IL CASO LE DUE ANIME DELLA DESTRA Strappo sefardita nel Likud Se ne v a il Levy
lunedì 19 giugno 1995 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME NOSTRO SERVIZIO L'ultima storiella (e ce ne sono tante)
che i giornali hanno scritto su di lui riguarda il suo augurio e la
sua benedizione a un amico che l'ha invitato al suo matrimonio a
Natania: .
basterebbe la metà , gli ha risposto spaventatissimo lo sposo,
sapendo che l'onorevole David Levy, da bravo marocchino, ne ha messi
insieme, nella sua casa della periferica Beith Shean, dodici. È
questo il fondatore del nuovo partito che si è appena staccato dal
Likud, la formazione di opposizione guidata da Benjamin Netanyhau che
conduce una strenua guerra al governo di Itzhak Rabin, e specialmente
alla sua creatura più importante, il processo di pace. Ieri sera,
nella cornice volutamente popolare dell'hotel Renaissance di
Givathaim, l'uomo che è stato ex viceprimo ministro, la gran testa
dai capelli tutti bianchi, la voce roboante un po' nasale,
l'andamento patriarcale che si addice alla comunità orientale
d'Israele (orientali sono chiamati in Israele gli ebrei provenienti
dai Paesi arabi) di cui egli è il leader, si è presentato al suo
pubblico, una folla stipata e festante di 4000 persone, annunciandosi
ormai libero dai vincoli col partito d'origine, e pronto a fondare il
suo , e non un partito, come lui dice. Ha scelto le 8 di
sera, l'ora delle notizie alla tv. Qualcuno dice che avrà i voti
sufficienti per raccogliere fino a 7 seggi alle prossime elezioni;
qualcuno considera la sua mossa fatale e anacronistica, un politico
etnico nell'Israele del processo di pace. C'è chi dice che
Netanyhau ha sofferto un grave colpo lasciando andare Levy e
mostrando così di non saper tenere unito il partito; altri dicono
invece che in casa Likud si stappa lo champagne perché finalmente
quel grandissimo piantagrane di Levy si è levato di torno, dopo
tanti anni in cui la messa in scena del gridare
aveva sempre costretto i suoi capi, Begin e Shamir, a concedergli
quel che voleva: in sostanza, cioè , più spazio per se stesso (così
aveva ottenuto il posto di vice-primo ministro) e per la sua
comunità , quella degli ebrei orientali. E in particolare, quella
marocchina. David Levy è una creatura della grande promozione
politica attuata da Menachem Begin, che era però un ashkenazita,
ovvero un ebreo dell'Europa dell'Est, nei confronti della grande
componente sefardita (marocchini, libici, iracheni, ecc.):
prevedendone la pesantissima conflittualità nei confronti della
vecchia leadership, quasi tutta di sinistra, russa, polacca, tedesca,
Begin fece degli ebrei orientali poveri e oppressi culturalmente la
sua base per rafforzare una politica estera dura e forte nei
confronti degli arabi. ,
dicevano allora i sefarditi, che erano stati costretti a fuggire dai
Paesi circonvicini . Fu Begin a
fare di David Levy il suo ministro dell'Assorbimento e dell'Edilizia,
due ruoli di grande vetrina. Levy, poi, ha saputo salire la scala
della politica fino a divenire vice-primo ministro, ma è rimasto
memorabile il suo gran rifiuto del posto di ministro del Tesoro, un
ruolo sostanziale, tecnico, esecutivo che gli fu offerto nel 1983:
Levy infatti si è sempre sentito molto più portato alla piazza,
alla scena che garantisce l'immediata presa politica. Il suo sogno
vero è quello di essere primo ministro o segretario del partito, un
capo assoluto, cioè , che riscatti con la sua presenza personale la
millenaria oppressione dei suoi fratelli sefarditi, incoronandosi
, ovvero
, un ashkenazita con una forte propensione per i modi e lo
stile americano, anche ben più giovane di lui, sia oggi il leader
indiscusso del suo partito. Netanyhau, all'inizio, di fronte agli
estenuanti proclami di orgoglio sefardita di David Levy, ha cercato
la pace, gli ha mandato degli emissari, si è scusato quando gli
scontri hanno condotto i due contendenti a parole dure. Adesso, è
finita: Levy ha gridato ; e Netanyhau gli ha risposto:
pure. Si può però pensare anche che la mossa di Levy sia una mossa
molto lungimirante: se il processo di pace andrà avanti, la società
israeliana diventerà sempre più disponibile ai conflitti interni,
ad ascoltare le giuste rimostranze sociali dei suoi poveri e dei suoi
discriminati, e delle periferie urbane cui Levy si appella. Inoltre,
già si affaccia uno speciale orgoglio degli ebrei nati nei Paesi
arabi, che sentono che per loro, capaci di parlare la lingua dell'ex
nemico e buoni conoscitori dei suoi costumi, sia apre una vita nuova.
Saranno loro il ponte fra Israele e i suoi vicini. Per questo, forse,
Levy potrà raccogliere i voti degli elettori del Likud che non hanno
più voglia di fare dell'argomento pace-guerra l'unico importante per
scegliere in politica. Fiamma Nirenstein