare perché è questione politica. Quello che posso dire, è
che
Muqata è un rifugio per molti terroristi, e questa è la regione per
cui
abbiamo deciso, al fallire di ogni altra possibilità , di prenderne
possesso.
Non stiamo attaccando né l'ufficio né la casa di Arafat» .