IL CONGRESSO DEL LIKUD L’ HA MESSO IN MINORANZA LA COLOMBA SHARON
martedì 14 maggio 2002 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
MENTRE a tutto il mondo è apparso ovvio che Bibi Netanyahu
rinnovasse la
sua fama di falco facendo votare al Comitato Centrale del Likud una
mozione
in cui si dichiara di non volere uno stato palestinese, nessuno
invece, e
non è poco sorprendente, ha sollevato un sopracciglio al passaggio di
Sharon
dalla parte dei falchi a quella delle colombe; e sì che in teoria,
Sharon
avrebbe dovuto essere un nemico giurato sia dello Stato palestinese
che
della pace in generale, secondo lo stereotipo che lo accompagna.
Quindi,
forse vale la pena di avventurarci in alcune considerazioni su che
cosa è
accaduto al comitato centrale.
Sharon: il primo ministro ha pagato un forte prezzo, quello di
rimanere in
minoranza benchè guidi un Paese in estrema emergenza, scegliendo la
logica
di apertura politica al mondo alle logiche di partito. In realtà è
rimasto
leale alla sua linea sin dall'inizio dell'Intifada: niente cedimenti
al
terrorismo, ma disponibilità a « painful concessions» le penose
concessioni
che ha sempre ripetuto di essere pronto a trattare non appena gli
attacchi
suicidi si fermassero. Sharon ha anche dichiarato più volte di essere
pronto
alla nascita dei uno stato palestinese che desse garanzie di non
essere una
base di lancio per operazioni continue contro Israele. La sua frase
di sei
mesi fà fece scalpore: « Saremo noi israeliani a dare ai palestinesi
ciò che
non hanno mai avuto, ovvero uno Stato» . L'ha promesso recentemente
anche a
Bush, e la stessa parola hanno Shimon Peres e Fuad Ben Eliezer, i
suoi
ministri degli esteri e della difesa, ambedue laburisti. E a questa
parola
Sharon è rimasto fedele.
Netanyahu: come è noto l'ex primo ministro è in corsa per il prossimo
mandato, e pensa che la mossa di ieri lo metta in vantaggio. È un
rischio,
perchè l'opinione pubblica del Likud, al contrario di quella del
Comitato
Centrale, non è favorevole alla sua linea, e il « peace index» dà
sempre
quasi il 70 per cento a chi è pronto a lasciare i Territori. Inoltre,
Netanyahu è un po' fuori tempo: Sharon ha combattuto ma senza stragi,
è
entrato nelle zone A ma senza restare, è stato implacabile contro
Arafat, ma
non l'ha toccato, si è battuto contro il terrorismo senza stravolgere
la
struttura del Paese. Ha così messo in piedi una fase tutta da
giocare, in
cui per la prima volta Arafat è davvero in discussione, il prezzo
pagato
dall'Autonomia a « Scudo di Difesa» è davvero grande, e a tentoni
sorge una
nuova leadership. Netanyahu inoltre disturba molto Bush; infine, ha
fatto
votare una mozione che potrebbe risultare irrilevante, perché se le
cose
vanno avanti con le varie conferenze di pace, i Sauditi, la riforma
palestinese, la mozione del Likud sarà solo un pezzo di carta vecchia
perché
Sharon vorrà pregiarsi, proprio come fece Begin con Sadat, di avviare
un
nuovo processo di pace. Se questo avvenisse entro un anno e mezzo,
cioè fino
alle prossime elezioni, Sharon batterà Netanyahu alle elezioni. Ma al
solito, l'ultima parola è ai terroristi: come a causa loro Sharon
salì al
posto di Barak, così Netanyahu potrebbe essere eletto invece di
Sharon. Dai
palestinesi molto più che dagli israeliani.