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IL DUBBIO DUE IPOTESI PER UNA STRAGE La legione del terrore con kille r e burattinai

venerdì 19 luglio 1996 La Stampa 0 commenti
DOPO la sabbia saudita, il mare di Long Island è pieno di sangue americano. La folla immensa che si prepara allo spettacolo delle Olimpiadi che iniziano stanotte ad Atlanta, tutta colori e palloncini, ormai sa che sulla sua testa veleggia la nuvola nera del terrorismo. Perché , anche se il presidente Clinton getta acqua sul fuoco del pregiudizio antislamico ricordando la falsa pista di Oklahoma City, è difficile dimenticare che gli Usa, e con loro il processo di pace mediorientale, hanno di fronte un nemico dichiarato, e a cui essi, a loro volta, hanno dichiarato guerra. Si tratta della nuova internazionale del terrorismo. Episodi di questa guerra sono tali e tanti, dopo l'immagine di ultima disperata concordia che offrì a Gerusalemme il funerale di Rabin, che è difficile ignorarli. È difficile ignorare che martedì di questa stessa settimana, incurante della crisi cubana, il Senato americano ne ha aperta un'altra su Iran e Libia, ovvero sul leader di questa internazionale, l'Iran, e su un altro personaggio importante, Gheddafi, dell'internazionale del terrore. La nuova misura americana prevede sanzioni per chi intrattenga affari con le industrie petrolifere iraniane e libiche. Se l'Europa ci stesse, sarebbe per Gheddafi la fame nera, ma soprattutto lo sarebbe per il regime degli ayatollah. L'America è il suo principale nemico; e Israele è il suo profeta. Ed è evidente che Clinton vuole stringere la morsa anti iraniana prima del vertice antiterrorista del 31 prossimo a Parigi. La nuova internazionale del terrore ha il cuore e il portafoglio a Teheran, il centro volpino del suo business è a Damasco, e il suo braccio armato più importante sono gli hezbollah in Libano. Ma altrettanto utilizzabili sono i gruppi estremisti religiosi sparsi in tutto il Medi Oriente e nell'Africa Orientale, o i gruppi politici e sociali di matrice giordana, dove la dinastia Hashemita comprime la maggioranza palestinese. Nell'Autonomia Palestinese, dopo l'innalzarsi della temperatura antiisraeliana, seguita all'elezione di Netanyahu, Arafat ha dovuto, rovesciando la politica dei mesi precedenti, lasciar andare liberi, fuori delle sue carceri, decine e decine di rappresentanti della jihad e di Hamas, lasciando così che fosse messo in luce il dramma di un rapporto di forza che a lui certo non è più così favorevole. A pochi giorni dall'elezione di Netanyahu, alla fine di giugno, al Cairo il summit arabo che si è svolto per discutere i risultati elettorali israeliani, è stato soprattutto animato da Assad di Siria, tutto vivificato dall'idea di farsi leader di un nuovo fronte antiisraeliano, giunto in Egitto proprio per chiedere la riapertura dell'antica politica del boicottaggio economico. Solo la determinazione di re Hussein e degli egiziani, che pure a loro volta si sono lasciati andare al nuovo clima con abusi verbali, ha bloccato l'impresa. Se di attentato si tratta, la tragedia di ieri coincide con il primo evento importante per il processo di pace in area mediorientale: Mubarak e Netanyahu, dopo molti colloqui pubblici ma soprattutto a quattr'occhi, hanno esaltato di fronte alla stampa di tutto il mondo la buona atmosfera; hanno ambedue rassicurato tutto il Medio Oriente e gli interlocutori occidentali con la promessa che gli accordi di Oslo verranno mantenuti. Che si passerà alla discussione della fase definitiva dell'assetto palestinese, proprio come Peres aveva garantito; e che persino Gerusalemme non è un tema intoccabile sempre che si parli di rispetto delle religioni più che di divisione territoriale. Così ha detto lo stesso Mubarak senza farne scandalo. È chiaro che la visita di Netanyahu a Clinton di una settimana fa, ha avuto un suo importante effetto su questo primo summit mediorientale; è chiaro che persino la carta: intrattabile che è stata usata dopo le elezioni del capo del Likud dall'estremismo islamico si è sciolta in presenza dello sponsor americano come neve al sole. L'estremismo islamico aveva sperato che tutto andasse in frantumi automaticamente, che il brutto clima instauratosi in Medio Oriente potesse diventare favorevole ad una nuova leadership iraniano-siriana in funzione di un'Israele dura ed arroccata su se stessa. Così non è . E Clinton viene visto come il colpevole di questa delusione. Su di lui si abbatte l'odio estremista con attentati sempre più gravi e spaventosi. Fiamma Nirenstein

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