IL CHADOR A SCUOLA QUEL VELO CHE COPRE L'OPPRESSIONE
lunedì 7 settembre 1998 La Stampa 0 commenti
QUALCHE giorno fa, sul Corriere, Ernesto Galli della Loggia cercava
di trovare una risposta alla richiesta fatta in Italia da 50 mila
studenti islamici. La richiesta è questa: il chador per le ragazze
in classe, il rispetto delle loro regole alimentari nelle mense, la
ginnastica e il nuoto separati per sessi, lo studio del Corano e
l'apprendimento dell'arabo a scuola. Nessuno può vedere
nell'ampliamento della libertà religiosa altro che un salubre
invito all'integrazione e alla tolleranza. Galli della Loggia
infatti ritiene di poter accettare tutte le richieste salvo quelle
della ginnastica separata che contravviene al principio
dell'uguaglianza tra i sessi sancito dalla Costituzione, e quello
relativo alla lingua araba che rappresenterebbe
verso l'inevitabile fine di qualsivoglia richiamo storico unitario
della società italiana.... I principi formali di Galli sono
condivisibili. Ma dato che società articolate e democratiche come
quella francese hanno invece espresso un insormontabile diniego
verso il velo a scuola, mi sembra il caso di approfondire il tema
con tutto il rispetto e l'ammirazione per una civiltà come quella
islamica. Il velo della donna islamica è un potentissimo segno
distintivo dei valori fondanti di quella società . L'esempio più
forte è quello dei taleban: il burka che copre l'intero corpo
femminile, si è accompagnato al divieto per la donna di lavorare,
di istruirsi, perfino di andare all'ospedale, di partecipare a
qualsiasi forma di vita civile. Le donne algerine, alle quali
portano via i loro figli durante i pogrom islamisti, e che
eroicamente seguitano a combattere e a organizzarsi, sono le prime
vittime designate di una possibile vittoria della barbarie estrema;
il Pakistan promette nuovi guai per le donne, l'Iran ogni tanto
affaccia flebili segnali di emancipazione che restano tuttavia
strettamente separatisti. L'Arabia Saudita manda le donne a scuola,
ma proibisce ogni forma di integrazione. Persino guidare è
proibito. In generale, la rinascita islamista di questi ultimi anni
ha ripristinato, anche laddove il nazionalismo a sfondo socialista
aveva tolto il velo alle donne (nell'Egitto di Nasser) una serie di
costumi terribili, come la clitoridectomia, la poligamia, l'uso del
concubinaggio. Di tutto ciò è impossibile non vedere un simbolo
nel ritorno nelle strade delle donne velate, o interamente coperte.
Certo, sotto quel velo a volte può esserci una forte volontà
soggettiva: ma in età scolastica, chi può garantire che quella
volontà giovanile sia rispettata e che non ci si trovi invece in
presenza di un'invincibile pressione familiare? Possiamo anche
immaginare che il chador sia simbolicamente pari a una crocetta
d'oro al collo o a una kippà in testa, ma non è vero. Tra tutti i
segni della rinascita musulmana esso è il più evocativo, il più
significativo di una condizione di diseguaglianza che nessuna donna
italiana può approvare. Il velo, lo si voglia o no, rappresenta
anche un atteggiamento di disprezzo verso la nostra visione del
rapporto tra i sessi. Di fatto l'odierna situazione pone invece
questo problema: nel grande mescolamento delle popolazioni, resta
valido per i musulmani il precetto dell'Islam inteso come stile di
vita che trascende politica e religione mettendole insieme in un
unico indivisibile. Cioè , l'opposto di ciò che facciamo noi, che
seguiamo il precetto cristiano occidentale della separazione dei due
Regni. Senza entrare in particolari, l'ingresso degli islamici in
Europa non può prescindere dalla sua vocazione proselitistica, e
anche dal suo disprezzo
materialista, sessuofilo, immorale, filosionista e
filoamericano.... Nel momento in cui per la prima volta nella
scuola ci accingiamo a un patto culturale formale, non possiamo con
eccessivo orgoglio fidare nella nostra ecumenica volontà di
integrazione ignorando l'interlocutore. È finalmente arrivato il
tempo di chiedere senza infingimenti ai nostri ospiti-interlocutori
un dialogo franco non su temi ecumenici come il nostro comune padre
Abramo, ma sui temi spinosi: la condanna a morte degli apostati e
dei miscredenti, la condizione della donna, la jihad, la
disponibilità teologica dell'Islam a consentire ai suoi seguaci di
vivere in pace con cristiani ed ebrei. Esistono in Italia figure
benemerite nei rapporti reciproci, come i padri scalabriniani e
alcuni leader a Roma, che potrebbero avviare un dialogo spietato
quanto utile. Intanto, niente chador a scuola: è simbolo di
oppressione femminile e anche di scontro di civiltà . Fiamma
Nirenstein
