IL CASO POLITICA E PASSIONE Il peccato segreto del rabbino L’ultrà Ka hane innamorato di una cristiana
martedì 8 marzo 1994 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV VOLA funesto sulle onde della televisione e sui giornale di
Israele in queste settimane il fantasma del rabbino Meir Kahane,
ideale mandante della strage di Hebron che rischia di distruggere il
progetto di pace, morto ammazzato a New York, quattro anni fa,
fondatore del movimento Kach cui apparteneva Baruch Goldstein,
l’assassino di quaranta arabi. Vola stavolta (dopo un articolo sul
”Jerusalem Post”, il quotidiano in lingua inglese) ammantato di uno
strano amoroso paludamento, paradossale sul suo personaggio di eroe
negativo: di un episodio di passione e di morte infatti si tratta. Un
episodio che, se fosse stato conosciuto a tempo e luogo, avrebbe
forse cambiato il corso della storia. Lasciamo Tel Aviv per New York,
anno 1966. Una bellissima fanciulla di nome Gloria Jean D’Argenia
s’incammina verso il Queensboro Bridge. È la sua ultima passeggiata.
La giovane donna ha un nome d’arte, Estelle Donna Evans, come tante
ragazze di vent’anni che sognano di diventare attrici o modelle. Ma
la sua sorte è alquanto diversa: mentre cerca un futuro splendente
si imbatte in Kahane, che le dà lavoro e si innamora di lei. Anche
Estelle, che non è ebrea, è presa da passione per quel giovane
bruno dallo sguardo furente e le sopracciglia folte. Nelle foto del
tempo Kahane, rabbino figlio di polacchi, è un “macho”
trentaquattrenne, una specie di John Wayne in versione scura. È già
un capo politico estremista, paranoicamente fissato sul concetto
dell’autodifesa ebraica, pronto a fondare, due anni dopo, la Jewish
Defense League, un gruppo determinato a combattere e anche ad
attaccare i nemici degli ebrei, avvalendosi di armi e di amicizie
pericolose. Kahane frequentava infatti il gangster Joe Colombo; e
sotto mentite spoglie, col nome di Michael King, passava da un campus
universitario all’altro per sostenere la guerra nel Vietnam contro i
pacifisti. Ce l’aveva a morte fin d’allora col sionismo di sinistra
fondatore dello Stato ebraico, e con gli arabi: “La dichiarazione di
indipendenza israeliana è un documento ipocrita - usava dire -, da
un lato predica lo Stato ebraico, dall’altro afferma di voler
assicurare pieni diritti a tutti gli abitanti del Paese, arabi
inclusi. Non credo che Ben Gurion fosse disposto ad ammettere un
giorno una maggioranza araba. Se non era uno stupido dunque doveva
essere un imbroglione”. È una delle tante espressioni delle teorie
razziste del Kach, il movimento che fondò nel 1971 quando si
trasferì in Israele. Di là tutta la parabola che lo portò a
progettare di assassinare il primo ministro Menahem Begin come
punizione degli accordi di pace con l’Egitto, che nell’84 lo portò
come deputato alla Knesset, e poi successivamente, nell’86, che lo
mise fuori legge e gli impedì di presentarsi di nuovo alle elezioni.
Poi il tragico viaggio in America nel ‘90 mentre il suo movimento
diventava sempre più estremo. Kahane dunque nel ‘66 si innamora di
una cristiana, mentre grida che agli ebrei è proibito mescolarsi con
i gentili. Il leit-motiv della purezza del matrimonio fra ebrei e
dell’assoluta necessità di evitare rapporti sentimentali esterni è
un classico di tutte le teorie kahaniste: “Gli ebrei di sinistra si
mescolano di continuo con donne non ebree; e gli israeliani che ci
criticano fanno l’amore con le arabe”, è sempre stata una delle
massime critiche del Kach ai suoi nemici. Tanto il capo della fazione
ultranazionalista vuole tuttavia la sua Estelle, che per averla la
riempie di bugie: le promette di sposarla, non le rivela mai di
essere già ammogliato e con figli. Un giorno, alle strette, Kahane
manda una lettera alla ragazza rompendo il loro rapporto e
rivelandole il suo vero stato. Il 30 luglio del ‘66, con un vestitino
senza maniche, Estelle salta giù dal ponte. Salvata, la portano
d’urgenza all’ospedale di Bellevue dove però muore il giorno dopo.
La storia non finisce qui: qualche anno più tardi, nel 1971,
incuriosito dall’estremismo inedito di Meir Kahane, un giornalista
americano, Michael Kaufman, lo intervista. A quel tempo il Kach era
impegnato in ogni sorta di proteste contro le rappresentanze
diplomatiche russe. L’Urss non lasciava partire gli ebrei. I membri
della Jdl però non si limitavano a protestare; gettavano escrementi
contro le sedi diplomatiche, posavano di fronte ai fotografi con
grosse catene in mano di cui si servivano volentieri, stazionavano,
non richiesti, di guardia alle sinagoghe della Quinta Strada. Kahane
acquistava così notorietà . Parlò senza freni al giornalista e di
tutto, e spiegò così la sua strategia: “ Non abbiamo molti fondi,
non abbiamo molta influenza; abbiamo solamente una strada per farci
sentire. Compiere azioni scandalose”. Il giornalista dopo ore di
intervista se ne andò con un pacco di volantini e anche con uno
stampato che chiedeva denaro per la “Fondazione Estelle Donna Evans”.
Le spiegazioni del rabbino su quel nome, le sue pretese che si
trattasse di una scomparsa benefattrice di ebrei poveri o in
pericolo, si rivelò inconsistente alle indagini del giornalista. E
quando Kaufman lo pose di fronte ai suoi veridici risultati, Kahane
cominciò a tremare e disse: “L’ho amata tanto. Ma la prego non
riveli questa vicenda. Per me potrebbe essere la fine; per me, per la
mia famiglia, per il mio movimento”. In un articolo apparso sul “New
York Times”, ripreso dal “Jerusalem Post”, Kaufman racconta che la
sua scelta, alla fine, fu quella di accennare molto brevemente e in
forma ellittica in un articolo di ben 5 mila parole alla storia di
Estelle. Nessuno capì . “Se mi fossi espresso più coraggiosamente
forse la credibilità di Kahane fra i suoi seguaci si sarebbe spenta?
Forse un giovane come l’allora diciannovenne Baruch Goldstein si
sarebbe liberato dal fascino del rabbino? Chi sa, forse il mio
compito - dice Kaufman - era quello di distruggere la fama del
rabbino? Non lo so”. Fiamma Nirenstein