IL CASO. Suggestiva proposta del diplomatico Dan Vittorio Segre Isra ele, la nuova Svizzera Due Stati neutrali in Terra Santa
lunedì 30 maggio 1994 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME A problema impossibile, soluzione profetica. Gli occhi a
mandorla socchiusi, il tratto aristocratico affinato dalla lunga
pratica diplomatica affidatagli per molti anni dallo Stato di
Israele, Dan Vittorio Segre, piemontese di Gerusalemme, propone in
questi giorni la sua soluzione per il Medio Oriente: fare della zona
israelo- palestinese una zona di neutralità internazionalmente
garantita. Lo propone in un libro dal titolo Il poligono
mediorientale che esce nella collana della casa
editrice Il Mulino. È il passaggio di generazione delle
responsabilità che mi consente oggi di costruire una visione libera
e, direi, felice del futuro di Israele. All’età di 16 anni, quando
sono giunto su una nave clandestina nella Palestina del ‘39
provenendo da una famiglia che aveva vissuto tutta l’epopea
piemontese risorgimentale a fianco di Cavour, e poi dopo era stata
antisionista, nazionalista e fascista, mi trovai fra le sabbie e i
cammelli di Tel Aviv. Da allora ho abitato in un Paese sempre
obbligato a vivere sulla spada per poi scoprire che comunque non ci
si può sedere su di essa: kibbutz, scuole di agricoltura, guerre
infilate l’una sull’altra in una collana, dal 1948, un’avventurosa
carriera diplomatica fino al ‘67... Una storia di azione, sempre
tuttavia temperata dai miei impegni universitari, fino alla
sensazione oggi compiuta che quel particolare fardello sia passato su
altre spalle e che io posso sentirmi finalmente alleggerito
dall’impegno quotidiano. E così nasce questo libro che racconta il
gomitolo inestricabile del conflitto mediorientale e la proposta
che Israele e Palestina siano dichiarati neutrali. Ma l’i dea di
neutralità per Israele non è un’utopia? Lei stesso all’inizio del
libro descrive il conflitto palestinese come
intrattabile. Sì ed è anche un conflitto elusivo di ogni tipo
normale di soluzione diplomatica, militare e politica. Per questo
bisogna andare a caccia di idee che rompano gli schemi. Guai ad
accettare il pregiudizio che il vuoto lasciato dall’impero ottomano,
l’antico conflitto fra la zona del Nilo e la Mesopotamia, l’eterno
scontro fra Occidente ed Oriente, fra nazionalismo palestinese e
nazionalismo arabo siano gli immoti precedenti che fatalmente
disegnano l’incancrenimento, l’eternizzazione della vicenda
israelo-palestinese. Dunque lei vorrebbe fare di Israele una specie
di Svizze ra mediorientale. Ha un’i dea definita delle modalità
tecniche del suo progetto?
sostengo che, in mancanza di un potere imperiale o di un governo
mondiale, esista un interesse comune fra gli israeliani e i
palestinesi a cercare un’autoregolazione che tuttavia abbia un
controllo internazionale. Che significa?
della Svezia, dell’Austria, la neutralità ha contribuito a
trasformare zone di tensione permanente in aree di pace e di
stabilità . E furono due sconfitte a spingere la Svizzera e la Svezia
sulla via della neutralità . Anche Israele ha avuto varie esperienze
negative: la guerra del ‘73, l’invasione del Libano nell’82,
l’Intifada. Le armi hanno mostrato i loro limiti. Ormai palestinesi e
israeliani sanno che ciò di cui hanno bisogno per affrontare i loro
grandi problemi economici e di identità è una cosa sola: la
tranquillità . Senza quella i palestinesi non potranno sviluppare le
loro istituzioni, promuovere l’economia, soddisfare l’orgoglio
nazionale. E gli israeliani devono ancora conquistare a fondo, a loro
volta, la rinascita di una nazione dispersa, ferita quasi a morte
prima dall’olocausto, e poi dall’assimilazione. Cosa intende
esattamente per neutralità ?
neutrale ha diritto di difendere la propria neutralità ; quindi
occorre mantenere un esercito efficace, ed anche agguerrito. Poi
imporre il principio di non interferenza, che aiuterebbe gli arabi a
superare la vecchia idea che Israele sia la longa manus
dell’imperialismo occidentale. Infine, comporta il riconoscimento
internazionale. Questo giustificherebbe che le grandi potenze e la
Nato (che al momento Israele non ama) rivestano un ruolo
istituzionale predefinito. E i palestinesi?
fa nel sistema cantonale, potrebbero ottenere la sovranità a cui
aspirano e di cui ha bisogno la loro classe dirigente per
consolidarsi. Potrebbero usare i loro simboli, le bandiere, i titoli
di autorità e l’autonomia che possa proteggere i loro particolari
diritti. Una specie di libero Stato del Ticino e della Repubbli ca
di Ginevra. Non è un po’ fuori luogo in una zona cal da come il
Medio Oriente? Sì , ma ripeto che le forme politiche sono tutte da
definire. Quello che a me interessa in particolare è che con la
neutralità Israele collocherebbe la sua politica, finalmente, sulla
scia della sola idea che sta nel cuore della storia ebraica dai tempi
biblici ai giorni nostri: la neutralità è infatti un corollario del
concetto di “nazione santa e popolo di sacerdoti”. L’Israele
dell’antichità non fu mai alleata né dell’Egitto né dell’Assiria,
i grandi imperi del tempo. E nel 1949 il ministro degli Esteri
israeliano Moshé Sharett, facendo il suo discorso programmatico alle
Nazioni Unite, impegnò il governo del nuovo Stato a non allinearsi
con i due blocchi. Peccato che poi l’espressione “non allineamento”
sia stata utilizzata paradossalmente proprio dagli avversari di
Israele. Mentre lei pensa a un futu ro neutrale, Israele è rosa
dai dubbi perché Arafat ha di nuovo chiamato i palesti nesi alla
Jihad per Gerusa lemme, e gli agguati degli integralisti islamici
mieto no vittime ogni giorno. Nel frattempo i settler della Giudea
e della Samaria ap pendono un cartello di con il viso di
Ara fat e propongono una taglia a chi lo porterà vivo o mor to. Mi
sembra che siamo lontani dall’idea irenica che lei propone.
è il primo leader che abbia riconosciuto la legittimità di uno
Stato non arabo e non musulmano in terra d’Islam. Per questo è così
attaccato dai suoi. Guardi cos’ha detto Edward Said: il trattato di
Oslo è un trattato fra non eguali. Invece, secondo me, il trattato
di Oslo è un grande evento in cui sono stati finalmente seppelliti
due grandi fraintendimenti: quello degli arabi che gli ebrei
potessero essere eliminati con un genocidio nel ‘48 e successivamente
con uno statocidio. Quello degli ebrei e della grande Israele.
C’erano tre opzioni per noi: la Grande Israele, l’Israele ebraica,
l’Israele democratica. Israele se è grande ed ebraica, non può
essere democratica. Se è grande e democratica, non può essere
ebraica con due milioni di cittadini arabi. E se è ebraica e
democratica, non può essere grande. A me sembra che l’unica opzione
possibile sia finalmente questa terza. Un’Israele ebraica e
democratica. Le altre sono ormai fallite. Le nostre illusioni sono
cadute, l’unica via è quella della pace. Può essere, ma che dire
sul le illusioni degli arabi? Sem brano resistere molto tena cemente.
sovietico e dei suoi stereotipi. È tempo che israeliani e
palestinesi diano luogo al miracolo storico della reciproca
responsabilità che può emancipare tutti e due i popoli. Ora che il
movimento nazionale ebraico ha finalmente ottenuto il suo diritto di
cittadinanza è possibile ricordarci che Teodoro Herzl voleva che il
futuro Stato degli ebrei fosse libero, democratico e neutrale.
Fiamma Nirenstein