IL DOPO MANDELA SUD AFRICA SEMPRE PIÙ NERO
martedì 23 dicembre 1997 La Stampa 0 commenti
SIMUNYE, noi siamo uno, disse il presidente Nelson Mandela quando
nel 1994 ebbe inizio l'era della fusione, della fratellanza fra
bianchi e neri dopo tanti anni di apartheid in Sud Africa. Nel 1996
l'ambiziosa Costituzione appena stilata soprattutto dall'Anc, ma un
Anc memore innanzitutto delle paure dei bianchi e delle tragiche
lotte tribali recitava: il Sud Africa appartiene a tutti coloro che
ci vivono, uniti nella loro diversità . Il garante di queste parole
così impegnative è il vecchio leader che aveva trascorso 27 anni
in cella per affermare la parità fra bianchi e neri, e che aveva
saputo trasformarsi da rivoluzionario in uomo di Stato, trasformare
in speranza la paura dei bianchi di essere semplicemente spazzati
via dalla furia vendicativa degli oppressi, e che aveva costruito
un'isola di speranza nell'oscuro arcipelago del continente
africano. Sembra incredibile adesso che Mandela se ne sia andato
con parole di rancore, parlando nel suo discorso di commiato di
"leopardi che non hanno cambiato pelle"; di personaggi che "non
sanno rinunciare ai privilegi della supremazia", accusando la
stampa di attaccare troppo aggressivamente l'Anc, predicando alla
folla che alcuni gruppi di aiuto internazionale, specie quello
americano, lavorano di fatto contro il governo. Un linguaggio
aggressivo, soprattutto subalterno, nel senso di una cultura della
rivendicazione e dell'antagonismo che è stata una delle grandi
cause della rovina dell'Africa intera.
Il discorso di Mandela, che avrebbe potuto, consegnando la
fiaccola a 79 anni, seguitare ad incarnare quell'immagine di
superiore grandezza che ben si conviene ad un grande vecchio come
lui, secondo molti osservatori è stato ispirato, se non proprio
scritto, come moltissimi altri interventi di Mandela dal suo
successore Thabo Mbeke. Mandela nelle sue poetiche camicie di
broccato e Mbeke in giacca e cravatta sono da anni uno la
controfaccia dell'altro. Mbeke che ha studiato alla Sussex
University ed è un campione dell'ascesa politica, ha usato il
partito comunista sudafricano per una rapida e calcolata ascesa. La
sua visione è interamente "black african", i suoi 55 anni ne fanno
un leader dalla prospettiva molto lunga, e il suo curriculum
ricorda quello di Robert Mugabe dello Zimbabwe: soave,
intelligente, morbido nei toni, e intellettualmente intollerante,
con un atteggiamento verso i media per cui solo una settimana fa ha
suggerito la pratica orwelliana di mandare una velina al giorno a
tutti i notiziari delle stazioni televisive visto che "i media
minano gli sforzi della rivoluzione". Mbeke non somiglia a Mandela;
e tuttavia è preoccupante l'ultimo inedito abbraccio del leader
storico del Sud Africa con Gheddafi e con Winnie Mandikizela
Mandela: sono indizi di una svolta che ripropone il tema del Sud
Africa in una luce meno speciale, più continentale.
"Mummy" Mandela infatti in nove giorni di udienze di fronte alla
Commissione per la Verità e la Riconciliazione, l'invenzione del
marito per consentire al proprio Paese di elaborare il passato di
delitti e persecuzioni sia razziali che etniche, carica secondo il
suo stile di gale e di oro, ha dato uno spettacolo di arroganza e
di indifferenza morale tipicamente dinastica, ha dato di idioti e
di psicolabili a coloro che testimoniavano la storia della sua gang
di guardie del corpo, dette Mandela united football club che
stabilirono un vero e proprio regno del terrore a Soweto, culminato
nella tortura e nell'assassinio del quattordicenne Stompie Seipei.
E dopo queste udienze, Winnie Mandela si è presentata fra grandi
applausi alla Convenzione dell'Anc, tra sostenitori estremisti e
tribali, pronta a gareggiare se non oggi come vicepresidente, alle
elezioni del 1999.
Il programma economico dell'Anc ha un tono liberale e moderno,
tanto da incoraggiare gli investitori bianchi, e in generale gli
investitori stranieri; pure, un'occhiata ai quotidiani di
Johannesburg dà un'idea di quanto sia difficile la vita normale.
Nei primi mesi del 1997, 67 persone al giorno sono state uccise in
rapine, assalti a scopo sessuale, scontri fisici vari. Da quando la
polizia sudafricana dal '94 ha perso il suo aspetto autoritario e
abominevolmente razzista, alcune organizzazioni criminali hanno
penetrato questo corpo statale, e oggi agiscono dal di dentro,
vanificando la lotta al crimine. Nel frattempo un'affermative
action molto decisa si è rivelata in parte autolesionista: se è
vero che per fortuna si sta creando una borghesia nera, è anche
vero che c'è stata una promozione forzata di dirigenti, che ha
creato difficilissimi problemi di esperienza, differenza di salario
fra neri e bianchi a favore dei neri, e quel che è peggio
assunzioni e promozioni a valanga fra cugini, mogli, mamme e
sorelle. E poiché il governo vede di buon occhio la
ridistribuzione del lavoro, si è tenuto a disposizione dei neri un
numero molto più alto di posti di quello previsto dalla legge.
Questo potrebbe funzionare se gli investitori non si spaventeranno
troppo, se non si creerà di rimbalzo una miseria pronta a
ritorcersi contro i più poveri e meno protetti; se non si
riapriranno i conflitti etnici, e soprattutto se non si costruirà
passo dopo passo una situazione politica autoritaria secondo il
costume africano. Per ora, l'unico pensiero di speranza è quello
del milione e 200 mila case nei villaggi che hanno ricevuto la luce
elettrica e l'acqua, così le donne non sono costrette a percorre
chilometri e chilometri con la giara sulla testa. Il vecchio
Mandela ha concluso il suo turno, come tanti altri grandi,
raggiunta la vecchiaia ci lascia in balia del futuro, sperando che
non si tratti di un destino già scritto nelle foreste del
continente.
Fiamma Nirenstein