IL CASO PSICANALISI DI UN PAESE Il sasso nello stagno (a sorpresa) da l giornale progressista Haaretz: "Ingiusto demonizzarlo così , è un caso di nevro si nazionale" Il '97, anno dell'odio per Netanyahu Dibattito in Israele: perché non gli si perdona niente?
mercoledì 31 dicembre 1997 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV
IL 1997 è stato "l'anno dell'odio per Netanyahu". Così venerdì
scorso il quotidiano Haaretz, un giornale che è per Israele
specchio e banco di prova dell'elite fondatrice e di tutti i suoi
figli, ovvero il foglio più caro alla sinistra, titolava uno
sconfinato saggio scritto con la coscienza in mano da Ari Shavit.
Shavit è un giornalista e uno scrittore tutt'altro che tenero col
primo ministro d'Israele, e in queste buone quattordici colonne di
piombo non manca di tirargli delle autentiche stoccate. Ma
l'intendimento principale, peraltro perfettamente riuscito, è
stato quello di aprire una crisi di coscienza su un fenomeno senza
precedenti in tutta la storia d'Israele. Perché , come dice Shavit,
se è vero che Israele ha sempre avuto una stampa e in generale
un'opposizione molto sveglia, mai, neppure quando i primi ministri
hanno creato dei veri e propri guai a Israele come nel caso di
Golda Meir, si è attaccato qualcuno al cuore, nel carattere, nella
famiglia, nella struttura personale e sociale, come oggi si attacca
Bibi.
Che cosa ha portato, si chiede Shavit descrivendo il fenomeno, "a
quest'atmosfera di linciaggio? Perché le pagine dei commenti sono
un'infinita lista di verdetti sommari? Come mai pubblichiamo storie
che somigliano, l'una appresso all'altra, a una serie di plotoni di
esecuzione allineati e tutti col fucile puntato sullo stesso
condannato? Com'è possibile che intellettuali così per bene,
così democratici, si siano tutti gettati a corpo morto in questa
caccia alle streghe, e vi abbiano partecipato senza nessun
ritegno?". Domande che per un lettore italiano che ha vissuto le
grandi tempeste di odio ideologico dei nostri Anni 60 e 70 sono
particolarmente interessanti.
La reazione praticamente di tutti i commentatori politici di
Israele, colpiti dal fatto che un uomo del calibro di Shavit, e su
un giornale come Haaretz aprisse un capitolo, per così dire,
"politicamente scorretto", è stata esplosiva, e persino un po'
isterica. Sui giornali, alla televisione, per la strada, alla
radio, tra gli anchormen e i direttori di giornali, è stato tutto
un ripercorrere le ragioni per cui l'odio per Bibi, invece, sarebbe
un diritto politico; la sostanziale rottura del processo di pace,
la fama di bugiardo che ha distrutto la fiducia dei palestinesi in
Israele, le violazioni dello status quo, a Gerusalemme, la
costruzione del nuovo quartiere di Har Homa, le bravate fallite del
Mossad, il grande tasso d'odio che Netanyahu suscita fra i suoi, la
smania di potere, e quell'orribile moglie di cui tutte le
baby-sitter e i parrucchieri maltrattati e licenziati raccontano
storie da basso Impero, hanno fatto sì che l'analisi di Shavit sia
caduta come una meteora rovente su tutte le cene e i salotti dove
prima di cominciare la minestra era d'obbligo recitare un articolo
di fede sull'ovvia impresentabilità di Bibi.
Ma vediamo dunque gli argomenti sostanziali di Shavit: prima di
tutto lo scrittore ricorda che Rabin e Peres sono stati ampiamente
perdonati dal pubblico israeliano e dal mondo intero per
motivazioni che invece hanno valso a Bibi condanne severissime: per
esempio, l'impotenza di fronte agli attentati terroristici, oppure
il pugno di ferro col nemico e anche grandi errori come lo
spargimento di sangue dovuto agli ordini di Shimon Peres
nell'ultima guerra col Libano quando fece bombardare il rifugio
delle Nazioni Unite pieno di civili. I motivi dell'odio, dunque
sostiene Shavit, sono altri: dall'inizio degli Anni 90, fino
all'autunno del '94, noi, gli israeliani, dice Shavit, siamo stati
invasi da uno spirito messianico, ci siamo messi a danzare, dopo
essere per tanti anni stati sobri e razionalisti, la grande danza
estatica e cabalistica della pace. Ci siamo raccontati la novella
che dietro l'angolo c'era la fine del vecchio Medio Oriente, e che
Rabin era il Messia di un'era di improvvisi cambiamenti globali;
presto Israele e la Palestina sarebbero diventati la Norvegia.
Quando la storia dimostrò che lo scenario non era così semplice,
che qualcosa di terribilmente più complesso, qualcosa di legato
all'identità , alla storia e alla cultura, tornava a mostrare i
conti, quando la tragedia dell'assassinio di Rabin si mescolò con
quella delle tante vittime del terrorismo, i credenti del Nuovo
Millennio dovettero cominciare a ricredersi. Ed è qui che entra in
scena Netanyahu, il Giuda Iscariota del sogno, l'assassino del
Messia. Insomma, Shavit sostiene che odiare Netanyahu ha risposto
ai bisogni emozionali più profondi che Israele sentiva nel momento
in cui le era più difficile esaminare se stesso; perché odiare
rende sempre la vita più facile che non affrontare le proprie
difficoltà , che non confrontarsi con un brusco risveglio. Shavit
ricorda anche che fu la paralisi di Oslo a portare all'ascesa di
Netanyahu, e non il contrario. E che guardare fisso Bibi è servito
a non guardarsi intorno e a non scorgere l'insufficienza di una
politica di pura ritirata, l'impotenza di fronte al terrorismo, la
rinnovata forza dell'esercito egiziano, i missili siriani, la
guerra chimica pronta da parte irachena, le insidie iraniane...
Insomma la vecchia storia d'Israele. "Abbiamo seguitato a coltivare
l'illusione che se lui fosse sparito, allora sarebbero spariti
anche tutti i nostri problemi".
Matti Golan risponde che Neta nyahu è odiato soprattutto dai
suoi, e che quindi la tesi dell'odio fantasmatico non vale; Dan
Margalit dice che persino le cameriere di Sarah, e non solo le
elites, ce l'hanno con lui, e che sono in buona compagnia dato che
anche Clinton farebbe volentieri a meno di averci rapporti. Uzi Ben
Zimann, un altro illustre giornalista, ha sostenuto che da Bibi
emana un'aria di menzogna e che è per questo che nessuno lo può
soffrire... C'è stato anche qualcuno però , come Menahem Ben, che
in un impeto liberatorio ha scritto che i politici odiano Bibi
perché è più colto, più sincero, più bello, insomma migliore
di loro. E che anche sua moglie è migliore di tutte le mogli di
tutti i primi ministri precedenti.
Comunque sia, si è rotto un tabù che costringeva tutta l'Israele
bene a fare boccucce, e che oltre alla parte di legittima critica
conteneva anche molti elementi di scherno e di snobismo
irrazionale. Insomma, si tratta di una discussione fuori dagli
schemi, benaugurante per il 1998 d'Israele, e di cui tutto il mondo
ha sempre bisogno.
Fiamma Nirenstein