IL CASO TERRORE IN GALILEA Finita la tregua dei razzi Hezbollah torn a a bombardare
lunedì 3 aprile 1995 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME LA gente della Galilea che si è vista piovere d'un
tratto in testa una pioggia di katiusce venerdì pomeriggio è in
queste ore piena di dubbi e di angosce, e anche di rabbia. Le
montagne, verdi e piene di fiori tra i castelli crociati, conservano
in queste ore agli occhi degli abitanti soltanto il ruolo di rifugio
e pauroso nascondiglio degli hezbollah che dal Sud del Libano
costantemente tramano, assaltano, bombardano i villaggi sottostanti
le loro basi. Quando è cominciato il bombardamento erano passate
poche ore dal momento in cui i due neri elicotteri Apache avevano
infilato diritto diritto un missile nella macchina di Abbas Yassin,
detto Abu Ali, uno fra i dieci uomini più importanti del braccio
armato degli hezbollah, , responsabile di molti
attentati, programmatore di commandos suicidi, auto-bomba,
bombardamenti. Un'azione ritenuta dall'esercito e dal
governo israeliano e che quindi non avrebbe dovuto rompere l'accordo
stipulato dopo l'operazione (più o meno
e riscatto) del 1992, seguito a un altro attentato identico a quello
di venerdì contro Abbas Mussawi: dopo l'operazione gli hezbollah e
gli israeliani si impegnarono a non attaccare i civili delle due
parti. Invece poche ore dopo quest'ultimo attentato sono cominciate a
cadere non meno di 25 bombe. E la gente è arrabbiata:
aprire nemmeno i rifugi anti-bomba pubblici. La sorella della
vittima diciassettenne del bombardamento Benny Unassi ha pianto in
tv: È stato un grave errore non dire alla gente: attenzione, state
a casa. E per questo errore, mio fratello è stato ucciso mentre
faceva un bagno in mare. La sottovalutazione compiuta dall'esercito
circa il pericolo corso dalla popolazione civile ha rovinato al
governo tutto l'effetto della funambolica operazione contro Hamas. Il
grande esperto israeliano di terrorismo, il professor Ariel Merari,
capo, all'Università di Tel Aviv, dell'unità di ricerca sulla
violenza politica e autore dei testi più letti sul terrorismo
mondiale, non è tenero con la scelta dell'esercito, che è
naturalmente anche quella del primo ministro e ministro della Difesa
Yitzhak Rabin. Merari dice che ci sono tre possibili ragioni per
mandare un commando così visibile e quindi così passibile di
rappresaglie contro un personaggio come Abu Ali:
deterrenza: gli hezbollah attaccano continuamente i soldati,
organizzano attentati, compiono azioni suicide, ci creano un sacco di
problemi. È vero, bisogna pur reagire. Ma si è visto, anche dalla
vicenda di Mussawi, che eliminare uno dei capi non smorza
l'aggressività , non funziona. Anzi crea una reazione contro la
popolazione civile. È un sistema che non paga, il rapporto
costi-benefici non regge.
cerca, eliminando un personaggio, di interrompere la prepazione di
uno o più attentati. Questa ragione è un po' più funzionale. Alle
volte così facendo abbiamo prevenuto attacchi ad aeroplani,
sequestri, stragi negli aeroporti. Ma è un terno al lotto.
L'elemento "insicurezza" resta molto grande. Infine il terzo
motivo: il morale del pubblico. È importante dare alla gente un
segnale che ci stiamo battendo, che non siamo nelle mani di chi viene
a farci saltar per aria portando via con sé decine di innocenti.
Merari insiste che è proprio dovuto al fatto che Israele è una
democrazia e che il consenso è qui tanto importante a indurre questi
attentati mirati la cui utilità , però , come lui insiste, risulta
molto limitata:
minaccia terribile alla popolazione. In Israele gli incidenti
automobilistici uccidono un numero di persone molto maggiore. Non è
dunque per porre fine a una minaccia esistenziale che il governo
agisce, quanto piuttosto per affermare il principio che la forza
degli integralisti islamici non paga. La verità è che oggi, più
che mai, un invitato ancora silente è seduto già al tavolo degli
hezbollah e degli israeliani: si tratta della Siria, la vera padrona
del Libano, che protegge il terrorismo islamico ma lo finanzierà e
lo accoglierà nel Libano Sud solo finché le farà comodo. Solo
finché gli americani, come sembra si stiano accingendo a fare, non
le prometteranno, a condizione che si comporti bene, un ingresso nel
consesso dei Paesi che non hanno lo stigma del terrorismo. La Siria
li proteggerà dunque solo finché la pace con la restituzione del
Golan non sarà approntata. Fiamma Nirenstein