Il crepuscolo delle mediazioni
domenica 20 maggio 2001 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
PALLIDO e con le occhiaie come non lo si vedeva da anni, non ce l'ha
fatta
più . Shimon Peres, oggi ministro degli Esteri, il Premio Nobel che
ancora
due giorni or sono diceva che non ci sarà guerra, che le parti sono
indirizzate ad accettare i risultati della Commissione Mitchell e del
piano
egizio-giordano, che gli insediamenti verranno congelati, ha
mormorato
disperato: « Siamo in una situazione simile a quella del 1948, al
tempo della
Guerra d'indipendenza, la nostra stessa esistenza è in pericolo» .
Nelle
stesse ore Arafat, giunto al Cairo per il summit della Lega Araba, ha
ripetuto che gli israeliani attaccano dal cielo senza pietà , che
occorre una
forza internazionale per proteggere i palestinesi. E ha ottenuto un
sostegno
che lo porta diritto al suo scopo: i paesi arabi hanno deciso di
congelare i
rapporti con gli israeliani.
Le telefonate fra i leader di Gerusalemme, Bush e Colin Powell hanno
preso
un ritmo serrato. Kofi Annan ha protestato. E' il caos. Gli
israeliani da
una parte ancora non sanno se cinque dei feriti della bomba del
terrorista
suicida di Natanya, la più letale dall'inizio dell'Intifada,
sopravviveranno, il sangue ormai è ovunque, la vita dei cittadini a
rischio
in ogni angolo del paese; dall'altra parte, i palestinesi hanno visto
per la
prima volta gli F16 sganciare bombe a Jenin, Tulkarem, Gaza, Ramallah
seminando morte e rovina. Poi, dagli aerei si è passati di nuovo agli
elicotteri. L'escalation è in corso, Israele attacca massicciamente,
ma non
dà l'impressione di avere una linea d'intervento. E' una reazione su
cui si
avverte l'influenza dell'umore della popolazione, stupefatta,
sconcertata.
La vita è a rischio ovunque.
Sembra che il mondo intero intenda intervenire, senza peraltro
trovare una
strada che aiuti a ritrovare la via della pace. Amr Mussa, il nuovo
segretario della Lega Araba, ex ministro degli Esteri dell'Egitto, un
vecchio falco che ha mantenuto sempre fredda la pace firmata fra
Sadat e
Begin a Camp David, ieri ha detto che « ormai non si può più parlare
di
processo di pace, ma piuttosto di conflitto arabo israeliano» . Come
ai
vecchi tempi. La Lega ha deciso, compatta, che « l'Intifada deve
continuare a
tutti i costi» e quindi, implicitamente, che l'idea di Sharon di
trattare
solo una volta cessato il fuoco può essere messa da parte.
Un'altra dichiarazione molto rilevante è venuta da Yasser Abdel
Rabbo: il
ministro dell'Informazione di Arafat ha detto che gli Usa non possono
più
essere considerati un possibile mediatore ma anzi « uno dei principali
responsabili dell'escalation» . Una posizione anticipata dal capo dei
Tanzim, Marwan Barghuti, al giornale degli Emirati Arabi « Al Bayan» :
« Gli
americani non sono un arbitro, ma un partner di Israele nelle sue
aggressioni contro i palestinesi» .
Israele vive un momento di grave debolezza, con l'Europa pronta a
condannarlo, gli Stati Uniti della nuova Amministrazione alquanto
divisi (il
Presidente e il Pentagono più decisi a condannare il terrorismo e a
farsi
valere con Arafat, Colin Powell invece molto cauto), l'intero mondo
arabo in
piedi ad accusarlo; e segue una politica esitante, che non si
barcamena fra
pulsioni di pace e di guerra. La gente è spaventata, l'esercito
sconcertato,
la convulsione senza precedenti.
Arafat ha tenuto in piedi il meccanismo di violenza che dovrebbe
indurre gli
israeliani ad azioni inconsulte così da richiamare in zona una forza
internazionale. L’ atteggiamento di Sharon, che reagisce a vasto
raggio senza
che tuttavia si intraveda un piano d'azione adatto a fermare il
conflitto,
potrebbe davvero portare a questo risultato. Tuttavia circola anche
l'idea
che Arafat stia invece aspettando, proprio a causa dell'acutizzarsi
del
conflitto, un sospirato invito a Washington. Israele non vuole, ma in
realtà
è la telefonata di Bush quella che probabilmente arriverà da un
momento
all'altro all'Autonomia Palestinese. Allora, gli Usa saranno
costretti a
rientrare in gioco alla maniera di Clinton, con pressioni decisive
per
concessioni e ripresa degli aiuti internazionali ai palestinesi. Fino
ad
allora, si prefigurano attentati orribili, e reazioni israeliane in
crescita. Come ieri, e peggio. A non finire. Nel pub « Bianchini» , nel
centro
di Gerusalemme, dove per caso venerdì notte alle tre una donna ha
evitato lo
scoppio di una bomba, sedevano duecento ragazzi israeliani.