IL CASO UNA DATA PER RIFLETTERE Gli accordi di Oslo sono naufragati e l'ostilità dei Paesi arabi non si è ancora placata Il miele amaro del capodanno ebraico Pessimismo e angoscia in Israele per il 5759
lunedì 21 settembre 1998 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
MIELE biondo, mele rosate e allarme rosso. Per il Capodanno ebraico
dell'anno 5759 (tanti ne contano gli ebrei da quando il mondo
cominciò a volteggiare come un pazzo e gli uomini con lui), si
intingono le mele nel miele. I bambini ricevono doni. Fino a
mezzogiorno di ieri, prima che la consueta ossessione familistica
conducesse tutti gli israeliani con il loro inverosimile bagaglio
di infanti nelle case dei genitori, i supermercati strabuzzavano
acquisti di cibo. Dalla mamma si mangiano i piatti dello shtetl
scomparso nell'Europa dell'Est, il gefilte fische (il pesce ripieno
e dolciastro), pollo, minestra in brodo. Secondo altre tradizioni,
si servono i piatti del Marocco e della Libia. Passati di ceci, di
semi di sesamo, polpette vegetali fritte, pesce rosso molto
piccante. Chi va lontano da casa, sulle strade deve fermarsi ai
posti di blocco: soldati giovani e annoiati col mitra a ciondoloni
aprono il portabagagli, controllano i documenti. Nel caldo
desertico, defatigante, Hamas ha promesso che gli ebrei queste
feste non le passano lisce. Da qualche parte i "martiri" in potenza
si preparano a saltare per aria con le loro vittime. Nel West Bank,
in mezzo a qualche uliveto pastorale, in una casa che da lontano
sembra toscana, qualcuno congiunge forse fili di candelotti, stipa
chiodi ed esplosivo in certi suoi contenitori. Dalla radio
israeliana, la più disincantata e laica di Israele, i ragazzi di
leva lanciano ironici auguri alla mamma, e appassionati alla
fidanzata. Segue una canzone. E durante la canzone tutti mettono la
testa fra le mani, e pensano all'anno passato con un sentimento
così affaticato, così negativo, da immaginare che Israele abbia
contratto una malattia tropicale.
I giornali hanno preparato i loro inserti di fine anno per il
sollazzo del lettore. Ma a leggere i commenti di commiato dall'anno
5758 chi si diverte di più sono certo i siriani o lo sceicco
Yassin, il capo di Hamas. Il nemico si fa a pezzi da solo, si
lacera le vesti in un lutto autoinflitto. Ecco i titoli dei
giornali: "Nessuna ragione di giubilo"; "La disintegrazione di un
popolo forte"; "Un anno di confusione"; "Infelice anno nuovo"; "Che
abbia finalmente fine la maledizione di questi due anni"... E poi
un inserto di Haaret'z, il giornale intellettuale di sinistra di
Israele, è sull'esercito, 25 pagine di demolizione, intitolato:
"Una nazione sulla difensiva".
Le forze sembrano essersene andate: in fondo col processo di pace
è stata abbandonata la dura scorza del pioniere che comunque sa
che deve rimanere saldo per farcela; è penetrata nella coscienza
pubblica la tesi dei Nuovi Storici per la quale gli arabi hanno
subito molteplici e basilari torti a partire dai primi anni dello
Stato; e Netanyahu ha inferto al Paese una botta depressiva
seguitando a ripetere che la pace è difficile e i vicini di Israle
aggressivi, troppo aggressivi. L'autocritica ha preso il
sopravvento. Diventare una società normale e pure situata in
quest'area, sembra un'impresa insopportabile.
Sul Jerusalem Post un articolo dello scrittore David Veinberg,
inventa una preghiera per il nuovo anno di cui qualche verso recita
così : "Prega dunque di tornare a casa vivo e vegeto ogni giorno,
senza divenire uno dei più di 500 morti l'anno per incidente
stradale; prega di non essere uno dei 46 mila israeliani la cui
automobile viene rubata e trasbordata nottetempo nell'Autonomia
Palestinese; prega perché diminuiscano i 20 mila casi di violenza
familiare dell'anno scorso, insieme ai 10 mila casi di altre
aggressioni, le 60 mila rapine, i 14 mila crimini di droga, i 192
delitti non terroristi, e anche le violenze carnali che hanno luogo
ogni dodici ore. Prega perché i leader la piantino con i loro
discorsi demagogici e infiammatori... Che si plachi l'odio
antireligioso e anche che i religiosi la smettano di dissacrare il
nome di Dio con le loro pretese politiche; e che Netanyahu una
buona volta mostri più onestà , più integrità nel condurre la
politica estera. Pregate perché il sistema missilistico Arrows
funzioni, dato che l'Iran va in fretta nel preparare il suo
programma nucleare... Pregate perché la proclamazione unilaterale
dello Stato palestinese non porti a tragedie e spargimenti di
sangue. Pregate per i soldati che languono nelle valli del Libano
confrontandosi con gli hezbollah... E perché si eviti una guerra
Iran- Afghanistan e pregate anche per l'Indonesia, l'Albania,
l'Algeria, il Kosovo, il Sudan... Pregate per la pace... Perché
sia messa fine alla volgarità che invade anche la nostra società ".
In realtà , il grande lutto che Israele celebra mentre mangia
miele e mele mature, è il passaggio da una società eroica e
straordinaria a una società con una psiche e dei comportamenti
postmoderni. L'Accordo di Oslo in fondo è stato l'ultimo grande
gesto della storia vetero-eroica di Israele: il cuore, nel '94,
volò oltre l'ostacolo come ai tempi della fondazione e poi..
è planato fracassandosi. Nell'anno trascorso Israele e i
palestinesi avrebbero dovuto completare l'accordo ad interim, si
sarebbero dovuti realizzare, come fissato, i tre sgomberi dalla
Giudea e dalla Samaria per il settembre '97; nell'agosto di
quest'anno tutto avrebbe dovuto essere concluso fuorché l'antica
disputa su Gerusalemme. Il sogno di un buon rapporto coi Paesi
arabi è diventato a sua volta un colabrodo, non esiste ancora la
Banca Regionale per lo Sviluppo al Cairo, la convenzione economica
di Doha è andata malissimo, il Marocco ha rifiutato i
rappresentanti diplomatici di Israele. La Siria è sempre un nemico
acerrimo, con la conseguenza che il pantano del Libano non si
prosciuga. Anche i rapporti con la Giordania hanno avuto un brutto
colpo dall'incidente di Amman di un anno fa, quando, proprio in
questi giorni, il Mossad fece fiasco e si fece pizzicare mentre
cercava di uccidere un capo di Hamas sul territorio di re Hussein.
E lo sceicco Yassin, che sembrava inoffensivo finché è rimasto in
carcere, una volta rimesso in libertà proprio da Israele è
rifiorito a nuova ferocia dando grande impulso ad Hamas. E quel che
è peggio, Netanyahu ed Arafat non si rispettano, non si fidano
l'uno dell'altro, e persino adesso che a quel che sembra l'accordo
del 13 per cento è raggiunto, nicchiano.
Israele sembra un po' in questi giorni l'America del Vietnam.
Tutti i film, tutte le canzoni, tutti i romanzi, tutti gli
intellettuali piangono la propria decadenza. Negli Usa questo
costituì un rafforzamento della democrazia, destò rispetto e
simpatia nel mondo. Certo, il Vietnam era geograficamente assai
remoto, lo spazio per la propria autodenigrazione immenso,
ventoso... Qui il posto di blocco è a duecento metri da casa.
Sarà bene dunque che l'Israele postmoderna trovi presto posto per
la sua pace, e festeggi fra un anno un migliore inizio. Fiamma
Nirenstein