IL GENERALE CHE NEL 1973 SEPPE PREVEDERE L’ ATTACCO CONCENTRICO DI S IRIA ED EGITTO « Rischi sul fronte palestinese» Amidror: sarebbe incoraggiata la linea del terrore
sabato 15 marzo 2003 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
AL centro di Gerusalemme per gli Affari Pubblici un think-tank
lavora
incessantemente, in queste ore, sul prossimo inizio della guerra: il
Fronte
Interno ha dato ordine alla cittadinanza di prepaparare i rifugi, le
previsioni sui tempi variano di pochi giorni, l’ ambito in cui è
previsto
l’ attacco è una settimana. Qui incontriamo, con un ristretto gruppo
internazionale di giornalisti, il generale (oggi delle Riserve)
Yaakov
Amidror, per parlare del giorno dopo la guerra. Amidror non è il tipo
di
persona che vorreste ritrovarvi contro: i suoi occhi scuri ti
guardano
diritto e chiedono se hai capito bene, la barba bianca gli conferisce
un’ aria d’ indiscutibile autorevolezza, la sua fama di « signor
security»
dell’ esercito (36 anni in servizio, di cui parte trascorsi come capo
degli
affari mediorentali dell’ intelligence, parte come direttore del
National
Defense College, e infine come direttore centrale del ministero della
Difesa) si mischia al mito che lo circonda perché alla vigilia
dell’ imprevista guerra del 73 previde, fra la generale incredulità ,
l’ attacco concentrico di Siria e Egitto.
Generale, quali cambiamenti prevede per Israele all’ indomani di
un’ eventuale
guerra irachena?
« Innanzitutto in generale: se la guerra ci sarà e seguirà il modello
enunciato da Bush, sarà un’ operazione non solo per il disarmo e la
destituzione di Saddam Hussein, ma una guerra a sfondo ideologico,
che
ricorda la strategia di Reagan contro l’ ” Impero del Male” . Adesso
Bush
combatte contro l’ ” Asse del Male” , come lui lo chiama, e con questo
intende
dire che le dittature, violente verso i propri cittadini e
generatrici di
terrorismo, devono sparire. Bush vede nella società liberale
l’ antidoto al
Male. Ricorda Peres, che parlava di “ Nuovo Medio Oriente” ? Intendeva
interazione economica, apertura dei mercati e dei viaggi, un futuro
con il
volto della democrazia. Non siamo molto lontani. Dunque, dopo la
guerra ci
saranno passi che consentiranno in Iraq e forse altrove l’ apertura di
questo
processo» .
Intende elezioni immediate?
« Le elezioni, come si vede ampiamente nell’ area, non sono affatto
sinonimo
di democrazia. Mi ricordo che un mio caro amico arabo paragonava due
Paesi,
uno “ duro” e uno “ moderato” , in cui si era recentemente votato: non
c’ è
grande differenza, disse, soltanto che nel primo la polizia decide i
risultati prima, nel secondo dopo le elezioni. Elezioni immediate in
Iraq
potrebbero significare la vittoria di un partito estremista islamico,
occorre una paziente fase di transizione, in cui il Piano Marshall,
per così
dire, preceda l’ iniziativa politica» .
Parliamo di Israele: sono più i vantaggi o gli svantaggi che può
ricavare
dalla guerra?
« Dobbiamo contemplare sia l’ una che l’ altra possibilità . In primo
luogo, da
anni Israele spende molte energie per prepararsi a un incombente
attacco
missilistico dall’ Est, e se il grande rischio Saddam sarà debellato,
il
continuo allarme diminuirebbe alquanto. In secondo luogo verrebbe a
cadere
la recente alleanza Iraq-Siria, che forma una muraglia di pericolo in
cui
sono incastonati gli Hezbollah. La Siria, da quando non ha più il
sostegno
sovietico e la prudenza di Assad, ha trovato in Saddam il suo
sostegno
strategico. Senza Saddam la minaccia siriana sarebbe molto minore, e
così
quella degli Hezbollah, un’ organizzazione inferiore solo ad Al Qaeda,
armata
sia da Bashar Assad che dall’ Iran» .
Domani immagina che gli Usa dovrebbero occuparsene?
« Mai. Israele deve sempre e soltanto difendersi da solo. Ma mi lasci
tornare
al panorama strategico: se Saddam sarà battuto, il confine con la
Giordania
perderà per noi la grande drammaticità che lo caratterizza, la linea
lungo
cui costruire una pesante difesa. Una Giordania finalmente tranquilla
sui
suoi confini ci toglierebbe molte preoccupazioni anche rispetto alla
pace
con i palestinesi» .
Veniamo ai rischi.
« Il rischio lo vedo tutto sul fronte palestinese: non ho nessun
indizio che
mi suggerisca cambiamenti in Arafat, minori rischi di terrorismo in
relazione alla guerra imminente. Invece è venuta avanti la linea
della Road
Map, quella del Quartetto (a differenza della prima proposta di Bush
del
giugno scorso che prevedeva la creazione dello Stato Palestinese una
volta
conclusasi la fase del terrore e avviata la riforma democratica) che
immagina il congelamento degli insediamenti e l’ inizio delle
concessioni
mentre si avvia un eventuale cambiamento di politica palestinese.
Questa
linea può essere letale per noi: sarebbe una patente ricompensa alla
linea
del terrore, quindi un incitamento a proseguirla. Si ricordi che già
con
l’ accordo di Oslo ci eravamo ritirati da tutte le città , il 95 per
cento
della popolazione era già sotto Arafat, e questo ha costruito solo il
retroterra strategico del terrore che persegue i propri obiettivi con
la
violenza. Il terrorismo non deve invece essere ricompensato in nessun
caso,
è un errore strategico e morale. Ricompensare l’ Intifada sarebbe un
tragico
invito a tutte le organizzazioni terroristiche a cercare successi con
la
forza. Sarebbe un errore che vanificherebbe l’ azione americana e
britannica» .
Per esempio?
« La Siria, che ha oggi il maggiore contingente di armi non
convenzionali
nella zona, si sentirebbe autorizzata a farne uso; gli Hezbollah che
dispongono di 12 mila katiushe un giorno potrebbero decidere, in
assenza del
freno prudente del vecchio Assad, di utilizzarle; per non parlare
dell’ Iran,
dove l’ ispettore dell’ Onu El Baradei ha appena trovato nuovi impianti
per
l’ uranio arricchito. Se l’ Iran non riceve una lezione sia pure
indiretta da
questa guerra, sarà un disastro: oltretutto, i suoi missili a lunga
gittata
possono colpire ovunque. Dunque, perché Israele non divenga una prima
vittima del fallimento eventuale della strategia per un nuovo Medio
Oriente,
bisogna che convinca l’ America che piegarsi all’ esistente, ovvero al
ricatto, sarebbe una capitolazione morale con immense conseguenze
pratiche» .