IL CASO UN PARADOSSO DELLA GUERRA La donna (vittima dell'attentato al l'autobus 18) e Salameh, numero 2 di Hamas, sono vicini di stanza Dana, ustionata da una bomba:
lunedì 20 maggio 1996 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV DANA, dalla sua stanza con vista sugli uliveti della vallata
di Ein Karem, dove la Madonna giocava col Bambino, ieri si sentiva un
po' strana. Bene, certo, lassù all'ospedale Hadassa di Gerusalemme
non si era mai sentita, da quel 25 di febbraio in cui era esploso
l'autobus numero 18 su cui viaggiava. Le sue grandi ustioni a tutto
il corpo anzi, l'hanno fatta molto soffrire. Ogni giorno, però , da
quello dell'incubo, è andato un po' meglio; ora può nutrirsi da
sola, può alzarsi dal letto, le hanno promesso di uscire per il fine
settimana. E soprattutto l'ha molto aiutata l'amore della sua
famiglia, di suo padre, di sua madre, degli amici, dei medici e delle
infermiere. Ieri, però , l'andirivieni continuo della sua stanza era
accompagnato da un brusio di fondo proveniente da una camera vicina,
che si assommava a quello di un'altra stanza poco lontana, fin dal
mese di aprile. Grande andirivieni di medici addetti alle cure
intensive, specialisti, i migliori primari. Chi stanno curando di
tanto importante vicino a Dana, una dei 91 feriti dei due autobus
esplosi in una settimana a Gerusalemme, in cui sono morte assassinate
42 persone? Appunto, stanno curando l'assassino, il capo,
l'organizzatore delle due esplosioni, il mentore dei giovani con le
cinture di tritolo; l'uomo che li ha riforniti di esplosivo, che li
ha portati fin là , che ha fornito loro il supporto ideologico e
tecnico. È Hassan Salameh, il numero due di Hamas catturato venerdì
sera. È proprio lì , vicino a una delle sue vittime. Poco lontano,
giace, senza gambe e accecato, l'altro micidiale terrorista carico di
tritolo che è saltato per aria per sbaglio un mese fa in un albergo
di Gerusalemme prima di poter compiere il suo omicidio-suicidio. Dana
ha gli occhi spalancati: È così strano... Qui si prendono cura di
loro con una passione incredibile... Fanno tutto quello che
possono... A Salameh, poi, dedicano un'attenzione spasmodica i
migliori medici.... E che dovrebbero fare? Avrebbe preferito che lo
lasciassero morire?
augurare la morte a chiunque... Eppure quest'uomo ci ha fatto così
tanto male, un numero così grande di persone sono morte per causa
sua, tante famiglie sono distrutte per sempre. Insomma, forse tutta
questa cura è eccessiva. E poi, se loro avessero preso uno di noi in
situazione analoga, di certo lo avrebbero fatto a pezzi.... Ma
almeno l'hanno catturato quest'assassino, questo non le fa piacere?
Sì , ma chissà se lo sapranno punire come si merita... Troppe volte
si dimentica presto, si lascia correre per ragioni politiche. Sopra
le nostre teste si fanno tanti compromessi, anche estremi. Invece,
chi ha attraversato un'esperienza come quella che ho vissuto io,
certo la vive in modo diverso. È strano, è strano quello che io
vedo qui adesso mentre cerco di tornare alla vita. Lui è qui vicino,
e lo trattano con i guanti. In un posto piccolo come Israele e ormai
così permeato di terrorismo, non è poi strano che la vittima
giaccia accanto al suo carnefice. Peres certo si aspetta che, dalle
domande che lo Shabbach (i servizi segreti) potrà fare a Salameh una
volta rimessolo in sesto, uscirà una verità che lo aiuti ad
arrivare almeno fino alle elezioni senza altri spargimenti di sangue.
Dana, invece, ragiona con la pelle. La sua pelle bruciata
dall'esplosione. Fiamma Nirenstein