IL DISGELO TRA MUBARAK E SHARON Patto vantaggioso tra due strani amic i Gaza è un posto chiave per gli egiziani che temono il contagio del fondament alismo
lunedì 6 dicembre 2004 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
Progresso sostanziale per il programma di sgombero da Gaza e parte della
West Bank, grandi riflettori sul ruolo dell’ Egitto nella sua realizzazione e
nell’ eventuale ripresa della Road Map. Questo il titolo politico di quanto è
accaduto ieri con la liberazione di Azzam Azzam dal carcere del Cairo e di 6
prigionieri egiziani dal carcere di Beersheba. I cronisti qui l’ hanno
chiamata « luna di miele» , « nascita di una magnifica amicizia» fra Mubarak e
Sharon... ma le espressioni di entusiasmo israeliano, non rare quando si
configura una qualche relazioni positiva col mondo arabo, stavolta non
sembrano del tutto esagerate. C’ è qui un grosso passo avanti nei rapporti
fra Israele e i paesi Arabi, se si guarda a quanto è accaduto ieri nel
contesto del prossimo sgombero da Gaza e in generale della guerra americana
contro il terrorismo nell’ area mediorentale. Se si considera che qui è
consuetudine sciacquarsi la bocca mille volte con la parola pace senza poi
fare gesti concreti, si vede qui invece un’ iniziativa precisa che equivale a
questa indicazione: l’ Egitto vuole che Israele si muova verso lo sgombero,
crede che Sharon possa farlo, è pronto a considerarsi un partner di un Paese
comunemente visto (anche da buona parte dell’ opinione piubblica egiziana
stessa) come un nemico mortale e un emissario della Superpotenza americana
impegnata in Iraq in base all’ ipotesi che battere i dittatori significhi
battere il terrorismo.
Gaza per l’ Egitto è importante dal punto di vista simbolico e concreto:
concreto, perchè è una zona palestinese, superpopolata e zeppa di Hamas,
sulla quale Mubarak ha tutto l’ interesse a sovrintendere una volta che
abbandonata dagli israeliani perchè non porti guai al suo Paese in una
diabolica sinergia con il fronte integralista islamico e il terrorismo
locale. Simbolicamente, se l’ Egitto ottiene da Israele, come sembra ormai
deciso, il controllo anche militare del confine e l’ istruzione delle forze
militari palestinesi in loco, questo diventa ne più nè meno che un
certificato di fiducia come il paese arabo mediatore delle possibili
trattative che si apriranno fra Sharon e Abu Nazen se e quando verrà eletto.
Questo porterà grandi dividendi politici all’ Egitto in un Medio Oriente in
rapida trasformazione: gli Usa saranno grati; i turisti israeliani dopo
l’ attentato di Taba che ha congelato il turismo riacquisteranno fiducia; il
quadro dei rapporti economici sarà sempre più ricco. C’ è da giurare che
anche se dovesse andare avanti un qualche processo di pace fra la Siria e
Israele, l’ Egitto qui si è guadagnato i galloni per fare da mediatore.
Quanto ai palestinesi, attualmente sono delusi del fatto che in cambio di
Azzam Azzam sia stato rilasciato un gruppo di egiziani invece che Marwan
Barghuti, e l’ hanno anche detto, mostrando così una delusione verso Israele
e verso l’ Egitto stesso: tuttavia Sharon ha programmato, per curare la
delusione, di accorciare la pena, nell’ ambito dello scambio, di decine di
prigionieri palestinesi.
Il rafforzamento del rapporto fra Mubarak e Sharon, le parole dette dal rais
egiziano due giorni or sono suonano, alla luce del nuovo gesto distensivo,
ancora più impegnative, uno squillo di tromba. Mubarak aveva detto « Solo
Sharon può portare la regione alla pace» . Adesso dice: « La liberazione di
Azzam Azzam è un gesto di amicizia personale verso il Primo Ministro
israeliano» . Se si conosce la quantità micidiale di caricature e di commenti
usciti sui giornali e nelle televisioni arabe in questi quattro anni, non si
può ignorare che Sharon è raffigurato come un mostro assettato di sangue, a
volte ornato di svastiche, altre volte col naso a becco e i missili
americani dietro le spalle mentre sgranocchia bambini palestinesi:
ricordandolo, ci si rende conto che la scelta di Mubarak di considerare
Sharon un partner è in sè una novità straordinaria. E’ una luce verde
inusitata, dato che il disprezzo generalizzato per Israele, le ripetute
condanne a morte pronunciate dall’ Iran e dalla Siria, sono sempre state il
segnale di riconoscimento della Lega Araba e della Conferenza Islamica che
non riconoscono la legittimità dello Stato di Israele. Mubarak ha anche
fatto sapere anche di essere pronto a rispedire l’ ambasciatore ritirato
all’ inizio dell’ Intifada non appena il processo politico con i palestinesi
riprenda la strada. Un’ apertura di credito eccezionale, se si pensa che la
prima volta che Sharon e Mubarak si parlarono al telefono, due anni fa,
Mubarak lasciò che la chiamata di Sharon fosse lasciata in attesa per
parecchi minuti, e che Sharon, irritato, quasi interuppe la comunicazione.
Da allora i capi del Mossad, insieme al capo dell’ Intelligence egiziana Omar
Suleiman hanno ripetuto con insistenza ai loro rispettivi capi che era
incredibile che due leader della stessa età , con illustri carriere militari,
che si sono controllati per quaranta anni, non siano capaci di parlarsi da
pari a pari. Un giorno, Mubarak ha telefonato a Arik per gli auguri di
compleanno; Sharon ha ricambiato due volte per chiedere informazioni sulla
sua salute.