IL CINISMO DEL MONDO LE DONNE DIMENTICATE DI KABUL
martedì 8 ottobre 1996 La Stampa 0 commenti
NO, il mondo non vuole difenderle, né l'Onu, né l'America, queste
500 mila donne di Kabul ora letteralmente scomparse, chi fuggita, chi
uccisa, chi sommersa come un oggetto di vergogna dall'orribile veste
che piace tanto ai taleban, i nuovi padroni di questo Afghanistan
così islamico, che in confronto gli iraniani figli di Khomeini sono
dei moderati, degli illuministi. Tutto intorno, si avverte un intenso
odore di gas, quel gas che dal Turkmenistan dovrebbe correre nei tubi
fino all'Oceano Indiano una volta che i taleban porteranno (così si
dice) finalmente la pace in quell'oscura parte di mondo. Così spera
il Pakistan compiacente, con il beneplacito, almeno per ora,
dell'Occidente. L'appello di Emma Bonino è andato disatteso, e ciò
non può , non deve accadere, perché un così grande delitto di lesa
femminilità , insieme alle pubbliche esecuzioni, alle distruzioni
delle bottiglie di birra, all'utilizzo in avanscoperta sui campi di
mine dei nemici politici, è molto più che un segnale d'allarme, è
una promessa di un regime che giustamente Philip Bowring, uno dei
maggiori commentatori dell', ha definito
Pol Pot. Il fatto che la campagna lodevolmente lanciata per i
diritti umani dall'Italia e dalla Russia all'Onu non sia stata
raccolta, è segno di svariate falle che impediscono all'Occidente di
combattere l'integralismo. Cominciamo dalla più ovvia: anche su
questo terreno vale una logica di schieramenti, che seguita a
collocare l'ex Urss, spesso accompagnato dall'Europa, dalla parte
opposta a quella degli Usa. Così , benché l'America sia la capofila
della lotta all'integralismo islamico e anche della guerra antidroga,
stavolta la troviamo poco attiva, desensibilizzata. E ciò
soprat-tutto perché sullo scacchiere del mondo musulmano, il regime
dei sunniti taleban, benché straordinariamente reazionario e anche
saldamente ancorato al commercio dell'oppio, è collocato in
posizione contrapposta all'Iran e ai mullah sciiti. Al di là di
questo un secondo punto riguarda l'eterna confusione occidentale
circa il tema dell'autodeterminazione dei popoli e, complemento di
questo, la sua difficoltà , vorrei dire il suo complesso, al momento
in cui si giunge ad una stretta circa l'imposizione dei propri
valori. È una difficoltà intrinseca ad un mondo che non sa più per
se stesso che cosa sia lecito e cosa illecito, cos'è bene e cos'è
male, e che quindi esita, ogni volta che viene a contatto con delitti
anche spaventosi, a credere nei propri valori e a battersi per essi.
A nulla vale che sia il cristianesimo che l'ebraismo, le religioni
che hanno fondato l'Occidente laico, abbiano nel corso dei millenni
abbandonato i tratti di ferocia dettati dai testi dei loro primordi;
stentiamo tuttavia alquanto a chiedere ai musulmani di abbandonare la
sharia, il taglio della mano, la lapidazione, e soprattutto quella
che è giusto chiamare la loro autentica persecuzione delle donne. E
non si vengano a vagheggiare, in nome del pluralismo delle culture e
delle religioni, la bellezza dell'harem recluso, la poesia
dell'assenza dal sociale, perfino la forza sensuale che sarebbe
contenuta nel cilicio del burka, l'abito della costrizione che giunge
fino a schermare simbolicamente perfino gli occhi. Oltre alla nostra
insicurezza nel campo dei valori, gioca anche, quando siamo così
ciechi e muti di fronte alla sorte delle donne afghane, un
inconfessato disprezzo, o comunque un'invincibile sfiducia nella
capacità del Terzo Mondo di ottenere, e forse perfino di desiderare,
ciò che noi riteniamo buono e giusto. A volte, l'inevitabile e
conturbante sensazione è quella che di fronte alla reclusione delle
donne così come di fronte a tanti altri fondamentali magagne sociali
del Terzo Mondo, l'Occidente alzi le spalle e mormori fra sé e sé :
vale una moneta bucata. A questo si aggiungano i fatali inganni
della storia che nascono dall'illusione che il nemico del mio nemico
è mio amico. Basta pensare ai guai creati dall'Occidente con l'uso
di Saddam Hussein come contraltare laico dell'Iran; o dall'errore di
Israele nel favorire la crescita di Hamas ai tempi dell'Intifada per
fare da contrappeso al Fatah di Arafat. Infine, è triste notare come
ancora una volta l'Onu perda un'occasione importante per patrocinare
una causa che parrebbe tipicamente congeniale a una gestione come
quella di Boutros Boutros Ghali. La verità è che il suo tratto,
tutto quanto apparentemente disegnato sulla difesa dei deboli e degli
oppressi, si fa evanescente e si intiepidisce assai di fronte ad ogni
vera controversia. Le Nazioni Unite sempre più rischiano di
diventare un organismo dal peso morale trascurabile. Fiamma
Nirenstein
