Il dilemma di un Paese e la sua storia
martedì 3 aprile 2018 Il Giornale 1 commento
Il Giornale, 03 aprile 2018Dovevano andare in Ruanda e in Uganda, e poi a Israele non è bastato il cuore di mandare quelle donne coi bambini in braccio, quegli uomini affaticati e impauriti ad affrontare di nuovo la fame e il pericolo di vita. Netanyahu ha scelto la via dei Paesi occidentali per 16mila di loro; altri 16 mila, specie le famiglie coi bambini, resteranno in Israele. Perché? Il perché non è tanto nelle proteste popolari anche se ora i movimenti che in questi anni sono scesi in pizza si vantano.
Il motivo sta in quelle immagini stampate nella mente di ogni ebreo che si rispetti, immagini delle navi rimandate indietro coi profughi in fuga dalla Shoah, rimandati indietro a morire; il motivo sta nelle immagini dei primi pionieri che in Israele sono arrivati con mezzi di fortuna, senza un soldo e senza un vestito, accolti senza pietà a forza di bombe e fucilate. E a chi chiede se non è sbagliato domandare ad altri Paesi di fare un sacrificio che non si vuole fare in prima persona, la risposta è questa: è semplicemente impossibile per Israele aprire le porte coi suoi otto milioni di abitanti in parte arabi stipati sulla minuscola striscia di terra assediata dal mondo circostante all'immigrazione a un fenomeno che come ha detto Netanyahu, travolgerebbe lo Stato democratico e ebraico.
Infine, la differenza fra Israele e gli eventuali Paesi ospiti è che Israele deve concentrare tutte le sue energie per sopravvivere all'attacco pluridecennale e indefesso dei suoi nemici, che la circondano ovunque e l'assediano dall'interno.
mercoledì 4 aprile 2018 15:14:48
... senza dimenticare questo: immaginiamo 32mila rifugiati nella nostra bella Lombardia, regione che come dimensione è circa paragonabile a Israele, immaginiamoci cosa succederebbe nei Comuni che già si lamentano per qualche decina di richiedenti asilo (o presunti tali)!